La programmazione di Fuori Orario dal 6 al 12 luglio
Gianni Amelio televisivo, una notte con il teatro Akropolis e la lotta di Roberto Rossellini per la nostra sopravvivenza. Da stanotte.

Domenica 6 luglio dalle 1.35 alle 6.00
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto
presenta
L’INIZIO DEL GIOCO Gli anni dell’apprendistato: i film televisivi di Gianni Amelio
in collaborazione con a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema (2)
a cura di Roberto Turigliatto
Fuori Orario, in collaborazione con la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, dedica due notti a Gianni Amelio in occasione dell’evento speciale che gli viene dedicato dal Festival di Pesaro. Vengono presentati 7 film realizzati dal regista per la RAI tra il 1970 e il 1983. Così Amelio parla di quegli anni: «Tutto ciò che feci tra La fine del gioco e Colpire al cuore lo vedo come il mio apprendistato, la mia formazione universitaria o, se vuoi, il mio Centro Sperimentale, perché mentre giravo La fine del gioco pensai che dovevo fermarmi e riflettere su quale cinema volevo fare (…) Capii che si può imparare facendo, e quindi è giusto che abbia lavorato, sebbene ora possa dire che il tipo di lavoro che stavo facendo non mi avrebbe fatto intendere cosa volevo essere. Devo ammettere anche che quelli furono anni difficili, in cui assorbivo certi manierismi e sfortunatamente risentivo troppo di tutto ciò che c’era nell’aria intorno a me (…) Se devo dire quali sono i miei veri ideali, allora mi ritrovo con Leonardo in La fine del gioco, sono Vincenzo in La stella che non c’è e sono Rosetta in Il ladro di bambini.» (Gianni Amelio, da un’intervista a Antonio C. Vitti, 2009).
«Ho fatto tanti lavori per la televisione, compresi due film ai quali sono ancora legato come La fine del gioco e Il piccolo Archimede” Ma ho cominciato a sentirmi un regista molto tardi, diciamo nel 1972, quando ho girato Colpire al cuore: Lo considero il mio primo film (Gianni Amelio, da un’intervista a Sebastiano Gesù, 2007)
LA MORTE AL LAVORO
serie L’ultima scena
(Italia, 1978, b/n, 75’)
Regia: Gianni Amelio
Con: Federico Pacifici, Giovannella Grifeo, Eva Axen, Fausta Avelli
Premio della Critica Internazionale e menzione della Fipresci al Festival di Locarno, premio speciale della giuria e premio della Critica al Festival di Hyères
Appena arrivato nell’appartamento lasciato libero da un giovane attore morto suicida, Alex si trova coinvolto nell’atmosfera fantasmatica del luogo. C’è una stanza i cui armadi sono pieni di oggetti teatrali, di manifesti e fotografie di vecchi film. Una bambina lo spia e gli fa visite improvvise. Poco alla volta esclude dalla sua vita la fidanzata per instaurare un rapporto muto e ossessivo, a distanza, con una ragazza che appare dietro la finestra dell’appartamento opposto sul cortile. Lentamente l’atmosfera della casa sfuma nell’irrealtà. Il giovane indossa gli abiti del precedente inquilino e giunge all’ultimo atto…
“In un film sul cinema e sulla morte – la morte di un certo cinema e il “morire di cinema” – niente più adatto delle composizioni che Bernard Herrmann ha scritto per Hitchcock (…) Il cinema è la morte al lavoro sugli attori, ha detto un giorno Jean Cocteau. La macchina da presa registra, nel tempo anche brevissimo di un’inquadratura, l’invecchiamento di un viso, fissa un istante che non potrà più tornare, “fotografa” l’avvicinarsi della morte. È nello spirito di questa definizione che sta il vero soggetto del film” (Gianni Amelio, 1978)
“In quegli anni, che erano di acuta cinefilia, La morte al lavoro ha avuto tanti estimatori. Ma adesso è tutto ciò che io rifiuto del cinema; tutto ciò che non farei nemmeno sotto tortura. (Gianni Amelio, da un’intervista di Emanuela Martini, 1999)
“Il mio lato – non voglio usare la parola “cinefilo” perché l’ho appresa dopo, quando lo ero già, e non mi piace più – di spettatore appassionato e onnivoro è probabilmente quello che mi ha portato per un certo periodo su strade che poi si sono rivelate non mie. Ci sono alcune esperienze di lavoro che ho fatto come regista e che oggi mi fanno pena, mi stringono il cuore: perché ho dovuto fare qualcosa come La morte al lavoro, perché ho dovuto fare Effetti speciali?” Gianni Amelio, intervista di Goffredo Fofi, 1994)
“Questo film è una riflessione radicale sul cinema come effetto di magia e di suggestione, cioè su quel cinema classico di cui sono stati maestri Lang, Hitchcock e Cocteau: ma nonostante le abbondanti ed esibite citazioni (fra cui la musica di Bernard Herrmann), non si tratta della sterile esercitazione di un cinéphile, come si potrebbe temere a prima vista, perché Amelio riesce realmente a coinvolgere lo spettatore nel suo labirinto audiovisivo, che proprio perché si specchia nel cinema classico diventa un labirinto, per così dire, alla seconda potenza, davvero inestricabile. Il paradosso è poi che questo omaggio al cinema classico non è un film ma un telefilm realizzato con mezzi elettronici e trasferito su pellicola, con notevoli risultati tecnici (…)” (Adriano Aprà, “L’Avanti!”, 17 agosto 1978)
EFFETTI SPECIALI
serie L’ultima scena
(Italia, 1979, col., 65’)
Regia: Gianni Amelio
Con: José Quaglio, Aldo Reggiani, Olga Karlatos, Jacques Herlin, Angela Goodwin, Pamela Villoresi
Luca, un giovane cinefilo, arriva in piena notte nella villa sul lago dove abita Boris Delvaux, celebre regista di film dell’orrore ma da tempo dimenticato che lo ha invitato insieme a Laura, la sua moglie attrice. Luca intende proporre al regista una sua sceneggiatura, ma scopre che Laura non è mai arrivata. Catturato dall’ambiente suggestivo e dall’intrigante personalità del suo anfitrione finisce per farsi coinvolgere in un gioco sempre più pericoloso, e dall’esito fatale, una messa in scena architettata dallo stesso regista come ultimo atto per insegnare al giovane che cosa è veramente la paura.
“Ritorna qui, come nel primo capitolo di questa serie (La morte al lavoro), il cinema come mito al tramonto che tenta una sua estrema sopravvivenza. Questa volta è di scena un uomo che fa del cinema, che vive di immagini, che ha costruito tutta la sua esistenza sul sogno fin o a crederlo realtà. La tecnica dell’emozione, della paura, che nella sala buia trasmetteva brividi “reali” agli spettatori, è diventata ora la sua stessa prigione, l’incubo quotidiano, l’ossessione di cui non si può più fare a meno. Il vecchio mago del brivido ha giocato con le ombre e con la morte. Ora queste ombre sono penetrate dentro di lui. È davvero la sua ultima scena” (Gianni Amelio, 1978)
“Voleva assomigliare ai racconti della Hammer, allo schema di quei film in cui il medico, la persona normale, arriva al castello di Dracula che è l’incubo. Qui, invece di Dracula, c’è un regista di film su Dracula che è diventato un mito per i suoi fans e c’è il cinefilo che viene a proporre un copione al maestro. Le regole del “gioco”, del “giallo”, dal finale a sorpresa al ribaltamento della situazione, sono rispettate. Con un uso migliore dei tempi. È meno sbilanciato di La morte al lavoro, e anche meno ambizioso. Ho fatto con le telecamere quello che si fa con la cinepresa. Per di più, tutto è stato girato in teatro di posa come non mi era mai accaduto, con tutto quello che il teatro di posa significa: la finzione, le scenografie finte, un certo tipo di fotografia. Mi sembrava non di fare televisione in Italia negli anni ’70, ma cinema in uno studiaccio della RKO di un tempo, un cinema di studio ma cinema” (Gianni Amelio, da un’intervista a Gianni Volpi, 1995)
BERTOLUCCI SECONDO IL CINEMA
Serie Programmi sperimentali per la TV
(Italia, 1976, col., 64′)
Regia: Gianni Amelio
Con: Bernardo Bertolucci, Sterling Hayden, Dominique Sanda, Robert De Niro e altri attori e tecnici del film Novecento di Bernardo Bertolucci
“Appunti” sulle riprese di Novecento. Fra prove filmate, il racconto di un’intera giornata di lavoro che da filo conduttore, osservazioni dietro le quinte, momenti di inattività, affiorano momenti più intimi, come l’autoritratto di Sterling Hayden lungo il fiume e brani di conversazione sul cinema con Bertolucci.
“Sul set tutto ho fatto tranne quelle che dovrebbe essere lo scopo di uno “special”, cioè informare, essere al servizio di un film. Bertolucci secondo il cinema è invece l’invidia tradotta in 16 mm. L’invidia del 35 mm, l’invidia del set di Bernardo. Ero l’affamato che guarda un pranzo luculliano attraverso una vetrata. Allora che feci? Cercai di “sfidare” Bertolucci in un’impresa insensata: quella di riprendere da angolazioni differenti ciò che lui metteva di volta in volta in scena. La definizione più azzeccata è quella che ne ha dato Farassino: un film di rapina (…) Insomma, un’opportunità rara – un film miliardario la cui lavorazione durava un anno intero – che ho sfruttato per “rubare” da Bertolucci quanto mi sentivo di rubare… (Gianni Amelio, da un’intervista a Gianni Volpi, 1995)
“Bertolucci secondo il cinema è uno splendido film di rapina. Amelio, appassionato cinéphile, trova davanti a sè personaggi mitici come Burt Lancaster e Sterling Hayden, o nuove star come Bob De Niro e Dominique Sanda, attori che chissà quante volte ha desiderato per un film suo. E allora li ruba all’amico Bernardo, gira le stesse scene di Novecento, ne utilizza le luci, le comparse, le scenografie. Fa, con pochi soldi e a 16 mm., il suo colossal, film nostalgico del passato ma ancora più del futuro, perché il cinema sta cambiando e lui, Gianni Amelio, questo tipo di film non potrà e non dovrà più farli” (Alberto Farassino, “Spettacoli e Società”, n. 15, 10 dicembre 1975)
Venerdì 11 luglio dalle 0.55 alle 6.00
LA PARTE MALEDETTA. UNA NOTTE CON TEATRO AKROPOLIS
(prequel a La lotta di Roberto Rossellini per la nostra sopravvivenza)
a cura di Fulvio Baglivi
“La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro è un ciclo di film-documentari dedicati a protagonisti dell’arte e della cultura che nel loro lavoro hanno messo in crisi il sistema delle distinzioni specialistiche delle varie discipline: le arti per la scena, la filosofia, l’idea stessa di performatività si rivelano così per quello che sono, una serie di rappresentazioni che interrogano senza compromessi il presente.”
Con queste poche righe la compagnia con sede a Genova, Teatro Akropolis, presenta un progetto unico nel panorama italiano, non solo perché affronta un pensiero e una visione, dell’arte come della vita, tenuto ai margini in Italia, ma per l’intento “didattico”, di ricerca e diffusione, che è dietro questi cinque film. In questi anni Akropolis ha organizzato convegni e momenti di incontro e dibattito, di cui uno dedicato a Giorgio Colli, altro “faro” dell’ensemble genovese, così come sul web la sezione Eliopolis del loro sito, raccoglie una serie di riflessioni, con l’intento di ritrovare, approfondire e rilanciare alcune figure, opere e gesti in rivolta permanente verso lo status quo, la mercificazione e banalizzazione dell’essere umano e della sua creatività.
LA PARTE MALEDETTA – CARLO SINI primavisioneTV
(Italia, 2021, col.,dur. 41’)
Regia: Clemente Tafuri, David Beronio
Con: Carlo Sini, Florinda Cambria
L’incontro con uno dei filosofi più importanti del nostro tempo ci invita a ripensare il rapporto della filosofia con la scrittura, l’agire politico e le arti. Un viaggio che ci conduce ad un confronto radicale con le diverse forme di conoscenza, e la possibilità che da esse si possa attingere ad una sapienza perduta.
Carlo Sini è filosofo. È stato ordinario di Filosofia teoretica alla statale di Milano. Per molti anni ha fatto parte del direttivo nazionale della Società Filosofica Italiana, dell’Institut International de Philosophie di Parigi e dell’Archivio Husserl di Lovanio. È socio nazionale dell’Accademia dei Lincei. La sua bibliografia comprende più di quaranta volumi. [da teatroakropolis.com]
LA PARTE MALEDETTA – PAOLA BIANCHI primavisioneTV
(Italia, 2020, col.,dur. 46’)
Regia: Clemente Tafuri, David Beronio
Con: Paola Bianchi, Ivan Fantini
Ripercorrendo alcuni lavori per la scena e le numerose collaborazioni di Paola Bianchi con musicisti, registi, teatri e festival, il film si addentra nel cuore della creazione coreografica. Paola Bianchi ci guida nel racconto di un’interiorità animale capace di sovvertire l’ordine e mettere in crisi le regole del teatro, approdando alle sperimentazioni più estreme della performatività.
Paola Bianchi è coreografa e danzatrice. Esordisce alla fine degli anni Ottanta sulla scena indipendente di Torino. In oltre trent’anni ha scritto, diretto e interpretato più di cinquanta spettacoli. La dimensione politica del corpo, la distopia del gesto, la trasmissione della danza attraverso la parola descrittiva sono i principali temi della sua ricerca. [da teatroakropolis.com]
LA PARTE MALEDETTA – UNA CONVERSAZIONE CON CLEMENTE TAFURI
(Italia, 2025, col.,dur. 25’)
A cura di: Fulvio Baglivi
Con: Clemente Tafuri
Clemente Tafuri, regista dei 5 film presentati nella notte di Fuori Orario e tra i fondatori di Akropolis, racconta il progetto La parte maledetta, non ancora concluso, e come sia centrale nell’attività della compagnia, che abita i confini del teatro per superarli.
LA PARTE MALEDETTA – MASSIMILIANO CIVICA primavisioneTV
(Italia, 2020, col., dur. 19’)
Regia: Clemente Tafuri, David Beronio
Testo: Massimiliano Civica
Voce: Bobo Rondelli
Bobo Rondelli legge uno scritto sull’arte e il teatro del regista Massimiliano Civica. L’opera è qualcosa di concluso e per questo la sua efficacia è andata perduta? Il processo di creazione è un’esperienza veritativa? Il teatro è solo finzione? Nel film, interamente girato al Museo di Storia Naturale di Genova, la tassidermia è metafora del rapporto tra quanto può essere vissuto e quanto invece, proprio nel suo farsi, si perde.
Massimiliano Civica è regista teatrale. Esordisce alla regia nel 2004 con Andromaca di Euripide. Vincitore di tre premi Ubu per la miglior regia, insegna Tecniche della recitazione e Regia teatrale all’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico” ed è direttore artistico del Teatro Metastasio di Prato. I suoi lavori per la scena nascono da una visione del teatro come gioco e rito. [da teatroakropolis.com]
LA PARTE MALEDETTA – GIANNI STAROPOLI primavisioneTV
(Italia, 2022, col.,dur. 26’)
Regia: Clemente Tafuri, David Beronio
Con: Gianni Staropoli
La luce è la protagonista del film. Quella luce che, tra realtà e artificio teatrale, rende visibili le cose più nascoste e inevitabilmente le distrugge, le getta nel gioco dell’esperienza e alla fine le dissolve. È questo paradosso che ispira il lavoro e la ricerca di Gianni Staropoli, tra i più innovativi light designer del panorama teatrale italiano.
Gianni Staropoli collabora con alcuni tra i più importanti registi, coreografi, performer e autori della scena nazionale e internazionale. Vincitore di due premi Ubu, tiene seminari e laboratori presso diversi centri di formazione e ricerca teatrale fra cui l’Accademia d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”. [da teatroakropolis.com]
LA PARTE MALEDETTA – CARMELO BENE primavisioneTV
(Italia, 2024, col.,dur. 53’)
Regia: Clemente Tafuri
Con: Valentina Beotti, Margherita Fabbri, Daniela Paola Rossi
Tra le figure più controverse del Novecento teatrale, Carmelo Bene racconta i fondamenti della sua arte e il conflitto irrisolvibile col sistema del teatro e della cultura. La sua parte maledetta riguarda il paradosso della creazione nel teatro come nel cinema, nella musica e nella poesia, ovvero l’inevitabile incompiutezza dell’opera rispetto a quanto si può intuire e vivere oltre la letteratura, il linguaggio e la rappresentazione. Il film, attraverso le sole parole di Carmelo Bene, si addentra nel paradosso dell’irrappresentabilità, evocando i grandi temi della filosofia (ispirati da Schopenhauer, Nietzsche e Giorgio Colli tra gli altri) illuminanti per il mondo del teatro e dell’arte più in generale. [da teatroakropolis.com]
MODI DI VIVERE – GIORGIO COLLI: UNA CONOSCENZA PER CAMBIARE LA VITA
(Italia, 1980, col., dur. 66′)
Regia: Marco Colli
Andata in onda nel 1980, un anno dopo la morte del grande filosofo Giorgio Colli, con la regia del figlio Marco, la puntata della trasmissione Modi di vivere è un ritratto sfaccettato con interventi dei familiari e degli amici di una vita (tra i quali Mazzino Montinari, Nino Cappelletti, Clara Valenziano), gli editori Einaudi, Boringhieri, Foà. Carmelo Bene, in omaggio al pensiero e all’opera del filosofo con cui condivideva amori e visioni, legge brani dalle opere di Colli e da Così parlò Zarathustra di Nietzsche.
Sabato 12 luglio dalle 1.50 alle 6.30
LA LOTTA DI ROBERTO ROSSELLINI PER LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA / 1
a cura di Fulvio Baglivi
Esattamente sessanta anni fa, il 13 luglio del 1965, Roberto Rossellini presentava a Roma, presso la Sala della Stampa Estera, un manifesto, che si proponeva di “elaborare degli spettacoli, dei programmi che possano aiutare l’uomo a scorgere gli orizzonti reali del suo mondo”. Il manifesto, pubblicato dai Cahiers di Cinéma nell’ottobre dello stesso anno, viene subito firmato da Gianni Amico, Adriano Aprà, Gian Vittorio Baldi, Bernardo Bertolucci, Tinto Brass e Vittorio Cottafavi, in seguito anche dai fratelli Taviani e altri cineasti che daranno vita a una serie di opere con l’intento “didattico” oltre che artistico, che ha trovato nella Rai degli anni ’60-’70 il maggior contributo produttivo.
In questa estate funestata dalle guerre, dai cambiamenti climatici, politici e morali Fuori Orario ripropone le opere di Rossellini girate per la televisione italiana ma anche quelle di altri cineasti, da Amico a Cottafavi fino a Noi credevamo di Martone, influenzate dal rigore scientifico e dal pensiero rosselliniano.
CARTESIUS
(Italia/Francia, col., 1974, dur. Totale 154’49”)
Regia: Roberto Rossellini
Interpreti: Ugo Cordea, Anne Pouchie, Claude Berthy, Renato Montalbano
Altro capitolo dell’enciclopedia filmata di Rossellini. Nel 1614, René Descartes termina i suoi studi di matematica e su quei modelli getta le basi di un metodo speculativo – sia filosofico che scientifico – in grado di giustificare razionalmente la presenza dell’uomo nel mondo, attraverso la dimostrazione “ontologica” dell’esistenza di Dio. Rossellini fa propria la ricerca cartesiana di un metodo per l’acquisizione del sapere e la applica per mezzo della televisione. Nasce la scienza moderna e Rossellini si confronta con il concetto di modernità, mentre attorno già aleggia il fantasma del post-moderno.
GRAMSCI L’HO VISTO COSI’
(Italia, 1988, colore, 59′)
Di: Gianni Amico
Antonio Gramsci raccontato come uomo, politico, intellettuale attraverso il montaggio di interventi di amici, compagni di lotta, studiosi italiani e stranieri. Un film “didattico” nell’accezione rosselliniana, ideato da Gianni Amico e Giorgio Baratta, che torna nei luoghi di Gramsci, dalla Sardegna al carcere di Trani, ma arriva fino a Mosca e New York; che va dai vicini di casa fino a Cornel West, filosofo afroamericano membro della Rainbow Coalition, Rossana Rossanda, attivisti cileni e palestinesi seguendo le tante tracce lasciate dall’intellettuale comunista.
LA LOTTA DELL’UOMO PER LA SUA SOPRAVVIVENZA
(Italia 1970, col., dur. 58′)
1° PUNTATA – PRIMA DELLA STORIA, L’UOMO
La lotta dell’uomo per la sua sopravvivenza è uno dei film TV (in dodici puntate) che Roberto Rossellini ha realizzato per la RAI, quando vide nella televisione un valido mezzo per esplorare gli aspetti sociali, civili e politici della nostra storia e cultura. Realizzato in realtà dal figlio di Rossellini, Renzo, sotto la supervisione del padre, che ne aveva scritto la sceneggiatura, è lo stesso Roberto Rossellini a presentare brevemente ciascun episodio, riassumendone i tratti fondamentali.