La programmazione di Fuori Orario dal 9 al 15 febbraio

Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone con Hugo Cabret di Scorsese e serate dedicate a Yasujirō Ozu e Bruno Dumont. Da stanotte.


MASTERCLASS di REGIA con MIMMO CALOPRESTI, dal 25 marzo online

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Corso trimestrale REGIA CINEMATOGRAFICA, dal 18 marzo

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Corso Trimestrale di Montaggio in presenza, da 19 marzo


Domenica 9 febbraio dalle 2.30 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IL SILENZIO È D’ORO. L’avventurosa storia delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (3)

a cura di Paolo Luciani 

Le notti del 2/8/9/16 febbraio 2025 sono dedicate da fuori orario alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Non si tratta solo del dovuto tributo a quella che, ormai da tanti anni, è riconosciuta   come la manifestazione più importante al mondo dedicata al cinema muto. Rappresenta, infatti, anche l’occasione per raccontare la storia meravigliosa di un gruppo di amici da sempre vicini alla nostra trasmissione, anche prima che fuori orario andasse in onda! Lo faremo grazie ai materiali, tanti e spesso rari, individuati e messi a disposizione dalla Cineteca del Friuli di Gemona, da Cinemazero di Pordenone (le anime di questa avventura fin dal 1982) e dal Centro Rai di Trieste, che ha sempre dato ampio spazio a questo appuntamento.

Sono più di quaranta anni che le Giornate lavorano alla riscoperta, salvaguardia, diffusione del cinema muto; diventando un punto di riferimento non solo di storici ed esperti, ma di appassionati, curiosi, studenti; senza dimenticare il rapporto ormai indissolubile costruito con la città di Pordenone.

Nelle prime tre notti saranno trasmessi anche tre film – GOOD MORNING BABILONIA, CHAPLIN, HUGO CABRET – tutti titoli che hanno affrontato un particolare momento della storia del cinema, raccontando le vicende di uomini comuni come quelle di personalità straordinarie che hanno fatto parte di quel mondo e di un’intera epoca storica in tutta la sua complessità.

Nel corso delle notti saremo accompagnati da una lunga intervista che ci ha concesso Jay Weissberg, dal 2016 Direttore delle Giornate, incentrata non solo sul suo personale rapporto con le Giornate, ma anche sulle prospettive di crescita della manifestazione.

 

LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO

PORDENONE SILENT FILM FESTIVAL

Si può entrare nel gotha dei maggiori festival internazionali anche senza tappeto rosso e una copiosa presenza di star. Lo dimostrano Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone (conosciute all’estero come Pordenone Silent Film Festival), che Variety ha inserito nella lista dei 50 festival imperdibili al mondo Nate nel 1982 dalla collaborazione tra la Cineteca del Friuli di Gemona e Cinemazero di Pordenone, organizzate con un budget minimo e alla presenza di pochi esperti,  oggi un migliaio fra studiosi, archivisti, collezionisti, giornalisti, studenti, appassionati e semplici curiosi confluiscono in Friuli ogni anno, a ottobre, per una maratona cinematografica e culturale di una settimana .
Accanto alle proiezioni con accompagnamento musicale dal vivo – eseguito da un pianista, da un ensemble o da un’orchestra – e agli ospiti di prestigio, sono motivo di interesse e curiosità per il pubblico eventi collaterali come i seminari quotidiani del Collegium, le Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto, le presentazioni di novità editoriali e gli stand di FilmFair, con libri, video, rarità e cimeli da collezione.

Nella notte:

ALFABETO MUTO

(Italia 1992 b/n e colore, 60′)

di Aldo Maria Decaro e Bruno Mercuri; consulenza storica Loreno Codelli

Le Giornate arrivano alla decima edizione, on un successo sempre crescente. L’edizione del 1992 rimane gi nella storia con la sua imponente retrospettiva dedicata a Cecil De Mille. Sono presentati non solo i suoi grandi film in costume come THE KING OF THE KINGS, ma anche commedie western, melodrammi. L’apertura vede la proiezione, quasi un paradosso, di un classico operistico come CARMEN, interpretato da una grande diva del melodramma come Geraldine Farrar, in un contesto di un festival sul cinema muto. De Milleviene anche ricordato e raccontato dalla sua nipote Cecilia Presley de Mille

HUGO CABRET

(Regno Unito, Usa, Francia, 2011  b/n, colore, 122′)

Regia: Martin Scorsese

Con: Asa Butterfield , Chloe Grace Moretz, Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen Jude Law, Christopher Lee

L’adolescente Hugo Cabret vive di nascosto nella stazione ferroviaria di Parigi Montparnasse. Oltre a dedicarsi al funzionamento dei tanti orologi sparsi in stazione, tenta di far funzionare di nuovo un uomo meccanico che è tutto quello che gli rimane del padre scomparso La sua vicenda clandestina si incrocia on quella di uno scontroso giocattolaio che ha un chiosco proprio in stazione. Questo risponde al nome di Geoges Melies uno dei padri del cinema, ormai dimenticato dai suoi contemporanei. Con l’aiuto di una coetanea, Hugo ripara l’automa e riporta al cinema Melies e i suoi film.

Girato in 3D per rispondere meglio alle fantasticherie di Melies, il film di Sorsese è un vero e proprio viaggio fantastico ricco di  innumerevoli citazioni cinematografiche. Curiosamente si dividerà con il film THE ARTIST una edizione degli Oscar che sembra non poter fare a meno delle origini del cinema.

 

Venerdì 14 febbraio dalle 1.40 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

TRASPARENZA DELLA MUTAZIONE

a cura di Lorenzo Esposito

INIZIO DI PRIMAVERA       VERSIONE RESTAURATA

(Sōshun, Giappone, 1956, b/n, dur., 139’)

Regia: Yasujirō Ozu

Con: Chikage Awashima, Ryō Ikebe, Keiko Kishi, Yumeji Tsukioka, Teiji Takahashi, Chishū Ryū, So Yamamura, Haruko Sugimura, Kumeko Urabe, Kuniko Miyake, Daisuke Katō, Kōji Mitsui, Eijirô Tôno, Haruo Tanaka, Chieko Nakakita

Uno degli ultimi film in bianco e nero di Ozu. “Con questo film che ritrae la vita degli impiegati ho ripreso dopo tanto tempo a fare un film di genere. […] Ho ritratto la vita degli impiegati attraverso le differenze generazionali e ho cercato di far emergere le loro amarezze. […] Ho però evitato per quanto possibile le scene drammatiche e ho voluto accumulare scene ordinarie per far sì che dopo averlo visto gli spettatori arrivassero a percepire la tristezza di quel tipo di vita”. (Y. Ozu, Scritti sul cinema, a c. di F. Picollo e H Yagi, Donzelli 2016).

L’impiegato Shoji Sugiyama (Ryō Ikebe) si sveglia e svolge la sua routine mattutina, accompagnato dalla moglie Masako (Chikage Awashima), prima di recarsi al lavoro nell’ufficio di Tokyo di un’azienda produttrice di mattoni. Durante un’escursione con gli amici dell’ufficio, Shoji trascorre del tempo da solo con una collega. Tra i i due comincia una relazione. Masako sospetta che ci sia qualcosa che non va, ma è riluttante ad affrontare il marito. Dopo che Shoji non celebra l’anniversario della morte del figlio, lui e Masako si allontanano progressivamente. Masako, convinta che i suoi sospetti siano fondati, chiede a Shoji di dirle la verità, ma Shoji continua a mentire e la mattina dopo Masako lascia la casa coniugale per andare a stare dalla madre. Shoji si trasferisce nell’ufficio della sua azienda nella città di provincia di Mitsuishi. Masako alla fine si reca a Mitsuishi e la coppia si riunisce. Promettono di dimenticare i problemi del passato e di lottare per la felicità coniugale.

BUON GIORNO                VERSIONE RESTAURATA

(Ohayō, Giappone, 1959, b/n, dur. 90’, v.o. sott., it.)

Regia: Yasujirō Ozu

Con: Saburi Shin, Kogure Michiyo, Tsuruta Kōji, Chishū Ryū, Awashima Chikage, Tsushima Keiko

Ozu prende spunto dal suo film del 1931 Sono nato ma… per farne ancora una sublime elegia, dove “cerca di affrontare questioni davvero importanti non tanto agevolmente”.

Il film viene girato in una zona periferica di Tokyo. Due bambini sono attratti dalla casa di un vicino perché ha un televisore, dove possono vedere i loro incontri di sumo preferiti. Tuttavia, i loro genitori vietano loro di visitare i vicini perché si pensa che la moglie sia una cantante di cabaret. Per questo motivo, i due ragazzi, Minoru e Isamu, fanno pressione sulla madre affinché compri loro un televisore, ma la madre si rifiuta. Quando il padre lo viene a sapere, chiede ai ragazzi di fare silenzio quando fanno i capricci. Minoru si arrabbia e afferma che gli adulti sono sempre impegnati in inutili convenevoli come il “buongiorno” e si rifiutano di dire esattamente ciò che intendono. Tornati nella loro stanza, Minoru e Isamu decidono di fare uno sciopero del silenzio contro tutti gli adulti.

 

Sabato 15 febbraio dalle 20.30 alle 7.00

in collaborazione con la Direzione Cinema e Serie tv 

presenta

LA FRANCIA CONTRO I ROBOT. OMAGGIO A BRUNO DUMONT

PARTENZA DALLE ORE 20.30 ALLE ORE 23.30: 

FRANCE                               PRIMA VISIONE TV

(Francia\Germania, 2021 – col., 128′, versione italiana)

Regia: Bruno Dumont

Con: Léa Seydoux, Blanche Gardin, Benjamin Biolay

A Parigi, France de Meurs è quella che si definirebbe una “giornalista star”, divisa tra professione, immagine e vita familiare. Il suo frenetico mondo viene improvvisamente sconvolto dopo un incidente stradale in cui ferisce un pedone. L’inaspettato evento la riporterà con i piedi per terra, mettendo in discussione la sua realtà e facendo crollare il suo piccolo circo mediatico… Presentato al Festival di Cannes del 2021.

«Il sistema mediatico non è fatto per integrare il reale, è un sistema chiuso su stesso dove la complessità del reale è scomparsa. È interessante vedere come gli individui si comportano all’interno di questo sistema. I presentatori televisivi sono come robots umani, sono schizofrenici. Il film può apparire all’inizio come una satira, ma non è una semplice presa di posizione “contro” o una denuncia, non è un film contro i media, avevo voglia di mostrare che anche in un personaggio come quello di Léa Seydoux, che si presenta nel suo lato negativo e oscuro, può esserci la luce. Si può dire che il personaggio di Léa Seydoux incarni la Francia, personifica qualcosa di sofisticato, di triviale, di umano, di tragico, di bello – in una parola quello che siamo” « Bruno Dumont, da un’intervista dei “Cahiers du Cinéma” luglio-agosto 2021))

A SEGUIRE FUORI ORARIO PARTENZA DALLE ORE 23.30 ALLE ORE 7.00 :

COINCOIN ET LES Z’INHUMAINS

(Id, Francia, 2018, col., durata 211’, v.o. sott., it.)

Regia: Bruno Dumont

Con: Alane Delhaye, Bernard Pruvost, Lucy Caron, Philippe Jore, Philippe Peuvion, Cindy Louguet

Dumont prolunga le avventure di Quinquin in quella che lui stesso ha definito “seconda stagione” di P’tit Quinquin (già trasmesso da Fuori Orario) inoltrandosi nei territori più estremi della commedia e del burlesque e accentuandone il non sense e l’assurdo, che in Dumont non sono mai disgiunti dal tragico,

Quinquin è ormai adulto e si fa chiamare Coincoin. Frequenta la Côte D’Opale e partecipa alle riunioni del Partito Nazionalista con il suo amico d’infanzia Fatso. Il suo vecchio amore, Eve, lo ha abbandonato per Corinne. Quando viene rinvenuto uno strano magma vischioso e ributtante nei pressi della città, gli abitanti iniziano improvvisamente a comportarsi in modo molto strano. I nostri due eroi della Gendarmeria Nazionale, il capitano Van Der Weyden e il suo fedele assistente Carpentier, indagano su questi avvenimenti apparentemente inspiegabili. L’invasione “inumana” degli extraterrestri è iniziata.

«Il comico è per me una scoperta piuttosto recente. Penso che, se si lavora sul drammatico e lo si approfondisce, alle radici del drammatico c’è il comico. Il comico è il drammatico che cade, ma rimanendo comunque drammatico. Richiede di prendere un rischio: si parla di suspence, e perché si abbia la sospensione (come si vede con Laurel e Hardy in Liberty) è necessaria una meccanica – una meccanica che ci disegna così come siamo. Penso che il comico sia molto filosofico: dice cose molto profonde in modo molto facile. Non credo che si debba essere complicati o difficili; non amo il cinema oscuro, penso che si debba capire, e il comico è un buon modo d’esplorare le cose” (dal catalogo del Festival di Locarno, 2018)

BELLARIA FILM FESTIVAL – LEZIONE DI CINEMA DI BRUNO DUMONT

Prima parte, durata: 40′ circa , francese con traduzione consecutiva dell’interprete

Nel corso del Bellaria Film Festival del 2024, dove l’ultimo film di Dumont, L’Empire,  è stato presentato in anteprima italiana, il regista  ha tenuto un incontro col pubblico moderato da Daniela Persico in cui ha parlato della sua concezione del cinema e dei suoi metodi di lavoro. Dumont si sofferma sul rapporto tra comico e tragico nei suoi film, sul lavoro con gli attori professionisti e non professionisti, sulla messa in scena come rischio permanente e paradossale. Infine il cinema appare in Dumont come strumento non naturalistico per indagare il rapporto tra fisica e metafisica. Il tema del sacro e della verità si è imposto fin dal suo primo film, La vie de Jésus. 

JEANNETTE   

(Jeannette: L’enfance de Jeanne d’Arc, Francia, 2017, col., dur., 107’, v.o. sott., it.)

Regia: Bruno Dumont

Con: Lise Leplat Prudhomme, Jeanne Voisin, Lucile Gauthier, Victoria Lefevbre

Dumont racconta l’inquieta infanzia di Giovanna d’Arco ispirandosi al libro di Charles Péguy, Mystère de la charité de Jeanne d’Arc (1910), ma aggiornandolo al presente, creando un musical pop-rock-metal, con le composizioni di Igorr e le coreografie di Philippe Decouflé. Il regista francese affronta una delle figure principali della mitologia francese, nonché un mito cinematografico amato da molti autori: da Méliès e DeMille, da Dreyer e Rossellini, passando per Bresson, fino a Rivette, ma Dumont si sofferma sulla fase iniziale della sua vocazione. In una natura immutabile e bucolica siamo chiamati ad immaginare l’anno 1425 con Jeannette che è ancora una semplice pastorella. Già all’età di 8 anni sente sulle sue fragili spalle il peso della dominazione degli inglesi in terra di Francia: siamo nel pieno della Guerra dei cent’anni. E osa rivolgere la parola direttamente a Dio per chiedergli di dare ai suoi connazionali il coraggio della resistenza e un condottiero capace di liberarli. Ma quel condottiero sarà proprio lei, per investitura dell’arcangelo Michele e delle sante Margherita d’Antiochia e Caterina d’Alessandria.

 «I miti, per definizione sono atemporali, contengono qualcosa di permanente. Giovanna d’Arco è un mito e come tale andava rivitalizzato. Il mio modo di renderlo contemporaneo è stato il musical, trovo che la musica elettronica sia un equivalente dell’estasi spirituale. Non volevo fare un film intellettuale, didattico, ma volendo parlare della grazia e della conversione, la musica poteva aiutarmi. Giovanna è una donna illuminata e così volevo mostrarla. (…) Il film parla di come si diventa Giovanna d’Arco. C’è una bambina normale ma non del tutto, qui il profano si mescola al sacro perché il sacro nasce dal profano. Filmi qualcosa di ordinario e improvvisamente diventa straordinario. È la storia del cinema, specie di quello italiano, di Pasolini o Rossellini, che filmavano la vita di tutti i giorni e mostravano come fosse intrisa del sacro». (Bruno Dumont) 

BELLARIA FILM FESTIVAL – LEZIONE DI CINEMA DI BRUNO DUMONT

Seconda parte,  prima visione tv, durata: 40’ circa, francese con traduzione consecutiva dell’interprete.

 


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