La programmazione di Fuori Orario dall’8 al 14 dicembre
Due film sulle controversie presidenziali americane, il presentimento delle generazioni con Hou Hsiao-hsien e Jia Zhangke; poi Cottafavi, Antonioni e Santini in dialogo con Cesare Pavese
Domenica 8 dicembre dalle 2.40 alle 6.00
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto
presenta
CHE VE NE SEMBRA DELL’AMERICA?
Furio Colombo racconta gli Stati Uniti
Due film “presidenziali” piuttosto diversi tra loro insieme ad una scelta ragionata dei programmi dedicati agli Stati Uniti realizzati da uno dei giornalisti italiani che meglio conosce la storia e la multiforme realtà di quel paese, Furio Colombo, non solo per la sua attività di corrispondente Rai, ma anche per avervi vissuto ed insegnato per decenni. Un testimone di eccezione di tanti avvenimenti storici (uno su tutti la vicenda umana e la tragica morte di Martin Luter King), che con le contraddizioni americane ingaggia un vero e proprio corpo a corpo, fatto di amore e disincanto mai riconciliato.
a cura di Paolo Luciani
DENTRO L’AMERICA (1966) e I FIGLI DI COLOMBO (1992)
(Italia, 1966/1992, bianco e nero e colore, durata 100’ circa)
DENTRO L’AMERICA è la prima grande inchiesta monografica di Furio Colombo sugli Stati Uniti, che amplia ed approfondisce la sua analisi della realtà americana per il pubblico televisivo italiano già cominciata con la sua collaborazione a TV7.Colombo coglie gli Stati Uniti in un momento cruciale della loro storia, tra le proteste per la guerra in Vietnam e le ormai esplosive tensioni razziali. Colombo tornerà ancora nel 1975 per un’altra grande inchiesta, DOVE VA L’AMERICA, sempreaccompagnato dall’occhio del fido Franco Lazzaretti.
I FIGLI DI COLOMBO è un programma in più puntate andato in onda nel dicembre del 1992 sulla Raidue, in seconda serata, in occasione del 500º anniversario della Scoperta dell’America. Il giornalista, sempre coadiuvato dalle riprese di Franco Lazzaretti, racconta la storia dell’emigrazione italiana negli Usa; da quella economicae massiccia che si sviluppa subito dopo la formazione dello stato nazionale unitario e si intensifica tra la fine ‘800 e primi ’900, a quella dovuta a ragioni politiche durante il ventennio fascista, fino a quella che, con il riconoscimento della comunità italiana come parte integrante dello nazione americana, attira tutte le diverse eccellenze artistiche e culturali italiane.
IL CAVALIERE DELLA LIBERTÀ
(Abraham Lincoln, Usa, 1930, bianco e nero, dur., 90’)
Regia: David W. Griffith
Con: Walter Huston, Lucille La Verne, Una Merkel, W.L. Thorne, Helen Freeman
La biografia del presidente Lincoln scandita tra la giovinezza, gli studi di legge, la perdita dell’amata Anne Rutledge, la depressione, il matrimonio con l’ambiziosaMary Todd, l’impegno in politica, la presidenza e la guerra di secessione con la vittoria degli stati del nord, l’abolizione della schiavitù e la morte per mano di John Wilkes Booth.
Ma il film si apre con uno straordinario prologo griffittiano:1809, l’anno della nascita di Lincoln, un numero enorme di schiavi di colore sono stipati nella stiva di una nave…le loro impossibili condizioni di vita sono evidenziate in una scena in cui si gettano dei cadaveri in mare, mentre in un salotto borghese di una città quattro gentiluomini brindano al ritratto di George Washington appeso sopra il caminetto.
“…Griffith a escluso in partenza il ricorso alla dimensione epica, non ci sono le scene di massa, le vedute a perdita d’occhio sui campi di battaglia manca insomma tuttoquello che ci si aspetta dalla biografia di colui che ha vinto la guerra più sanguinosanella storia degli Stati Uniti. ABRAHAM LINCOLN è sì un affresco, ma Griffithinvita ad osservarlo con la lente di ingrandimento quando tutti erano pronti ad usare il telescopio.” (Paolo Cherchi Usai: D.W. Griffith, Il castoro cinema)
Venerdì 13 dicembre dalle 1.40 alle 6.00
PRESENTIMENTO DELLE GENERAZIONI
a cura di Lorenzo Esposito
(Fengkuei-lai-te jen, Taiwan, 1983, col., dur., 96′, v.o. sott.italiani)
Regia: Hou Hsiao-hsien
Con: Doze Niu (Cheng-tse), To Tsung-hua, Lin Hsiu-ling, Chang Shih, Yang Li-yin, Chang Shun-fang
Tre ragazzi di Fengkeui, un tranquillo villaggio di pescatori delle isole Penghu, ingannano la noia compiendo risse e furterelli, sempre in fuga dalle responsabilità e dai genitori. Dopo l’ennesimo scontro con la banda rivale, partono per Kaoshiumgdove uno dei ragazzi ha dei parenti e dove aspettano la chiamata per il servizio militare. L’impatto con la grande città mette alla prova la loro amicizia li nette di fronte alla difficoltà di crescere.
Con I ragazzi di Fengkuei inizia un nuovo periodo dell’opera del regista, segnato da un’impronta autobiografica e dalla collaborazione con la sceneggiatrice e romanziera Chu T’ien-wen. Per la prima volta il regista sceglie degli attori che non hanno una formazione precedente e registra le minime reazioni dei personaggi a contatto con un contesto urbano. Premiato al Festival di Nantes nel 1983 il film segna il riconoscimento internazionale del suo autore.
“I ragazzi di Feng Kuei apparve nel momento di massimo fulgore del cinema commerciale taiwanese. Con Edward Yang passavamo molto tempo a discutere del neorealismo italiano, del nuovo cinema tedesco, della nouvelle vague francese… Eravamo influenzati da questi movimenti, che finirono per permeare il film (…) I ragazzi di Fengkuei corrisponde a un momento di equilibrio fuori dal comune, una specie di grazia. Non sapevo esattamente cosa stessi facendo ma ne sentivo il presentimento” (Hou Hsiao-hsien)
“Comparso come una sorta di miracolo, Hou Hsiao-hsien era finalmente il grande cineasta cinese che ci era sempre mancato.” (Olivier Assayas)
(Shan He Gu Ren, Cina, 2015, col., dur., 121’, v.o. sott. italiano)
Regia: Jia Zhangke
Con: Zhao Tao, Zhang Yi, Liang Jingdong, Dong Zijang, Sylvia Chang, Rong Zishang
Presentato in Concorso alla 68° edizione del Festival di Cannes.
Il film prosegue il viaggio politico con cui Jia Zhangke racconta le grandi trasformazioni sociali della Cina contemporanea. Parlando di Al di là delle montagneil regista ha dichiarato: “Volevo raccontare la storia collettiva di un’intera generazione”.
Il film è diviso in tre parti. La prima parte è ambientata nella città di Fenyang (nella provincia settentrionale dello Shanxi) nel 1999. La 25enne negoziante Tao (Zhao Tao) è combattuta tra due pretendenti, gli amici di infanzia Liangzi (Liang Jingdong)e Jinsheng (Zhang Yi). Jinsheng è un benestante proprietario di una stazione di servizio che potrebbe migliorare drasticamente le sue condizioni di vita materiali. Lei si sente più vicina a Liangzi, un operaio nella miniera di carbone locale. Quando si confronta con entrambi gli uomini, Tao decide di sposare Jinsheng nella speranza di lasciare Fenyang. Con lui avrà un figlio di nome Dollar.
Nel 2014 Tao, ormai divorziata da Jinsheng, vive ancora a Fenyang dove gestisce la prosperosa stazione di servizio. Jinsheng si è risposato e vive a Shanghai, ed è diventato ricco grazie agli investimenti. Liangzi lavora come minatore vicino a Handan, nella vicina provincia di Hebei, e si è ammalato. Daole (pronunciato Dollarin inglese), il figlio di 7 anni di Tao e Jinsheng, va a trovare la madre per il funerale di suo padre. Tao è turbata dalla distanza di Daole, che lei riconosce essere dovuta alle loro differenze culturali. Tao, sapendo che sono destinati a stare lontani, decide di prendere il treno lento con Daole, invece di rimandarlo in aereo a Shanghai. Come regalo d’addio, Tao dona a Daole un mazzo di chiavi di casa sua, in modo che possa tornare a casa di sua madre quando vuole.
Nel 2025 Daole (ora chiamato Dollar) frequenta il college in Australia. Litiga costantemente con suo padre per il suo desiderio di abbandonare il college e avere la libertà che non gli è mai stata concessa nella sua infanzia. Incontra Mia, la sua insegnante di lingua cinese, una donna più grande con la quale inizia una relazione. Dollar condivide con Mia il fatto che porta ancora con sé le chiavi che sua madre gli ha dato quando era un ragazzino e teme di non poter più rivedere la madre. Mia lo convince a tornare con lei in Cina per poter vedere Tao.
Sabato 14 dicembre dalle 1.20 alle 7.00 (340’)
DIALOGHI CON PAVESE
a cura di Roberto Turigliatto
prima visione TV (Italia, 2023, col. 74’)
Regia: Mauro Santini
Produzione: Liceo Artistico Mengaroni. Cinema e Immagini per la Scuola – Ministero della Cultura e Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Con: studentesse e studenti Liceo Artistico Mengaroni, Pesaro
La bella estate
Narratrice: Letizia Crudi – Ginia: Lara Dellisanti / Alice Ferri – Amelia: Lucrezia Caloni / Sofia Zamagni – Guido: Simone Pasquino – Rodriguez: Duncan Monge
Il diavolo sulle colline
Narratore: Francesco Sabatini – Oreste: Francesco Bonizzato – Pieretto: Giacomo Mariotti – Poli: Simone Pasquino – Ragazza del fiume: Dalila Signore
Altri narratori e narratrici: Simone Suffer, Riccardo Lo Conte, Giulia Mariotti, Luca Badioli,
di: Cristian Nucci, Edoardo Del Prete, Lorenzo Tonini, Cristel Nanni, Francesco Fuligni, Miriam Del Grosso, Giulia Neri Maddalena Ceccolini, Elisa Mencoboni, Stefano Serrago, Giorgia Ugliola, Aurora Amadori, Chiara Giulietti, Anna Grasso.
con la partecipazione, Genny Sbaffi
Ginia e Guido, Amelia e Poli, Oreste, Pieretto… I personaggi dei due romanzi di Cesare Pavese La bella estate e Il diavolo sulle colline dialogano tra loro, in un montaggio alternato che porta le narrazioni pavesiane a sovrapporsi e mescolarsi in un unico flusso, attraverso le voci e i volti delle studentesse e degli studenti di un liceo artistico. Realizzato con gli studenti del Liceo Artistico Mengaroni di Pesaro.
Nella filmografia dell’autore, Le belle estati fa seguito a Giorno di scuola, il racconto di una giornata di alunne e alunni della scuola primaria di Pieve Torina, ricostruita dopo il terremoto del 2015, film vincitore del 45° Laceno d’Oro e già trasmesso da Fuori Orario. Il cineasta ha appena finito un nuovo film, sempre con gli alunni di una classe delle elementari di Pieve Torina 5 anni e un’estate che viene presentato anche questo in concorso in prima mondiale al Laceno d’Oro a inizio dicembre 2024.
«Il film è concepito come un gioco di specchi tra le belle estati dei giovani dei due romanzi e quelle degli studenti e studentesse che hanno partecipato alla realizzazione; è anche la verifica di quanto i giovani possano percepire vicine e attuali queste tematiche, a distanza di oltre settant’anni dalla loro scrittura e di circa quaranta dalle mie letture giovanili di Pavese. Dapprima abbiamo chiesto agli studenti di apprendere i temi, gli elementi della scrittura di Pavese; soprattutto i personaggi, le situazioni, per farle proprie. Buona parte del film racconta proprio questo atto di appropriazione delle figure, dei dialoghi e dei temi dei due romanzi, (…) Dopodiché, consapevoli di questo percorso, ho chiesto loro di portare queste figure e situazioni, se possibile anche questi dialoghi, nella loro vita, nel loro quotidiano, nei laboratori e al di fuori della scuola. Infine li ho portati a raccontare questo sentimento non più attraverso il testo, ma mediante i loro sguardi: fare propri i temi pavesiani ed elaborarli attraverso gli occhi e non più attraverso le parole. (…) Le belle estati non è una finzione, una rimessa in scena dei due romanzi, ma un documentario: il documento, direi con più precisione, del farsi stesso del film (motivo per cui gli studenti leggono il libro di Pavese, non lo recitano). Il progetto è stato anche occasione di riflessione comune su quali strade debba percorrere oggi un cinema che possa definirsi contemporaneo. La mia proposta è stata quella di un cinema capace di riflettere su sé stesso, smascherando l’atto della sua creazione: ne è nato un gioco gioioso e piacevole, tra il credere alla messa in scena e lo svelarne continuamente le sue fragilità, dando priorità all’evidenza del reale». (Mauro Santini)
(Italia, 1955, b/n, 99′)
Regia: Michelangelo Antonioni
Con: Eleonora Rossi Drago, Gabriele Ferzetti, Franco Fabrizi, Valentina Cortese, Yvonne Furneaux,Madeleine Fischer, Anna Maria Pancani, Maria Gambarelli, Ettore Manni
Liberamente ratto dal romanzo Tra donne sole, parte della raccolta La bella estate(1949) di Cesare Pavese, sceneggiato da Anntonioni e Suso Cecchi D’Amico con la collaborazione di Alba de Cespedes. Clelia, una ragazza di umili origini diventata un’importante modista di una casa di moda a Roma, ritorna nella natìa Torino per aprirvi una succursale. Qui incontra una ricca oziosa, Momina, la cui amica Rosetta ha tentato il suicidio. Clelia non ha amici a Torino, avendo lasciato la città molti anni prima. Momina la invita ad unirsi alla sua comitiva. Clelia così inizia la sua vita sociale a Torino.
Momina scopre che Rosetta, prima di tentare il suicidio, aveva cercato di chiamare Lorenzo. I due si conoscevano in quanto il pittore aveva realizzato, nei giorni precedenti, il ritratto della ragazza. Una domenica la comitiva va in gita al mare. Tutti cercano di divertirsi. A metà giornata, però, una battuta sbagliata di Mariella su Rosetta causa un litigio tra le due ragazze e Momina. Rosetta decide di ritornare in treno a Torino. Clelia si offre di accompagnarla. Durante il viaggio Rosetta rivela il motivo per cui aveva tentato il suicidio: si era innamorata di Lorenzo….
IL DIAVOLO SULLE COLLINE
(Italia, 1985, col., dur., 94′)
Regia: Vittorio Cottafavi
Con: Alessandro Fontana, Roberto Accornero, Daniela Silverio, Matteo Corvino, Urbano Barberini, Kristina Van Eyck
Dal secondo dei tre romanzi brevi di La bella estate (1949), di Cesare Pavese: tre amici torinesi, di diversa estrazione sociale, tirano a campare subendo, ognuno a modo suo, l’influenza negativa di un amico ricco, bello e corrotto. Costui rappresenta tutto ciò che i ragazzi non sono o non hanno. È ricco, è viziato, è vissuto, ma soprattutto, è sconfitto, ma della sua sconfitta sembra farne, e in effetti ne fa, un affascinante punto di forza. Poli risucchia i tre amici nelle sue turbinose avventure.
“Due parole sul film? È un omaggio a Cesare Pavese. Uno scrittore estremamente moderno che ha usato l’introspezione psicologica per comunicare le proprie emozioni. Vedrete un film dove ogni cosa è suggerita, non detta compiutamente, perché a Pavese non interessano tanto gli avvenimenti quanto i sentimenti che essi sviluppano nei suoi personaggi, li maturano, li modificano. È la storia di cinque giovani alle prese con una “educazione sentimentale” che influirà probabilmente su tutta la loro vita. Ho cercato di girare questo racconto, che si svolge negli anni trenta, con i movimenti, le pause dei dialoghi, il pudore con il quale a quei tempi si scoprivano i sentimenti. I giovani allora parlavano di più, cercavano di comunicare attraverso la parola, l’intelligenza. Quello che mi ha sempre turbato nei film che narrano di un’altra epoca è l’incongruenza tra l’ambiente rigorosamente aderente ad essa, ed il ritmo, i movimenti, il modo di esprimersi inequivocabilmente di oggi. Sono convinto che sia il momento di rievocare il mondo di questo straordinario scrittore. Esistono misteriose affinità con quello di oggi. Le atmosfere inquietanti riescono tutt’ora a suscitare in noi il dubbio che le cose più segretamente tenute nel nostro animo siano la vera condizione dell’esistenza» (V. Cottafavi, “Filmcritica” n. 356, giugno-luglio 1985).