La ragazza con la valigia, di Valerio Zurlini

Terzo lungometraggio del regista segnato dalle musiche di Nascimbene che mostra una notevole capacità di raccontare l’impossibilità del sentimento amoroso. In streaming su Rai Play

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Una valigia pesante da portare perché vi sono racchiusi i resti di una vita. Il cinema di Valerio Zurlini si puntella sull’emigrazione sentimentale e sulla disillusione di fronte alla realtà. Uno stile che lascia all’immagine la capacità di raccontare il personaggio, mentre i luoghi comuni e le parole preconfezionate tendono a nasconderlo. In La ragazza con la valigia si incontrano due nevrosi: quella di Aida (Claudia Cardinale doppiata splendidamente da Adriana Asti) ragazza madre che cerca il mecenate che la possa salvare dalla vita di strada e quella del sedicenne Lorenzo (Jacques Perrin), orfano di madre, alle prese con il suo primo innamoramento. Tutti e due reagiscono a forze violente che li vorrebbero sottomessi. Aida combatte contro una società classista che utilizza il denaro come perfida forma di ricatto: Marcello (Corrado Pani), Piero (Gian Maria Volontè), l’ingegner Francia (Renato Baldini), Romolo (Riccardo Garrone) ripropongono un immaginario maschile in cui il potere si realizza con la dominazione sessuale. Lorenzo cerca di evadere dalla noia della propria vita alto borghese sfuggendo alle rigide regole imposte dalla severa zia (Luciana Angiolillo) e dall’ambiguo prete/insegnante Don Pietro (Romolo Valli). Nel primo incontro tra Lorenzo e Aida c’è un’alta rampa di scale a stabilirne le distanze: poi l’innamoramento fa invertire i poli e Aida inscena la sua marcia trionfale sulle potenti note di Verdi (Celeste Aida cantata da Beniamino Gigli) mentre Lorenzo rimane pietrificato da tanta perfezione.

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Tutta la storia d’amore viaggia sul commento musicale di Mario Nascimbene, tra chitarra (Aida) e clavicembalo (Lorenzo) che contrastano sapientemente con la musica delle autoradio, dei giradischi, dei televisori. Il cielo in una stanza e Tintarella di Luna interpretate da Mina, Impazzivo per te di Celentano, Fever nella versione di Peggy Lee, sono la tipica colonna sonora degli anni Sessanta.

Zurlini è uno dei primi ad usare la musica diegetica per dare forza alle sue scene: ricordiamo le note del Deguello che dettano il tempo per l’infuocato incrocio di sguardi tra Lorenzo consumato dalla gelosia mentre la procace Aida si dimena tra le braccia del viscido Francia. Parte della critica ha equiparato Zurlini a un Antonioni minore, a un Gozzano autolesionista, a un letterato crepuscolare. In realtà il regista, da Estate violenta fino a La prima notte di quiete ci parla lucidamente dell’impossibilità del sentimento amoroso non per incomunicabilità o aridità affettiva ma per la forte influenza della struttura morale/economica della società che condanna chi va controcorrente.

Roberta e Carlo, Lorenzo e Aida, Daniele e Vanina sono coppie sovversive per differenza di età e classe sociale, e vedono inaridire il loro sentimento per un forte intervento repressivo dell’autorità, delle figure genitoriali surrogate. La malinconia nel cinema di Zurlini non è una romantica voluttà del dolore ma la consapevolezza che la guerra, la storia, la politica, l’avidità dell’Italia del boom si insinuano nei buoni propositi trasformandoli in  occasioni perdute. E’ un discorso moderno, ribadito in forma diversa da Risi in Una vita difficile (1961) e da Pietrangeli in Io la conoscevo bene (1965). In Zurlini però lo stile predomina sulla narrazione con una connotazione pittorica in rapporto ai luoghi che riflettono la precarietà esistenziale (la stazione, la spiaggia, gli alberghi). Anche l’utilizzo della profondità di campo, i primi piani decentrati e le inquadrature dal basso verso l’alto ripropongono il senso di nomadismo, di perdita di un qualsiasi punto di appoggio. La nevrosi dei due protagonisti spesso esplicitata in numerosi tic (si mangiano le unghie, si grattano la testa) dipende da questa progressiva distanza tra la propria vocazione e la totale insensibilità del contesto socio-familiare. Dopo l’abbraccio disperato sulla spiaggia di Riccione, Aida e Lorenzo si ritrovano alla stazione mentre il suono della campanella avverte incessantemente del treno in partenza. Nell’Italia di inizio anni 60 si cominciano a intravedere diverse crepe e cedimenti e le parole di una lettera d’amore diventano banconote con le quali comprare un umiliante silenzio. Il treno parte, la campanella smette di suonare e si richiudono gli amabili resti in valigia. Con le rime spaiate di due personaggi asimmetrici Zurlini fa, coscientemente, cinema di poesia.

 

Regia: Valerio Zurlini
Interpreti: Claudia Cardinale, Jacques Perrin, Romolo Valli, Corrado Pani, Gian Maria Volonté, Riccardo Garrone, Renato Baldini, Luciana Angiolillo
Durata: 113′
Origine: Italia, 1961
Genere: sentimentale

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.5 (2 voti)
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