La ragazza di Stillwater, di Tom McCarthy

Tom McCarthy firma il suo film più coraggioso, un thriller a tratti fuori misura che però rappresenta l’apice di quell’approccio etico che guida il rapporto del regista con le immagini del suo cinema

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La ragazza di Stillwater è la conferma di quanto il thriller, per Tom McCarthy, sia soprattutto una questione di linguaggio. Dal Il caso Spotlight, McCarthy lavora infatti su un’idea di film-inchiesta dal taglio etico, attenta a concentrarsi sul controcampo più che sul campo, sull’umanità dietro l’indagine piuttosto che sul crimine in sé. Il passo di McCarthy è quasi Brechtiano, gioca con le attese del pubblico, utilizza il genere come un grimaldello per riflettere su tematiche più ampie e vede il regista mettersi in gioco per primo per testare la tenuta del suo cinema. A dominare La ragazza di Stillwater è non a caso una sensazione di spaesamento che coinvolge tanto il protagonista quanto lo stesso McCarthy. Bill Baker (Matt Damon) è un operaio dell’Oklahoma costretto a confrontarsi con un contesto alieno come quello della mitteleuropea Marsiglia per provare a dimostrare l’innocenza della figlia, accusata di un crimine che afferma di non aver commesso. Nessuno comprende la sua lingua o il suo modo di pensare (ancora un problema di linguaggio, di sintassi, dunque), tranne la giovane Virginie, che insieme alla figlia proverà ad aiutarlo. La donna offrirà a Bill una bussola che invece McCarthy pare non voler seguire, attratto, piuttosto, dallo spazio in cui fa muovere i suoi personaggi, affascinante dimensione ignota in cui può immergere il suo cinema.

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La ragazza di Stillwater è quindi un solido thriller alla Pollack sedotto dall’esotismo europeo, da Campanella e dall’ultimo Desplechin, un giallo senza cadavere che pone la detection in secondo piano, a favore di inattesi momenti più intimi, dilatati, che riflettono sul fuoriscena dell’omicidio, sulla colpa, sul retaggio, con il piglio di Dürrenmatt. In questo contesto il protagonista, un convinto repubblicano, diventa una particella alienata del sistema, un’entità sempre più fuori dal quadro, che proprio il suo essere quasi in rilievo rispetto allo spazio che occupa rende il centro di un ambizioso saggio sociologico sulla cultura dell’America Trumpiana.

La ragazza di Stillwater

Il passo di McCarthy è vivacissimo, in costante equilibrio tra il racconto morale e le bordate satiriche, a tratti didascalico ma al contempo felicemente onesto quando si confronta con il suo protagonista. Il suo è il ritratto, nutrito di sincera pietas, di un action hero imbolsito, stanco, a tratti ingenuo, non privo di ambiguità ma animato da una fede genuina, il tutto inscritto nel corpo attoriale di un Matt Damon straordinariamente misurato e attento all’emotività del suo personaggio. Tolto dal contesto isolato in cui è cresciuto, Bill diventa dunque un’interessante anomalia che pare comprendere la fallacia della sua forma mentis. Critica certi valori dell’America conservatrice, è ostile alle fake news e al razzismo quando lo riguardano da vicino e mette in dubbio l’approccio aggressivo e pragmatico attraverso cui vorrebbe risolvere il suo dramma. Nutrito da queste premesse, il rapporto tra Bill e Virginie e sua figlia, diventa un cortocircuito affascinante proprio perché mette in scacco il naturale spirito imperialista americano. L’uomo vorrebbe controllare uno spazio che invece prima lo sottomette e poi lo conquista, costringendolo a mettere da parte la sua diffidenza, ad accettare l’aiuto delle sue alleate, a ridurre il suo pragmatismo ai minimi termini e a metterlo al servizio della loro quotidianità, tra un giocattolo riparato ed un guasto casalingo risolto. Il risultato è un affresco tanto stimolante quanto utopistico, in cui la cultura pare la vera ricchezza e highbrow e lowbrow si guardano senza giudicarsi, collaborando all’insegna della verità.

A tratti fuori misura, La ragazza di Stillwater è un genuino atto di coraggio da parte di Tom McCarthy, che esplora con consapevolezza una terra incognita e spinge all’estremo l’etica che scorre sotto alle sue immagini senza paura delle conseguenze.

 

Titolo originale: Stillwater
Regia: Tom McCarthy
Interpreti: Matt Damon, Abigail Breslin, Camille Cottin, Lilou Siauvaud, Deanna Dunagan, Idir Azougali, Anne Le Ny
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 140′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.46 (13 voti)
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