“La salute, un diritto minato”. Rodrigo Plà presenta Un mostro dalle mille teste

Dopo La Zona, il regista torna a parlare del Messico denunciando l’inefficienza e la corruzione del sistema statale. In sala dal 3 novembre

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Dopo La zona, Leone del futuro nel 2007, Rodrigo Plà è tornato a Venezia con Un mostro dalle mille teste, film che ha aperto la sezione Orizzonti alla 72 Mostra del Cinema. Il regista, d’origine uruguaiana e d’adozione messicana, affronta temi sociali, l’inefficienza burocratica e la corruzione del sistema statale, attraverso la storia di Sonia Bonet che, per salvare la vita di suo marito malato di cancro, inizia una lotta contro la sua compagnia di assicurazione, che le nega il trattamento sanitario. Il film uscirà nelle sale il 3 novembre, distribuito da Cineclub Internazionale.

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Sia in questo film che nella Zona, si parla di divisione di classe, di personaggi che irrompono in luoghi chiusi e sorvegliati.
Plà: Se c’è una somiglianza con La zona è nella mancanza di uno Stato, di un legame tra i cittadini e le corporazioni. Un’altra somiglianza con i miei film precedenti è il ritratto di personaggi che si sbagliano e che vengono filmati nella loro intimità: qui abbiamo una donna disperata e vulnerabile che va anche contro i suoi valori, brandisce un’arma, minaccia chi le sta intorno e diventa violenta. Si tratta di personaggi che si isolano e diventano fragili.

Nel suo film alla violenza si unisce un altro elemento: lo humour nero. Ha influito in questo la sua doppia nazionalità (lei è di origine uruguaiana ma vive in Messico)?
Plà: In questo film abbiamo voluto trovare uno spazio per l’umorismo attraverso un processo naturale di accostamento alla realtà, che è drammatica e al tempo stesso

un_monstruo_de_mil_cabezasracchiude varie sfumature. Anche io sono un ibrido, e in quanto cittadino messicano, mi sento indifeso e vulnerabile. In Messico c’è una situazione di impunità enorme, i cittadini si sentono lasciati a sé stessi.

Il suo film nasce da un racconto scritto da sua moglie, Laura Santullo.
Plà: Ogni film prevede una diversa costruzione. In questo caso il motore è stato il romanzo di Laura. Se vogliamo poi trovare un detonatore comune è stato il documentario canadese The Corporation, che analizza la mancanza di etica e di morale. Questo film ha avuto un grande impatto su di noi, e ha portato alla scrittura del romanzo. Da esso abbiamo poi tratto la sceneggiatura; mi piace che gli attori abbiano anche un testo in prosa su cui lavorare perché in questo modo hanno un maggior spazio creativo e una maggiore libertà di interpretazione.

Che impatto ha avuto il suo film in Messico?
Plà: Ricordiamoci che si tratta di finzione, quindi alcuni aspetti (ad esempio il medico che riceve una gratifica per aver rifiutato il trattamento) non sempre accadono. Parlando di verità ci interessava considerare lo sguardo dell’altro: tutto il film è una ricostruzione della memoria dei diversi personaggi che portano la loro testimonianza davanti a un giudice. E sappiamo come la memoria e la ricostruzione distorcano la realtà. Volevamo quindi collocarci su più punti di vista, iniziando con quello della donna, per avere un equilibrio. In Messico la situazione convulsa ha portato il pubblico a identificarsi con il personaggio femminile; forse ci è mancato qualcosa nella creazione di questo equilibrio, forse abbiamo 3-un-mostro-mille-testemesso troppo al centro lei.

Fin dalla prima scena c’è un personaggio che scende le scale. La discesa sembra anticipare un pericolo inevitabile. Non so quanto lei abbia voluto o meno questo elemento.
Plà: Quando un film ha fortuna, ci sono tante idee che fervono al suo interno. Un film si costruisce anche con le idee degli altri. La sua interpretazione è validissima, non so se noi siamo stati consapevoli. La discesa delle scale rimanda in parte alla cultura italiana, all’Inferno dantesco, e anche a una società che, come dice il titolo, è un mostro dalle mille teste ma senza cervello; ogni frammento di questo mostro prende delle decisioni senza però assumersi le responsabilità.

Come nell’ultimo film di Ken Loach, ad agire sembra essere l’individuo piuttosto che la massa.
Plà: Con Ken Loach condividiamo le preoccupazioni sociali, l’avvicinamento agli individui. Per me era importante accostarmi all’intimità di questa donna che si scopre incapace di affrontare il lutto del marito e combatte contro i mulini a vento della società. Mi interessava seguire la persona nel suo periplo e non tanto il personaggio.

Ci può parlare delle scelte di linguaggio del film, in particolare dell’uso del fuori fuoco?
Plà: Nel film la soggettività e molto importante perché si tratta di una ricostruzione basata su ricordi che vengono distorti. Per questo ho dato enfasi allo sfocato e al fuori fuoco, perché le cose non sono esattamente come si sono viste. Anche la voce che sentiamo fuori campo a volte è contraddittoria rispetto a quello che vediamo. L’unico momento oggettivo è alla fine del film, quando lo schermo è diviso in quattro.2-un-mostro-mille-teste

Come ha scelto l’attrice protagonista?
Plà: Jana Raluy non è un’attrice molto conosciuta. Gode di prestigio in teatro ma in tv ha fatto ruoli secondari. Io e mia moglie l’abbiamo vista a teatro e ci è piaciuta tantissimo. È un’attrice eccellente in grado di entrare in scena e astrarsi da tutto ciò che la circonda.

Dopo questo film le è stato proposto di andare a Hollywood?
Plà: Non ho dovuto resistere a grandi tentazioni. Non tutti i registi messicani vogliono andare a Hollywood. In Messico godiamo di grande indipendenza creativa, non so se vale la pena perderla o fare compromessi. Qui i registi possono essere anche produttori quindi nascono belle collaborazioni.

Quali sono i suoi progetti futuri?
Plà: Abbiamo due progetti con mia moglie. Per ora siamo in attesa di sapere se abbiamo ricevuto un finanziamento per girare un film indipendente ambientato negli Stati Uniti. È la storia di una madre giovane e del rapporto complicato con il figlio piccolo. Qui, a differenza dei miei altri film, lo Stato è onnipresente e vorrei mostrare dove si colloca il limite della sua ingerenza in rapporto all’individuo.

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