La Storia sopra il mito: "The Aviator", di Martin Scorsese

Il cinema di Scorsese oggi resta pietrificato lì nella sua orizzontalità, non riuscendo più ad avvolgere come accadeva anche nei recenti "Casinò" e "Al di là della vita". Un cinema ancora passionale, ma che in "Gangs of New York" e soprattutto in "The Aviator" non brucia più di passione
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L'età d'oro di Hollywood attraverso l'espansione del corpo di Howard Hughes. Un biopic anomalo dunque quello di Scorsese, che non ripropone per intero la vita del celebre miliardario famoso sia nel campo dell'aviazione quando negli anni Trenta prese il controllo della compagnia aerea TWA sia in quello cinematografico; Hughes infatti, oltre ad aver alimentato i gossip hollywoodiani per il suo carattere eccentrico e per le sue relazioni con attrici celebri (come Bette Davis, Ginger Rogers e soprattutto Ava Gardner e Katharine Hepburn su cui il film di Scorsese si sofferma prevalentemente), è stato anche produttore di Scarface (1932) di Howard Hawks oltre che regista di Hell's Angel (1930) e Il mio corpo ti scalderà (1943). Entrambe le pellicole hanno in qualche modo segnato la storia del cinema americano. Hell's Angel venne completamente rigirato dopo l'avvento del sonoro, costò quasi 4 milioni di dollari e il negativo accumulato ammontò a circa 560 ore. Il mio corpo ti salderà uscì invece soltanto nel 1947 in quanto venne bloccato dalla censura per il modo in cui Hughes inquadrò il seno di Jane Russell.

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The Aviator ripercorre così questa "età dell'oro" della vita di Hughes che corrisponde all' età dell'oro del cinema hollywodiano, tralasciando invece altri aspetti più oscuri della vita del miliardario come gli ultimi anni della sua vita quando aveva deciso di vivere come un recluso in una stanza d'albergo senza mai lavarsi e in preda ai suoi attacchi maniaco-compulsivi. Scorsese, come in Gangs of New York, cerca ancora una volta di affondare dentro il grande affresco storico dalle dimensioni kolossal, con un'esasperazione realistica che lo porta a ricreare quegli ambienti (la casa di Hughes, il nightclub The Coconaut Grove di Hollywood) e, con il rilevante contributo del direttore della fotografia Robert Richardson, una diversa gamma cromatica che va dai colori tenui che virano al verde (dagli anni Venti fino alla fine degli anni Trenta), al Technicolor acceso stile Hollywood (gli anni Quaranta).

Oltre ad essere un affresco biografico su Howard Hughes (personaggio già presente anche in Una volta ho incontrato un miliardario di Jonathan Demme), il film di Scorsese appare come un ulteriore frammento di quella Storia del cinema americano con cui il cineasta riattraversava i momenti, i personaggi, i periodi più significativi. Se in quel documentario, dietro la sua meticolosa raccolta di dati e filmati, appariva in maniera lampante la messa in gioco in prima persona di Scorsese, con The Aviator invece sembra avvenire il contrario. La pellicola appare densa di dettagli capace di "ricostruire" un'epoca determinante per la storia del cinema statunitense, ma dà l'impressione di avere uno spirito didattico-documentaristico, un po' come gran parte di Gangs of New York, con dentro qualche straordinaria accensione come le immagini dello schermo che si riflettono sul corpo di Di Caprio. Quel momento è il segno della magniloquenza di Hughes che corrosponde con quella illimitata vastità visiva che ha sempre fatto grande il cinema di Scorsese. Slanci emozionali intensissimi simili al finale di Gangs of New York che però ultimamente nell'opera del cineasta si presentano soltanto a intermittenza. The Aviator è un film che ha toccato di riflesso, e soltanto in un secondo momento, Scorsese. Il film infatti è nato dalla mente di Di Caprio che si è appassionato alla vita di Hughes dopo averne letto l'autobiografia. Inizialmente ha condiviso l'idea con Michael Mann, che comunque è produttore del film, e poi con il regista di Taxi Driver. Scorsese utilizza anche effetti digitali per aspirare al vero, si mostra quasi kubrickiano nella reinvenzione dei set, dei colori, nella presenza di una colonna sonora ricchissima che comprende, tra gli altri, I'll Build a Stairway to Paradise di George e Ira Gershwin e Buddy De Silva a Some of These Days interpretata da Bing Crosby, ma il movimento, per quanto simulato – soprattutto nelle scene del nightclub dove la macchina da presa si muove vorticosamente dentro il locale come a seguire il ritmo indiavolato della musica – sembra alquanto frenato. C'è un momento in cui Hughes/Di Caprio, mentre sta guardando il girato di Hell's Angels, afferma che quegli aerei in volo è come se stessero fermi. È la stessa impressione che lascia The Aviator, opera bloccata anche dalla scrittura di John Logan (lo stesso di Il gladiatore), in cui si vede chiaramente lo stile di un grande cineasta ma non più quelle violente accensioni, quei lampi nostalgici e quelle tensioni fisiche dove ogni principio di formalismo era continuamente spezzato. Il cinema di Scorsese oggi che resta pietrificato lì nella sua orizzontalità, non riuscendo più ad avvolgere come accadeva anche nei recenti Casinò e Al di là della vita.  Il fuoco che brucia l'aereo di Hughes quando si schianta sulle case di Beverly Hills è diverso da quello che fa saltare in aria la macchina di Asso/De Niro, all'inizio di Casinò. Un cinema sempre passionale, ma che in Gangs of New York e soprattutto in The Aviator non brucia più di passione. 

 

Titolo originale: id.

Regia: Martin Scorsese

Interpreti: Leonardo Di Caprio, Cate Blanchett, Kate Beckinsale, Alec Baldwin, Gwen Stefani, Adam Scott, Kelly Garner, Ian Holm, Alan Alda, Willem Dafoe

Distribuzione: 01 Distribuzione

Durata: 169'

Origine: Usa/Germania/Giappone, 2004

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