La strada dei Samouni, di Stefano Savona

L’intuizione decisiva di Savona, nel ricostruire la tragedia di una famiglia palestinese, è affidarsi all’animazione di Simone Massi e alla CGI di Stefano La Rosa. Da oggi in sala

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Già con Piombo Fuso Stefano Savona aveva portato la sua testimonianza della scellerata operazione dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, agli inizi del 2009. Venti giorni di bombardamenti e raid per assestare un duro colpo ad Hamas e alle sue vie clandestine di rifornimento. Un’escalation di violenza, con centinaia di morti e migliaia di palestinesi rimasti senza tetto. Proprio in quel periodo, Savona ha modo di conoscere la famiglia Samouni, che ovviamente condivide l’ansia e l’isolamento degli abitanti della Striscia. Molti membri della famiglia muoiono in quei giorni durante un folle raid in cui i soldati perdono letteralmente il controllo della situazione. A farne le spese sono soprattutto i capifamiglia, i punti di riferimento del gruppo. Ma le ferite, fisiche e morali, lasciano cicatrici profonde nei giovani, chiamati a ricostruire una parvenza di unione e normalità, tra la rabbia, il dolore e la stanchezza.

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Savona torna lì da loro, a un anno di distanza dai fatti, nel 2010, e cerca innanzitutto di ripercorrere quei momenti di terrore. Nasce dunque un problema di metodo. Come ricostruire l’eccidio dei Samouni, come conciliare l’approccio di un cinema che è sempre, in qualche modo, in prima linea e in presa diretta, puntato nel cuore degli eventi, con l’esigenza di ritrovare l’immagine mancante di quegli eventi drammatici? Ovviamente c’è prima il lavoro di indagine, condotto attraverso il racconto dei sopravvissuti e gli atti di un’inchiesta interna israeliana successiva ai fatti del 2009. Ma

non basta la parola. Occorre dare una forma visibile a quanto accaduto. Ed ecco l’intuizione decisiva di Savona, che si affida al tratto massiccio e denso dell’animazione curata da Simone Massi, che con il bianco e nero dei suoi carboncini, con quelle laceranti graffiature che attraversano i suoi disegni, restituisce in maniera stilizzata la cupezza drammatica dei momenti del raid. Mentre, d’altro canto, a restituire la fredda, anonima implacabilità della guerra contemporanea, provvede la computer grafica curata da Stefano La Rosa, che “mima” il punto di vista e le registrazioni dei droni israeliani. Voci, grida, suoni si sommano così ad immagini che dichiarano immediatamente, nella loro stessa essenza (in)animata, il loro carattere finzionale, tutta l’impercorribile distanza tra il cinema e il reale. Eppure proprio questa distanza, che sembra essere il necessario contrappunto degli squilibri e delle smarginature delle riprese colte sul vivo, amplifica l’assurdo della violenza, che irrompe come un inserto spurio, come una deformazione del tessuto neutrale della vita. E, per contro, si oppone alla sua intollerabilità, ne disinnesca la carica mortale, restituisce alla realtà l’opportunità di non fare davvero male. Proprio queste sequenze aliene svelano a pieno il sogno di Savona. Stare sul campo, raccontare la guerra, non distogliere gli occhi dall’urgenza. Ma al tempo stesso, cogliere tutti i segni della vita che continua, i matrimoni ancora da ballare, gli orti che danno di nuovo frutti. Le tracce del futuro.

 

Regia: Stefano Savona

Animazioni: Simone Massi

Distribuzione: Cineteca di Bologna

Durata: 128′

Origine: Italia 2018

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