La tour, di Guillaume Nicloux

Da uno dei registi francesi contemporanei più sottovalutati arriva un horror politico e nichilista che sembra scritto da James Ballard. Concorso

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Il buio. La notte. Un condominio all’interno di un grattacielo circondato da altri grattacieli (le torri le chiamano all’inizio) che improvvisamente non si vedono più. Le finestre, il portone diventano buchi neri che non emettono suoni. Si aprono sul nulla. Se si esce si muore. Anzi, si scompare. Allora si resta all’interno del palazzo. Senza internet, senza cibo, con i bianchi che fanno gruppo contro i neri che fanno gruppo contro gli algerini. Inizia così la guerra tra etnie, tra comunità e attraverso ellissi temporali di mesi, anni, procediamo all’indietro verso il grado zero della civiltà: annientate le leggi del capitalismo si arriva prima al baratto, poi all’apocalisse messianica, il cannibalismo e infine le caverne con le pitture rupestri dei popoli primitivi disegnate da un bambino.

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Ancora un viaggio di sola andata ai “confini del mondo” firmato da Guillaume Nicloux, autore anche della sceneggiatura. Qui ovviamente le fonti di ispirazione sono il classico di James G. Ballard Il condominio pubblicato nel 1975 e l’ineluttabilità alienante dell’opera di Michel Houellebecq, con cui il regista ha già collaborato nel satirico The Kidnapping of Michel Houellebecq del 2014. La tour inizia in medias res, senza dare spiegazioni. E procede così, raccontando la de-generazione di un microcosmo, il deterioramento dei corpi e degli spazi. La macchina da presa si incunea tra immondizia, appartamenti sfondati, il nero che diventa una dissolvenza continua. Ancora un film di guerra e di violenza “morta” sul disfacimento di un mondo-set, di una non-comunità condannata all’estinzione. Ce n’è di carne al fuoco e di intenzioni sulla carta velleitarie, ma Nicloux, uno degli autori francesi più sottovalutati nel cinema contemporaneo, costruisce un horror programmatico ma asfissiante, dal ritmo serrato e con le musiche martellanti di Tim Hecker. Breve e sporco come un disco punk. Un’opera senza speranza, che usa il “genere” per guardare al presente, ai lockdown passati e futuri, a quelli reali e a quelli metaforici. Del resto La Tour è in qualche modo anche il controcampo oscuro degli iperbolici film sulla periferia di ultima generazione. Il “No future” distopico in risposta ai vari I miserabili di Ladj Ly e Athena di Romain Gavras.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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