La trattativa, di Sabina Guzzanti

Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo e ci proponiamo di ricostruire…” Sin dall’incipit il riferimento è chiaro. Sabina Guzzanti guarda chiaramente all’esperienza di Documenti su Giuseppe Pinelli, al tentativo di Gian Maria Volonté ed Elio Petri di ricostruire scenicamente i fatti dietro la morte dell’anarchico.

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La comediante romana, infatti, decide con La trattativa, il suo quinto documentario, di affrontare l’argomento più ambizioso della sua carriera attraverso la commistione tra finzione e realtà, recitazione e repertorio. La presunta trattativa tra lo Stato e la Mafia intercorsa subito dopo le stragi del 1992, diventa attraverso le parole della Guzzanti però un racconto confuso, dove a dati lungamente noti si abbinano ipotesi complottistiche e congetture senza prove.

Pur nei suoi ottimi propositi la regista-narratrice si perde dentro questo monstrum narrativo, schiacciata dal peso delle proprie ambizioni e dalla difficoltà di trovare il tono adatto per sostenerle.
La Guzzanti si perde tra il desiderio meritorio di suscitare indignazione e dolore attraverso l’uso di filmati d’epoca dal forte impatto emotivo e la sua vena grottesca che sfocia in gag inopportune e nella sua inutile interpretazione/imitazione di Berlusconi. E’ proprio la scelta della regista di non limitarsi al ruolo di narratrice/cronista (compito svolto anche egregiamente nei suoi precedenti lavori) per entrare prepotentemente nel film a indebolire tutta la struttura.

Se, anche in modo surreale, le interviste con i pentiti e i testimoni dell’epoca danno una folle (e tristemente divertente) fotografia di quello che stava succedendo, sono proprio le riproduzioni sui set, con un discorso meta-cinematografico fine a se stesso, a inficiare qualsiasi discorso etico di impegno civile.
Il problema de La trattativa, più che nell’inoffensiva e confusa ricostruzione di una storia che tutti conosciamo (non serve certo questo film per sapere chi fossero Vittorio Mangano o Vito Ciancimino), fallisce nella sua incapacità di essere Cinema, e quindi Racconto. Sabina Guzzanti, anche per i suoi interessanti precedenti, aveva il dovere di svincolarsi dal mortifero stile televisivo di certo giornalismo d’inchiesta e di essere, nel momento in cui si decide di lasciare spazio anche a teorie più o meno verosimili, spregiudicatamente esagerata (magari insistendo su qualche nome davvero pesante). Il risultato purtroppo non è sufficiente. Neanche il grossolano ma sentito omaggio finale alle vittime di Cosa Nostra, riscatta un lavoro a tesi, utile solo a convincere chi era già convinto da tempo.


Regia: Sabina Guzzanti
Origine: Italia, 2014
Durata: 108′
Distribuzione: BIM

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