La vita è una danza, di Cédric Klapisch

Attraverso una storia di riabilitazione, Klapisch associa il corpo del film alla fisicità della protagonista/ballerina, su cui fa scorrere con mestiere ogni sua riflessione, sia estetica che narrativa

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Una donna e il suo corpo. Bastano questi due elementi a Klapisch per costruire la lunga sequenza di ballo con cui si apre La vita è una danza, e dettare al tempo stesso le regole espressive che caratterizzeranno l’immaginario intero del racconto. In quei primi 15 minuti c’è racchiuso già tutto: un corpo che si muove a ritmo della musica classica, un tradimento d’amore, l’orgoglio spezzato e infine, un corpo ferito, non più adatto a quella danza, che da veicolo per l’arte diventa il primo nemico dell’artista. A sorprendere veramente di questo incipit non è solo l’essenzialità di linguaggio con la quale viene messo in moto il percorso di riabilitazione della ballerina Elise. Ma la facilità con cui Klapisch racconta il trauma corporeo (e sentimentale) della ragazza senza ricorrere ad alcun dialogo. Segno già di per sé di una padronanza stilistica notevole, soprattutto se comparato allo stile comico del cineasta, da sempre dedito a quel “cinema della parola e della quotidianità” in cui si rispecchiano poeticamente le sue narrazioni sin dai tempi di Aria di famiglia e L’appartamento spagnolo.

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Tutto parte, allora, da una caviglia fratturata, che come un evento demiurgico porta Elise (interpretata da Marion Barbeau, prima ballerina dell’Opéra di Parigi) a rimettere in gioco la sua esistenza, costruita interamente su quello stesso sviluppo artistico del corpo che ella è ora impossibilitata a declinare in termini estetici – se non propriamente estatici. Ma le esperienze coltivate nel tempo non le permettono di concepire una possibilità di vita futura lontana dall’ars corporea. Alla pari del Saul Tenser di Crimes of the Future, l’uso del corpo in chiave artistica è sempre stato ciò per cui Elise ha lavorato e sudato, sin da quando la defunta madre l’aveva convinta da bambina ad indossare il tutù come abito e metafora del proprio vestito identitario. Ecco, allora, che in La vita è una danza la riabilitazione del fisico della ballerina deve passare sempre attraverso il movimento corporeo in senso creativo. E nel momento in cui Elise incontra una compagnia di danzatori avanguardisti nella tenuta in Borgogna, non può che ritrovare negli estremismi della loro “contemporaneità stilistica” l’origine del suo stesso processo di riabilitazione, oltre al principio di una “nuova” parabola di vita. In direzione di una traiettoria a metà tra l’adesione ai canoni tradizionali e la loro evoluzione, che continui ad avere nell’espressione artistica il suo vero (e unico) centro nevralgico.

 

In questo senso La vita è una danza non offre un’immagine univoca della corporeità, ma plurima. Al corpo onirico, sinuoso e magico del balletto classico, segue quello fragile e statico della riabilitazione, oltre a quello sciolto, scarico ed energetico della danza contemporanea. Una visione della corporeità triplice che porta Klapisch a sottendere la figura della protagonista/ballerina come “corpo testuale” del racconto, su cui scorrono tanto le riflessioni estetiche quanto le dinamiche narrative di riferimento. Certo, in molti segmenti il film è fin troppo semplicistico nel raccontare il percorso di riabilitazione della ragazza, a cui fa da contralto una romance ancora più approssimativa e superficiale. Ma è impossibile negare la capacità di La vita è una danza di far vivere e respirare il racconto dei codici artistici che strutturano la sua stessa materia narrativa. Una propensione che il titolo originale dell’opera, En corps, rende esplicita sin dalla sua etichetta promozionale. Ma del resto, il sogno di Klapisch sta tutto qui. Nel corpo di un testo che apre le danze sulla classicità di un balletto classico, per calare il sipario sulle note di uno spettacolo d’avanguardia. Da cui prenderanno forma gli orizzonti (corporei) del futuro.

Titolo originale: En corps
Regia: Cédric Klapisch
Interpreti: Marion Barbeau, Pio Marmaï, Denis Podalydès, François Civil, Muriel Robin, Hofesh Schechter, Souhelia Yacoub, Damien Chapelle, Mehdi Baki
Distribuzione: BIM Distribuzione
Durata: 117′
Origine: Francia, Belgio, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
Sending
Il voto dei lettori
3.09 (11 voti)
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