“La vita facile”, di Lucio Pellegrini

la vita facile
Lucio Pellegrini resta a metà del guado, come spesso accade ai nostri autori, mediatori di mestiere, tra la vita facile e la vita agognata. Al recitativo (tutti bravi gli interpreti) s'incaglia ogni tentativo di deriva, e la location africana a disposizione resta una debole e contenuta cartolina turistica. La commedia non è una commedia fino in fondo, è qualcosa che ancora bisogna etichettare. Ma perchè etichettare a tutti i costi?

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pierfrancesco favino ne la vita facile di lucio pellegriniLucio Pellegrini è un autore sicuramente interessante, all'interno del panorama della nuova commedia italiana, che senza dubbio, negli ultimi anni, ha espresso i migliori risultati narrativi e visivi, grazie soprattutto ad alcuni registi, su tutti, Fausto Brizzi, Giovanni Veronesi, Gianni Zanasi. Nel solco della tradizione nostrana, la coppia di amici divisi dalle circostanze della vita ed in mezzo una donna contesa. Tre punti di vista diversi, tre modi di pensare che avrebbero dovuto mescolarsi e sovrapporsi, senza mai perdere il contatto con una certa tendenza drammaturgica, ipotetico “surplus” della storia. Lucio Pellegrini resta a metà del guado, come spesso accade ai nostri autori, mediatori di mestiere, tra la vita facile e la vita agognata. Al recitativo (tutti bravi gli interpreti) s'incaglia ogni tentativo di deriva, e la location africana a disposizione resta una debole e contenuta cartolina turistica. La commedia non è una commedia fino in fondo, è qualcosa che ancora bisogna etichettare. Ma perchè etichettare a tutti i costi? Perchè forse ci piacerebbe abitare la distanza, anche grazie ai nostri registi, che ci raccontano la nostra condizione, caratterizzata dal più ingarbugliato dei paradossi: siamo dentro e fuori, vicini e lontani, abbiamo bisogno di un luogo, di una casa dove stare, ma poi, quando cerchiamo questo luogo, scopriamo il fuori, la distanza, l'alterità. Perennemente alla ricerca di quel (retro)gusto dolceamaro, che tanto avrebbe successo e farebbe annuire anche le menti critiche del nostro cinema. Doleceamaro però probabilmente è un fluido incontrollabile, una macchia piuttosto che un colore, una terribile speranza tra leggerezza e momenti trasognanti. Lucio Pellegrini tralascia in quest'opera la sua capacità di lavorare con la coralità dei suoi elementi e i suoi corpi si evitano anche quando sembrano toccarsi, anche quando sembrano abbandonarsi al destino. Non c'è nessun sasso gettato nello stagno di una realtà immobile che crea onde in espansione sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, i suoi protagonisti. Tutto sembra già compiuto, già scritto, troppo scritto. Oggetti e soggetti che se ne stanno ognuno per contro proprio e quando sono richiamati alla vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro, lo fanno con teatralità destabilizzante, intesa come difficoltà cinematografica a penetrare nelle dinamiche famigliari, districandosi tra i punti ciechi che la vita dissemina. La vita facile qual è? Magari fosse stata quella di uno sguardo mobilitato, attivato o animato: ossia la forza di un riguardo per ciò che si presenta allo sguardo. Il riguardo sta proprio nell'arretramento propizio, nella distanza magica dai corpi, nella veglia su di essi. Si prende cura di ciò che si trova davanti e della maniera in cui si presenta: fallimenti, cadute verso il baratro, apparenti disincanti. Si lascia anche il campo ad un “ritrarsi”, dove la presenza dell'autore è nel riserbo, in uno sguardo voltato verso…

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Regia: Lucio Pellegrini
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Camilla Filippi, Angelo Orlando
Distribuzione: Medusa
Durata: 102’
Origine: Italia, 2011

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