L'addio di Ringo. Ci lascia Giuliano Gemma

giuliano gemma

E' morto ieri sera in un incidente d'auto vicino a Cerveteri, dove abitava. Aveva 75 anni ed è stato uno dei volti più rappresentativi degli 'spaghetti-western' attraversando però anche il cinema di Mario Monicelli, Dario Argento, Luchino Visconti, Damiano Damiani e Valerio Zurlini che con Il deserto dei Tartari gli fece ottenere il David di Donatello

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giuliano gemmaPer noi, il West non era John Wayne e Ombre rosse. Per noi, il West era Ringo, era Giuliano Gemma. E non ci importava niente che lui fosse romano, e che quei film venissero girati in Spagna, da qualche parte tra la polvere e la cartapesta. Quei film venivano dal territorio del sogno. E lì abitava Giuliano Gemma.

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Ora Giuliano Gemma è finito davvero, da qualche parte, nei territori del sogno, dopo un tremendo schianto con la sua auto, ieri sera, vicino a Cerveteri dove abitava.

 

Aveva settantacinque anni. E un volto ancora bello, che ci aveva fatto compagnia per cinquant’anni. Dalla stagione gloriosa del western all’italiana. Giuliano Gemma era alto, bellissimo, forte. Aveva fatto ginnastica, boxe, tuffi, paracadutismo, di tutto. Aveva fatto persino l’acrobata nel circo Togni. Amava il cinema, il suo eroe era Errol Flynn. Iniziò a lavorare nel cinema come stuntman, come cascatore; e poi in piccoli ruoli: nel Ben Hur di William Wyler, il suo nome non è neppure nei credits. Ma c’era. E poco dopo, Duccio Tessari lo scopre, e lo vuole come protagonista in Arrivano i Titani. Luchino Visconti sceglierà il suo volto nobile, il suo portamento perfetto, per un generale garibaldino nel Gattopardo: è il 1963.

 

giuliano gemma in il deserto dei tartariNel 1964, il regista francese Bernard Borderie lo vuole per il ruolo di Nicholas in Angelica, al fianco di Michèle Mercier. Interpreterà quel ruolo anche nel seguito, Angelica alla corte del re. Per i francesi, Gemma è Nicholas, romantico e buono, che muore d’amore per Angelica. Ma il genere che lo consacra divo è lo spaghetti western. Non saranno i film di Sergio Leone: ma quelli – se si vuole, ancora più popolari – firmati da Duccio Tessari, Tonino Valerii, Sergio Corbucci. In alcuni di quei film, prende il nome di Montgomery Wood: altri tempi, bisognava avere un qualche sapore d’America, per sfondare. Ma lui non ne ebbe bisogno. Furono dei successi enormi i suoi film: Una pistola per Ringo, Il ritorno di Ringo, Un dollaro bucato, Per pochi dollari ancora. E Anche gli angeli mangiano fagioli, in coppia con Bud Spencer.

 

Erano anni di cinema pieni, di sigarette fumate da tutti in platea, di grida, risate, applausi. Giuliano Gemma è stato l’eroe di quel cinema lì. Film che somigliavano ad altri film, magari: ma nei quali, a dare quel qualcosa in più, era proprio il volto dell’attore. Il suo. Ma Gemma interpretò anche film più impegnativi, toccò il cinema d’autore con Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini, che gli vale la conquista del David di Donatello.

Lavorò con Pasquale Squitieri ne Il prefetto di ferro e con Damiano Damiani in Un uomo in ginocchio, nel 1979. Dario Argento lo scelse per Tenebre, e Mario Monicelli per Speriamo che sia femmina.

 

Ma forse, la sua presenza da icona western è più forte di tutto il resto: altrimenti, non lo avrebbero scelto per dare il volto a Tex Willer, nel film Tex e il signore degli abissi. In realtà, il disegnatore Aurelio Galeppini si era ispirato a Gary Cooper per creare Tex. Ma era il 1948, e Giuliano Gemma aveva solo dieci anni. Non poteva competere.

 

Dalla fine degli anni Ottanta, molta televisione per lui: tra le altre, la serie Butta la luna e Il Capitano. E anche un po’ di tempo per il suo hobby preferito, diventato quasi una seconda vita: la scultura. Aveva scolpito un Chaplin a grandezza naturale, e un ritratto del suo amico Jon Voight, il papà di Angelina Jolie. Viveva a Cerveteri, con la giornalista Baba Richerme, inviata della Rai per gli spettacoli. Da un precedente matrimonio, aveva due figlie: Giuliana e Vera, che aveva scelto di intraprendere la carriera di attrice, e che ha firmato un documentario su suo padre.

giuliano gemma in tenebreMolti i premi che ha vinto in carriera: quello per la migliore interpretazione maschile al festival del cinema di Montréal, quello come miglior attore al festival di Kàrlovy Vary e la Grolla d’oro a Saint Vincent. Ma il premio più grande è quello che gli ha dato il pubblico, amandolo, rispettandolo, rispecchiandosi in lui per mezzo secolo. Nel 1986, la Presidenza della Repubblica italiana lo ha insignito dell’onorificenza di Cavaliere. Ma la sua popolarità era immensa anche fuori dall’Italia: in Giappone, Gemma era da anni nella top ten degli attori più popolari. Addirittura, la Suzuki aveva lanciato uno scooter con il suo nome, il “Suzuki Gemma”.

 

Lui conservava l’arte preziosa della modestia. Aveva lavorato con tutti: da Kirk Douglas a Liv Ullmann, da Alain Delon a Catherine Deneuve, da Ursula Andress a Claudia Cardinale. E aveva lavorato con Vittorio Gassman, nel Deserto dei tartari. Avevano fatto amicizia, Gassman ex cestista – nazionale di pallacanestro – e Gemma ex atleta di ogni sport. Diceva sempre, Gemma: “Gassman era il più grande di tutti. Io avevo fortuna, perché nei credits nel Deserto dei Tartari c’erano i nomi in ordine alfabetico, e il mio veniva proprio dopo il suo!”. A pieno titolo, oggi, tra i grandi del cinema, il nome di Gemma può stare accanto a quello del suo amico cestista, e degli altri grandissimi.

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    Un commento

    • L'ho saputo da voi in sede a via Botta
      il giorno dopo del tragico evento.
      Per me è stato un GRANDE
      e ci sono rimasto veramente male.

      Ciao a tutti

      Gibbo.