L’altro buio in sala, di Ciro Formisano
La piccola epica della sala cinematografica di un’Italia provinciale, un paesaggio umano e storico-sociale sempre da scoprire, sempre commovente ed emozionante.
Silvano Agosti ci dice che il cinema è malato e Ciro Formisano prova a fare una diagnosi perché si possa approntare una cura. Sembra essere questo il senso de L’altro buio in sala.
Forse, a guardare il film e come sostiene qualcuno degli intervistati, non è il cinema ad essere malato, ma sono i resistenti esercenti, il pubblico appassionato, i frequentatori ad ogni costo ad essere malati di cinema e della sua fruizione in sala.
Ma al di là di ogni altra considerazione sulle patologie di una condizione, il vero punto che L’altro buio in sala sa porre nel giusto rilievo è questa specie di piccola epica della sala cinematografica, un’esperienza che in effetti, sebbene in misura assai ridotta, non è mai finita e continua, nonostante gli ostacoli, le difficoltà, la pandemia, il proliferare dello streaming, della frammentazione e moltiplicazione delle possibilità di visione.
Il cinema e la sua passione travolgono trasversalmente giovani e più anziani e poi d’altra parte il cinema è uguale dappertutto e il colpo ricevuto dalla forzata chiusura dovuta alla pandemia ha falcidiato i piccoli esercenti, mettendone in crisi molti altri, rimettendo in discussione speranze, progetti e testarda volontà di proseguire nella sfida del cinema in sala, magari sottotitolato, contro ogni micro o macro distribuzione in rete affidata alle piattaforme per lo streaming.
Si dibattono in questi problemi e in queste acque discretamente tempestose gli intervistati da Formisano, piccoli gestori, quasi amatoriali, di quel cinema che spesso anche su queste pagine abbiamo chiamato invisibile, di quel cinema spesso negato al pubblico da una distribuzione cannibale, dove il grande sembra debba per forza distruggere il piccolo per conquistare maggiori fette di mercato. Dalla consolidata e riconosciuta Cineteca di Bologna o a alla Cineteca di Milano con i suoi nobili padri fondatori, al piccolo cinema Baretti di Torino o al Verdi sempre nell’area torinese, che sopravvive grazie all’impegno appassionato dei due coniugi che lo gestiscono. Dalle ex sale parrocchiali come il Mignon di Mantova o il Delle Provincie di Roma e il Giometti di Riccione, che riuscì a sopravvivere anche grazie al cinema a luci rosse, al Farnese, che accettò la sfida di un cinema indipendente alla Sala Don Bosco che ospita l’associazione che lavora nel circuito del cinema d’essai. Da Mimmo Calopresti, che insieme ad altri appassionati oggi dà vita al cartellone del Nuovo Cinema Aquila dal passato tempestoso, dal Vittoria di Napoli gestito anche grazie alla passione dall’affabulatore e avvocato De Simone, ai racconti sempre coloriti ed emozionanti di Antonio Capuano, che aggiunge il colore e gli odori all’epica delle sale di terz’ordine. O ancora, il cinema Mexico di Milano con il suo patron Sancassani, che si reputa ancora capace di combattere anche la malattia proprio grazie alla sua sala e ai suoi spettatori affezionati. Ciro Formisano ci porta in giro per un’Italia provinciale, anche quando la provincia la ritroviamo nelle metropoli. L’altro buio in sala sa raccontare questo paesaggio umano e storico-sociale sempre da scoprire, sempre commovente ed emozionante, sa mostrare la resistenza davanti ad un presente ed un futuro incerti. Ma è la resistenza che salva anche questo presente di piccole sale sopravviventi, nemiche dei telefonini, come è accaduto per l’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti che, con la bella metafora dell’uomo di nove metri che compare sullo schermo, ci spiega perché ognuno di noi davanti al cinema torna ed essere un poco bambino.
Regia: Ciro Formisano
Distribuzione: Farocinema
Durata: 94’
Origine: Italia, 2022