"L'amore fatale", di Roger Michell

Quando la fatalità è rivolta alla mimica del pensiero e non a quella del sentimento, l'intensità delle emozioni presto si affievolisce. Intorno all'iride resta l'opacità di un thriller psicologico, in cui rara è la minaccia di un blocco e la conseguente improvvisa espulsione dello sguardo.

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Affrontare la versione cinematografica di un libro di Ian McEwan (Lettera a Berlino, Cortesie per gli ospiti, Il giardino di cemento) è certamente opera in sottrazione complessa perché il narrabile è ben camuffato tra le maglie del racconto scritturale, scenico e filmico. Ancora di più è per questo libro così carico di riferimenti non solo letterari ma anche scientifici e filosofici. Roger Michell, quello di Notting Hill, Ipotesi di reato e The Mother, ha realizzato un thriller psicologico sull'amore, facendo intendere che è questo il cinema che preferisce, tralasciando il registro più propriamente sentimentale. Peccato che il titolo in italiano non consenta pienamente di condensare le tre facce di chi un amore lo ha subito, di chi dell'amore n'è l'origine e di chi n'è la vittima. La partenza adrenalinica di un incidente mortale e fatale, attiva un processo lento e inesorabile, causa di un altro processo dominato dalla difformità e da improvvise accelerazioni. Il senso dell'amore, il mistero della vita, la biologia delle emozioni: esaltazioni di "primi piani", anime del cinema, chiavi di volta del cinema, drammi in presa diretta, bagni di rinforzo. Il regista insiste sui volti scolpiti da Samantha Morton, dura e diretta, tenera ed innamorata, e sulle facce dei protagonisti, per carpire l'essere, motore di prossimità, meccanismo d'intimità. Braccare strettissimo il razionalismo e il romanticismo estremi, inseguirli testa a testa. Non c'è spazio tra i personaggi, lentamente si divorano. Acuità visiva massima che limita e dirige l'attenzione. Ma se la fatalità è rivolta alla mimica del pensiero, l'intensità delle emozioni si affievolisce. La mimica del sentimento è più espansiva, traccia verità evidenti senza motivarle ed è così solo nell'incipit visivo e nel finale tra i campi. Il professore stava per chiedere all'artista di sposarlo (la bottiglia per festeggiare la loro unione resterà tappata sino all'epilogo). Il tragico evento sconvolgerà il loro picnic e le loro esistenze: un uomo muore precipitando da una mongolfiera, staccatasi da terra per errore, e uno dei testimoni s'insinua da quel momento in maniera ossessiva nella coppia, perseguitandola in modo sempre più minaccioso. La scienza rivelatrice è quella dei volti reali e "impressionati", lasciando testimonianze indelebili cui gli uomini sono sottoposti nel corso della propria vita. Ma dagli stessi volti si evade facilmente. Intorno all'iride c'è l'opacità di questo noir psicologico, tema principale "estensionale" che rinsecchisce lo scambio "intensionale": mai si sente la minaccia di un blocco e la conseguente improvvisa espulsione del nostro sguardo dallo spazio organizzato e sensato del testo verso lo spazio disperso e nero del contesto.

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Titolo originale: Enduring Love


Regia: Roger Michell


Interpreti: Daniel Craig, Rhys Ifans, Samantha Morton, Bill Nighy, Susan Linch, Lee Steward, Rosie Michell


Distribuzione: Mikado


Durata: 100'


Origine: Gran Bretagna, 2004

 

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