LAN – Gate: gli e-sports, la legge e la cultura del gaming

Dopo un esposto, alcuni modi di intendere il gaming hanno rischiato di diventare fuorilegge. Si chiede la regolamentazione di un settore e tuttavia manca il desiderio di dialogare davvero con esso

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È un po’ come se, un certo tipo d’Italia, quella della tradizione imprenditoriale, del valore, tutto analogico (ancora), del denaro, si fosse svegliata improvvisamente nel 2022.

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Tutto inizia, a fine aprile, da un esposto che Sergio Milesi firma contro le sale Lan, sale, in cui il pubblico può usufruire di pc e console per giocare in multiplayer, in locale oppure online. Milesi è amministratore delegato della società LED srl e opera nel settore dell’intrattenimento. Ma la LED si occupa sale slot, sale biliardo, bowling, spazi agli antipodi rispetto a quelli del gaming e, soprattutto, di quegli e-sports. L’esposto di Milesi lamenta un vuoto normativo che ha permesso alle sale LAN di proliferare, finora, senza una vera legislazione. Non si capacita, l’imprenditore, di come, si legge nell’esposto, “la presenza di attrezzature come quelle sopra menzionate in locali aperti al pubblico e con il pagamento da parte dei clienti di un costo per l’utilizzo di tali attrezzature, siano un’elusione delle normative vigenti” e chiede che tali apparecchiature vengano sottosposte alle stesse regole e controlli a cui sottostanno le slot machines o i video poker per contrastare il gioco d’azzardo, a maggior ragione che, dice, a operare su tali macchine, sono anche minori.

gaming

Le conseguenze dell’esposto di Milesi sono state immediate, l’Agenzia delle Accise e dei Monopoli (ADM) ha impugnato il documento e ha messo i sigilli ad alcune delle maggiori sale LAN italiane già alla fine di aprile, in attesa dei dovuti controlli. Ma a spaventare di più la vastissima community del gaming è, ovviamente, il paesaggio desolante che rischia di aprirsi di fronte ai loro occhi nel caso i provvedimenti dell’ADM andassero a pieno regime. Il rischio è infatti di dire addio non solo alle postazioni di test delle console nei centri commerciali, ma anche agli eventi centrali di alcune fiere dedicate al gaming, che spesso sono teatro di tornei tra i giocatori più importanti di FPS, RTS o giochi sportivi. Il danno maggiore, è evidente, verrebbe inflitto infatti proprio alla dimensione dell’esport, forse la realtà più “ai margini con l’illegale” in questa chiave di lettura normativa, che proprio nei suoi eventi più popolari vede centinaia di players confrontarsi in LAN ma che, al contempo, è sempre più uno dei motori culturali del presente, a tal punto non soltanto da ricevere costanti endorsement da sportivi come Valentino Rossi o Charles Leclerc ma anche di essere vicinissima al confrontarsi con contesti sempre più “canonici” come le Olimpiadi.

Le reazioni all’esposto di Ermini non sono tardate ad arrivare. Tra le molte, sparse tra politici, youtuber, streamers che, ovviamente, hanno voluto far sentire la loro voce proprio perché si sono sentiti tirati in causa, spicca quella dei fratelli Cicolari, titolari dell’Esports Palace di Bergamo, realtà tra le più floride del gaming in Lombardia.

Con un video pubblicato il 29 aprile sulla loro pagina Instagram, i gestori pongono l’accento su uno degli elementi più spigolosi di tutta questa storia. Alessio Cicolari descrive infatti il confronto con gli ispettori dei Monopoli e gli attimi del sequestro delle loro postazioni in modo grottesco: “non ho potuto fare a meno di notare una scarsa preparazione sul settore, da parte degli ispettori – dice il titolare – chiedevano informazioni sui giochi, su come ci si collegava online, come si gioca”.

 

 

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Il punto, è in effetti, proprio qui, in un paese bloccato dalla burocrazia ed in una Società incapace di stare al passo, di comprendere il progresso non solo nella dimensione del profitto ma anche e soprattutto in rapporto alle sue ricadute nel contesto culturale.

Non serve neanche riflettere sulle motivazioni contraddittorie dell’esposto, nutrito, forse, anche da un desiderio di rivalsa dell’intrattenimento analogico nei confronti di quello digitale, dal timore di una qualche concorrenza sleale dell’e-sport verso le sale slot, piagate, come dice Milesi, da regole stringenti e tasse onerose che le sale LAN non devono subire, malgrado l’uso di attrezzatura simile, poiché si tratta una motivazione che fatica a stare in piedi: è rarissimo che un gamer entri in una sala giochi tradizionale, scrive a questo proposito il blogger GIOXX.

Più interessante è invece soffermarsi sulle falle, sui passaggi a vuoto di un dialogo con uno spazio nuovo che fatica a innescarsi. Una delle ambiguità più importanti in questo senso è quella dell’aggiornamento continuo: è impossibile, in effetti, regolamentare, fissare in maniera legislativa, il comportamento di una macchina che, in realtà, può modificare il suo agire con una semplice patch, passaggio obbligato per la stessa sopravvivenza della macchina, che altrimenti rischierebbe non soltanto di non funzionare più al massimo del potenziale ma anche di non essere appetibile per i giocatori.

Sempre legatissimo al fondamentale ruolo del pubblico ma molto più pragmatico c’è il rischioso iter della burocrazia.

Il mercato del gaming e la legge italiana vanno, ovviamente, a due velocità distinte, a tal punto che non sarebbe troppo assurdo immaginare un prossimo futuro, in cui, EA pubblicherà l’ultimo Battlefield ma i lavori di regolamentazione dei Monopoli saranno così indietro che le sale LAN e le manifestazioni del settore saranno autorizzate a montare postazioni in cui sarà possibile giocare solo ad un capitolo del franchise vecchio di anni, a cui, per assurdo, i gamer professionisti non saranno più abituati a giocare. A quel punto, forse, per dirla con l’avvocato/Youtuber Francesco Catania, meglio cedere alla nostalgia, meglio “giocare a Sensible Soccer quando il resto del mondo gioca a FIFA“.

 

Discorso a parte e che, tuttavia, racconta con maggiore evidenza quanto ci sia ancora da fare per approcciare il gaming e l’e-sport in modo consapevole in Italia è proprio il rapporto che questi spazi hanno con il gioco d’azzardo. Se già, come si è detto, Milesi vuole leggere e regolamentare un contesto nuovo con strumenti vecchi, colpisce quanto anche coloro che vogliono difendere le sale LAN e gli esports dalla longa manus dei Monopoli cadano in un pericoloso equivoco.

Stefano Sbordoni, consulente del comitato promotore Esport del CONI non ha avuto infatti esitazioni nell’affermare che “gli e-sports non sono giochi d’azzardo e, anzi, confondere un’attività sportiva con un’attività di gioco con vincita in denaro mi sembra abbastanza borderline”. È certamente vero ma va considerato come anche il gaming online, certo lontano da un esport estremamente regolamentato, rischi di dare vita a nuove forme di gioco d’azzardo (pensiamo alle cosiddette “microtransazioni”), come può capitare, ad esempio, con giochi che più o meno apertamente incoraggiano l’acquisto reale di pacchetti di contenuti di diverso valore che però vengono rilasciati al giocatore in modo totalmente randomico, incoraggiando, di fatto, il player a ritentare finché il risultato non lo soddisferà.

Rimane, ovviamente, uno spunto marginale all’interno di questo discorso, ma è il segnale più forte di quanto, a mancare, in Italia, prima di una legislazione efficace sugli esports siano veri e propri discorsi sull’esport stesso, che ne riflettano la complessità e le sfumature.

Ma, forse, la polvere alzata da questa disputa tra Reale e digitale può essere l’inizio di un confronto proficuo, può portare davvero certe realtà italiane verso un Presente, una contemporaneità, il cui incedere è comunque inevitabile. Non è un caso che sia Milesi che l’ADM abbiano frettolosamente compiuto degli evidenti dietrofront dopo i rispettivi exploit iniziali. I Monopoli hanno infatti precisato, nei giorni scorsi, che gli eventi sociali legati al gaming (tra fiere e manifestazioni di settore) non sono a rischio e che, di tutte le realtà imprenditoriali attenzionate, appena tre sale LAN sono state chiuse; al contempo, Milesi e i fratelli Cicolini hanno avuto modo di confrontarsi telefonicamente ed è lo stesso imprenditore a definire le conclusioni a cui gli interlocutori sono arrivati come “inaspettate”. La speranza è che la sorpresa degli interlocutori sia legata, ovviamente, alla consapevolezza che il vero centro di ogni discorso sul gaming è posto molto più in profondità di quanto abbiano creduto finora. In attesa di ulteriori sviluppi, fa piacere attestare un primo spunto verso un approccio più consapevole alla sfera del gaming: è infatti notizia di ieri che, durante l’interrogazione parlamentare organizzata per dirimere la questione, Federico Freni, sottosegretario del Ministero Economia e Finanza, ha affermato che il governo valuterà tutte le iniziative per “garantire in tempi ragionevoli un’efficace e stabile regolamentazione del settore, riconoscendogli autonoma rilevanza, anche valutando, di concerto con il Coni l’istituzione di una Federazione che sovraintenda all’organizzazione del gaming sportivo competitivo”. Non la soluzione di tutti i problemi, dunque, ma, almeno, uno spiraglio.

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