L’ANAC risponde alla proposta di Pupi Avati su un ministero per il cinema

In una lettera l’associazione degli autori si è espressa in merito alla proposta del regista, ragionando su questioni come l’attuale tax credit e le normative sull’uscita dei film in piattaforma

-----------------------------------------------------------------
OPEN DAY OPERATIVO: A scuola di cinema, a Roma 3/4 maggio (iscrizione gratuita)

-------------------------------------------------

Fundraising per l’audiovisivo: Corso online dal 14 aprile

-----------------------------------------------------------------
Produzione e Distribuzione Cinema: due corsi dal 6 maggio

-------------------------------------------------

Da qualche giorno circola una proposta riguardo il futuro dell’audiovisivo che sta animando diversi confronti e dibattiti lungo il sentiero tra cinema e politica. Si tratta dell’idea di Pupi Avati, espressa in un’intervista sul Corriere della Sera del 6 febbraio – di creare un ministero ad hoc per il cinema, a favore di un trattamento più specifico dell’economia del settore audiovisivo.

La proposta non è certo originale – ha commentato lo stesso regista – ne aveva parlato già Alberto Ronchey, che è stato ministro dei Beni culturali nei governi Amato e Ciampi, all’inizio degli anni Novanta, quando il nostro cinema andava a mille. Oggi invece la situazione dei film è ferma, non si lavora. Se prima cercavi un macchinista, avevi difficoltà a trovarlo; oggi ne trovi a centinaia“.

L’appello di Avati non è caduto nel vuoto, anzi ha subito raccolto il favore di colleghi come Marco Tullio Giordana, Giuseppe Tornatore e Daniele Luchetti, totalmente concordi con la proposta di un Ministero per Cinema, Audiovisivo e Digitale che vedrebbe le arti visive interconnesse con le culture di internet. Il cinema, sembra dire Avati, non è un bene culturale canonico, ma un’invenzione del futuro che muta di continuo le sue forme. “Bisogna smettere di mescolare Uffizi e Netflix” ha spiegato a chiare lettere l’autore bolognese.

A guardare con interesse la proposta sono stati anche alcuni vertici della politica come il Ministro della Cultura Alessandro Giuli e il Ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, che ha discusso della questione sul suo profilo X.

Nel frattempo, però, l’appello di Avati ha trovato un primo autorevole riscontro da parte degli autori di ANAC (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) che si sono espressi in una lettera affidata a Repubblica.

L’associazione ha esaminato le difficoltà ai tempi del recente tax credit messe in luce da Avati, per poi auspicare a una riattivazione del tax credit esterno: un credito d’imposta che ridurrebbe le tasse per le produzioni straniere in Italia, con lo Stato che non dovrebbe affrontare alcun costo diretto.

Ma l’elemento di maggior interesse della lettera ANAC risiede nella riflessione sulla proposta del regista di seguire il modello francese del Centre national du cinéma et de l’image animée. Un organismo che in Italia agirebbe come un’istituzione autonoma svincolata dalle nomine dei ministri.

Il Centre national appare un esempio ispiratore anche in virtù della frequentazione in sala del pubblico transalpino nel 2024: ben 180 milioni di spettatori, appena sotto i suoi livelli pre-pandemici, e più del doppio dei numeri in Italia (69 milioni di spettatori). Un tema, questo, inestricabile dal discorso sull’uscita di un film in piattaforma, che in Francia viene permesso solo dopo 15 mesi dall’arrivo al cinema.

Il mancato recupero dei livelli di frequentazione della sala che avevamo prima della pandemia – scrivono gli autori dell’ANAC – dipende in parte anche dalla riduzione della durata delle finestre a 90 giorni. Infatti, se uno spettatore è consapevole che potrà vedere Parthenope di Sorrentino su Netflix dopo solo tre mesi dall’uscita nelle sale ad un costo irrisorio perché dovrebbe andare al cinema spendendo 9 euro? Inspiegabilmente, oltretutto, la regola vale solo per i film italiani, perché un blockbuster made in Usa può essere diffuso in contemporanea in sala e su una piattaforma, eliminando ogni beneficio per l’esercizio nazionale”.

La lettera dell’ANAC sembra criticare le misure statali sull’audiovisivo – spesso confuse e fin troppo generiche – tanto da accordarsi a Pupi Avati, se non nella proposta di un Ministero del Cinema, in quella di un Centro Nazionale autonomo sul modello francese sicuramente sì. È questa la strada sperata per una ripresa.


STUDIA CINEMA CON SENTIERI SELVAGGI!


    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative