L’appuntamento, di Teona Strugar Mitevska

Da una storia vera, un film stratificato ambientato interamente all’interno di un grande palazzo di una Sarajevo ricostruita dalle macerie che conferma il talento della regista macedone.

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Asja è una donna di Sarajevo. Ha 40 anni, è single e, all’evento di un’agenzia che organizza appuntamenti al buio, incontra Zoran, un quarantatreenne dallo sguardo disperato e dall’aspetto nervoso. L’uomo infatti non è lì per trovare l’amore ma per cercare perdono: nel 1993, durante l’assedio di Sarajevo, sparava sulla città bombardata e oggi, grazie ad una ricerca su internet, riesce a rintracciare Asja, la prima persona che ha colpito durante la guerra, quando entrambi erano poco più che adolescenti.

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Tratto da una storia vera L’appuntamento, firmato dalla regista macedone Teona Strugar Mitevska, si svolge interamente all’interno di un grande palazzo di una Sarajevo ricostruita dalle macerie, al cui interno l’agenzia d’incontri organizza giochi e attività per chi vuole trovare l’amore. È una regista talentuosa la Mitevska, sempre attenta ad ogni dettaglio della messa in scena, ma soprattutto capace di restituire un film incredibilmente stratificato, in cui il racconto della guerra e del passato traumatico di un Paese riempie l’aria ancor prima di emergere con la rivelazione di Zoran, e colora gli interni e gli esterni come fosse un mood, un’atmosfera che soggiace al fondo di ogni volto e storia e che non di meno non può non risalire a galla in ogni suono dell’ambiente circostante, in un piatto che si rompe all’improvviso per colpa di un cameriere distratto o nello sbattere di una porta.

La tensione sale costantemente fra Asja e Zoran, i ricordi e l’orrore della guerra avvampano insieme alla rabbia di lei, e questo succede in un luogo inaspettato, in una stanza dove degli sconosciuti si incontrano e cercano un legame che i due protagonisti trovano in un lontano Capodanno del 1993, dove un giovane Zoran sparando ha mandato in coma la sua coetanea Asja. Ed è sulla questione dell’età che la Mitevska aggiunge un altro fondamentale tassello narrativo al suo racconto, un discorso che emerge da una splendida sequenza di ballo in cui Asja, circondata da giovani che la guerra non l’hanno conosciuta ma solo ereditata, si libera di quello che ha dentro e si avvia, in un certo senso verso il perdono. Ed è qui che si apre la riflessione sulle generazioni che inesorabilmente si susseguono, e che ereditano i traumi di un Paese ma al contempo sono lanciate verso l’avanti, verso un futuro “vuoto”, che proprio per questo può essere riempito di altro, ricostruito. D’altronde è sullo stacco fra il futuro e il passato che abbiamo alle spalle, colmo di orrore ma anche di tradizioni e bagagli culturali e sociali da distruggere, che la Mitevska ragiona da sempre e a fondo: basti pensare a Dio è donna e si chiama Petrunya, dove per tradizione Petrunya in quanto donna non può pescare il crocifisso  o anche al maschilismo introiettato in When the Day Had No Name. Un ragionamento fondamentale su ciò che ereditiamo e che necessariamente dobbiamo combattere, anche e soprattutto raccontandolo cinematograficamente.

 

Titolo originale: Najsrekjniot chovek na svetot
Titolo internazionale: The Happiest Man in the World
Regia: Teona Strugar Mitevska
Interpreti: Jelena Kordic Kuret, Adnan Omerovic, Labina Mitevska, Ana Kostovska, Ksenija Marinkovic, Izudin Bajrovic, Irma Alimanovic, Vedrana Bozinovic, Mona Muratovic, Nikolina Kujaca, Sinisa Vidovic
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 100′
Origine: Macedonia del Nord, Danimarca, Belgio, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
3.14 (7 voti)
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