L'arte della felicità – Incontro con Alessandro Rak e il cast tecnico

l'arte della felicità
Il giovane regista napoletano Alessandro Rak ha presentato la sua opera prima L'arte della felicità, già passata con successo alla 70a edizione del Festival di Venezia all'interno della Settimana della Critica. Si è sottolineato il lavoro dei giovani artisti e tecnici e il buon risultato nonostante un budget non elevato.

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l'arte della felicitàIl giovane regista napoletano Alessandro Rak ha presentato la sua opera prima L'arte della felicità, già passata con successo alla 70a edizione del Festival di Venezia all'interno della settimana della critica.

Protagonista del film è il tassista Sergio che ha voltato le spalle alla musica e si è perso nel limbo della sua città: Napoli. All'interno della sua auto diversi passeggeri, al pari di anime e ricordi, gli permettono di pensare al senso della (sua) vita e al rapporto con il fratello.

Il film è una prova importante di come sia possibile realizzare con poche risorse un film d'animazione, per cui le spese sono molto più elevate rispetto al cinema in senso classico.

Presenti in sala anche il produttore Luciano Stella e alcuni esponenti del cast tecnico: Ivan Cappiello (aiuto regista e responsabile 3D), Marino Guarnieri (aiuto regista e animazione 2D), Dario Sansone (aiuto regista e storyboard), Jun Ichikawa (voce di Antonia) e Antonin Stahly (musiche, tra gli altri), Antonio Fresa (produzione e musiche originali).

 

 

Qual è stato il lavoro dei doppiatori?

 

Alessandro Rak: I doppiatori hanno fatto un lavoro fondamentale perchè hanno doppiato i personaggi prima della realizzazione dell'animazione e quindi hanno ispirato gli animatori. Il loro sforzo immaginativo è servito al configurarsi dei personaggi.

 

 

Com'è stato il lavoro di animazione?

 

Alessandro Rak: C'è stato un lavoro di costruzione di oggetti in 3D per supportare poi bidimensionalità: sono stati costruiti modelli virtuali che rispettano la tridimensionalità geometrica, però il film in linea di massima è in 2D, dove sono importanti il segno e il disegno. In alcune scene più difficili emerge di più il 3D.

 

 

Le musiche?

 

Alessandro Rak:  Per le musiche sono stati coinvolti tutti musicisti della scena partenopea. Abbiamo dato grande importanza alla musica anche perchè il protagonista è un ex musicista.

 

 

A Venezia e a Roma sono stati premiati due documentari, è ancora troppo presto per l'animazione?

 

Alessandro Rak: Non sono un giurato. Ogni lavoro è frutto di contenuti, non penso vada considerata la  forma in quanto tale ma come questa si adegua a contenuto. Non mi piace vedere una netta distinzione tra ambiti, ogni film è diverso da tutti gli altri.

Luciano Stella: In Italia c'è un problema con l'animazione, si fanno pochi film. Invece è un linguaggio interessante in tutto il mondo. Gli investitori privati ci hanno aiutato. C'è un problema di pubblico e di critica, esclusi appassionati. Noi abbiamo rotto confini sull'animazione in quanto tale e sulla possibilità di fare animazione: con pochi soldi per noi è stato possibile realizzare il film. I mezzi limitati della crisi ci hanno permesso di creare maggiori opportunità per l'opera stimolando l'ingegno.

 

 

Come mai i tratti del protagonista sonno più abbozzati rispetto alle scenografie più curate?

 

Alessandro Rak: Nell'animazione i personaggi sempre meno definito perchè in continuo movimento: meno linee portano con sè e più facile è terminare la scena. La scenografia fissa si va una sola volta sola, per questo è portatrice di ricchezza.

 

 

Qual è stato il budget?

 

Luciano Stella: il budget di Pinocchio è stato circa 7 milioni, quello di Valzer con Bashir 2 milioni e mezzo di dollari, quello di Persepolis 4 milioni e mezzo euro. Il nostro film è costato meno di 800 mila euro, e le forme di animazione sono anche più fluide di quelle di Valzer con Bashir, parlando solo di un fatto di materialità tecnica ovviamente. la realizzazione è durata 20 mesi, noi siamo stati bravi a trasformare i limiti in qualità.

Napoli c'entra nella storia e nella modalità di approccio, la cosa buona è che siamo riusciti a governare budget. I nostri artisti e tecnici sono tutti giovanissimi, l'età media è tra i 25 e i 34 anni. Inoltre per la realizzazione abbiamo usato un software che non era mai stato utilizzato per realizzare un lungometraggio, cioè Anime studio pro.

La crisi è un'opportunità, può aprire spazi di linguaggio innovativi.

 

 

Perchè è tanto presente il turpiloquio? E' una scelta o una mancanza di equlibrio?

 

Alessandro Rak: Ogni scelta è stata fatta seguendo una misura problematica tecnica, economica e artistica  per cercare una conciliazione. Il turpiloquio era inevitabile, legato al personaggio, doveva parlare tanto altrimenti non si poteva mettere in piedi l'idea produttiva. Parlare risolve il fatto che costa raccontare tutto per immagini. Ma non l'abbiamo visto come un ostacolo, l'abbiamo sfruttato. È un film legato all’ anima e alle sensazioni, le parole sono più sconnesse, con queste si vuole deviare rispetto al discorso su anima. È una superficie di errori e opinioni sbagliate che però nasconde magma che cerca di emergere in modo assennato. Magma del personaggio e della città.

 

 

Quanto l'aspetto religioso è stato indispensabile per parlare del tema della felicità?

 

Alessandro Rak: Esiste da nove anni a Napoli una rassegna che si chiama 'arte della felicità', che ci ha ispirati per questo film. ma questa espressione è stata usata dal Dalai Lama. Arte e felicità sono parole che messe insieme aprono un mondo di esplorazione. Si cerca di lavorare a film in modo umile da un lato. Inizialmente il doveva essere docucartoon, idea era di riguardare i materiali di questa rassegna. Alla manifestazione c'erano anche persone con un ruolo religioso importante. A me e Luciano interessava non la religione ma la spiritualità, perchè è un ambito di esplorazione che appartiene a tutti a differenza della religione. Ci premeva esplorarono. L'urgenza spiritualità viene dall'anima. Se può sembrare che ci siamo contraddizioni oppure contaminazioni è perchè il cinema è la possibilità di leggere nelle contraddizioni una propria opinione. Nessuno di noi rispetto a questi argomenti ha la presupponenza di credere a una sola linea universale ma ci piace farle convivere in una mitopoetica che viene dal confronto tra religioni e culture.

 

 

In quante copie uscirà il film?

 

Luciano Stella: in 30 copie dal 21 novembre

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