L’attacco dei giganti – Il film. Parte 2 – Le ali della libertà, di Tetsuro Araki
Se il primo film della saga ha anticipato l’antieroismo del suo protagonista-profeta, qui conta solo l’esplorazione della mitologia di Attack on Titan. Anche al costo di sacrificare tutto il resto

La mitologia di Attack on Titan, prima che la stagione inaugurale della serie animata entrasse nel suo secondo ciclo di episodi, è sempre stata osservata attraverso un binocolo. Il mondo esterno, quello popolato da figure gargantuesche apparentemente prive di umanità, è rimasto a lungo un’incognita, un elemento intrinsecamente inconoscibile per coloro che hanno vissuto per cento anni all’interno di colossali – e soffocanti – mura, e che solo adesso promette di essere (almeno in parte) decodificato. Ed è proprio in questo momento che i protagonisti di L’attacco dei giganti – il film. Parte 2 – Le ali della libertà, spinti dalla necessità di afferrare le verità che sono state loro nascoste da ignoti per motivi altrettanto indecifrabili, iniziano ad abbattere quel limite fisico rappresentato dalle cinta murarie del Wall Maria: consentendo così alla narrazione di fregiarsi di uno spirito apertamente mitopoietico. Atto a rivelare, per la prima volta alle ignare pedine di macchinazioni impenetrabili, il vero senso “politico” della condizione in cui si trovano, sin dalla loro nascita, ad agire, e in cui rischiano costantemente di rinunciare alla loro stessa singolarità di esseri umani.
Rispetto al primo dei film riassuntivi dell’epopea fumettistica creata da Hajime Isayama, dove il focus era tutto posto sulla fondazione del cammino messianico di Eren, qui il racconto si apre finalmente all’esplorazione del mito di Attack on Titan, e quindi delle fondamenta (politiche, sociali e anche scenografiche) di un mondo incuneato nell’abisso di morte e dolore. E se l’incipit di L’attacco dei giganti – il film. Parte 2 – Le ali della libertà ragiona – guarda caso – sul ruolo narrativo (e semantico) di cui gode il protagonista all’interno della narrazione e della schiera dei sopravvissuti alla calamità dei titani, messo appunto in discussione dal tribunale militare a causa della sua (nefasta? Salvifica?) capacità di trasformarsi in un essere colossale – e che verrà svelato solo nel capitolo conclusivo della saga – il prosieguo del lungometraggio è completamente votato alla spedizione oltre le mura di Eren e dell’Armata Ricognitiva: necessaria per recuperare dei documenti ubicati nel seminterrato della (ormai distrutta) casa del protagonista, il cui possesso permetterà all’intero genere umano di apprendere le verità sui giganti, e sugli eventi storici che hanno portato gli esponenti dell’umanità a (soprav)vivere alla stregua di prigionieri.
Ciò che consente a questo secondo film di rimontaggio di trascendere lo stigma di cui si fanno naturalmente carico queste “operazioni riassuntive” sta proprio nello spirito mitopoietico che ne attraversa le immagini: anche perché il superamento del confine, con il conseguente approdo dei protagonisti in terre fino ad allora inesplorate, non solo consente al racconto di rivelare, almeno in parte, il mondo oltre le mura; ma viene raccontato nei termini di uno shock culturale e politico, tanto che le cinta murarie – ora ricostruite da Eren e compagni dopo lo scontro con il mefistofelico Gigante Femmina – segnalano un fenomeno traumatico che va al di là del mero segno fisico. Tanto che il “limite”, una volta superato, porta questo L’attacco dei giganti – il film. Parte 2 – Le ali della libertà a prefigurare le macchinazioni politiche che hanno fondato quell’enorme Vaso di Pandora in cui si muovono i personaggi, e di cui è stato appena infranto il coperchio. Ma mentre, occorre dirlo, tale afflato mitologico è preservato dal racconto, è pur vero che la particolare struttura di questo lungometraggio, tutto focalizzato sulla missione esplorativa e sulla battaglia con il gigante appena citato, porta gli spettatori a rimanere anestetizzati dal prolungamento eccessivo di tale confronto: a cui gli autori, dati i “tagli” che hanno dovuto operare, non hanno affiancato dei veri momenti riflessivi, necessari per donare un momento di stasi alle dinamiche estatiche dell’action.
Titolo originale: Gekijouban Shingeki no Kyojin Kôhen: Jiyû no tsubasa
Regia: Tetsuro Araki
Voci: Yuki Kaji, Yui Ishikawa, Marina Inoue, Hiro Shimono, Yoshimasa Hosoya, Yu Kobayashi, Yu Shimamura, Ryota Osaka, Shiori Mikami, Tomohisa Hashizume, Saki Fujita, Hiroshi Kamiya, Daisuke Ono, Romi Park, Kisho Taniyama, Susumu Chiba, Kozo Mito
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 120′
Origine: Giappone, 2015