Laura Pausini: piacere di conoscerti, di Ivan Cotroneo

Cotroneo racconta le vite possibili della cantante in una sorta di Sliding Doors, in cui documentario e finzione si alternano per rivelare la persona dietro il personaggio pubblico. Su Prime Video

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Per chi era adolescente negli anni Novanta, Laura Pausini era un corpo anomalo: al cospetto dell’ondata grunge capitanata dai Nirvana da una parte – il 1993 era l’anno di In utero (!) – e dal rock inglese e dal Britpop dall’altra (sempre quell’anno esplodevano i Radiohead con Pablo Honey e i Blur di Modern life is rubbish), la diciottenne di Solarolo dalle zeta dolci era l’ultima frangia resistente di un bel canto nazional popolare da cui fuggire il più lontano possibile.
Il bonario paternalismo di Pippo Baudo, le coccole di Lorella Cuccarini, il blazer marinaro dallo strategico taglio copri-fianchi, versione fashion della felpa annodata sui jeans, non potevano certo competere con l’appeal di un Kurt Cobain o di un Damon Albarn (non possono neanche ora…) ma rivedere la premiazione di quel Sanremo, che davvero, in era pre-social, permetteva di passare dall’anonimato alla fama nell’arco di una notte, restituisce la tenerezza di un periodo che sembrava moderno e appare oggi innocente e incontaminato.

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Ivan Cotroneo si concentra su quel momento cruciale, che ritornerà più di una volta in questo Piacere di conoscerti, bizzarro ma accattivante esperimento tra documentario e opera di finzione, con l’obiettivo di rivelare la persona dietro il personaggio pubblico.

Il film, in realtà, prende le mosse da un’altra nottata cruciale nella vita e nella carriera di Laura Pausini: quella della vittoria per la Miglior canzone originale (con Io sì – Seen, dal film La vita davanti a sé) agli ultimi Golden Globes. L’attesa in studio di registrazione con famiglia e team, l’ansia della diretta e poi la gioia incontenibile al momento della proclamazione. L’America benedice ancora una volta la cantante, mentre l’Italia, tutto sommato, la bolla ancora come quella de La solitudine.
Il viaggio di Cotroneo accanto alla Pausini – perdonate l’articolo davanti al cognome ma nessuno che sia cresciuto negli anni Novanta, quando era ovunque LA Pausini, potrebbe nominarla senza, consideriamolo un reperto storico – parte dall’ultima e più blasonata consacrazione, per risalire a ritroso al Sanremo del 1993 e immaginare da lì una sorta di Sliding doors, come l’omonima commedia sentimentale con Gwyneth Paltrow, sempre per restare in tema 90s. Quali sarebbero state le porte scorrevoli nella vita di Laura Pausini? Cotroneo e la stessa cantante ce lo spiegano di continuo, come se avessimo sei anni, direbbe il Denzel Washington di Philadelphia. Cosa sarebbe accaduto se non fosse arrivata la vittoria a Sanremo e la ragazza avesse dovuto far ritorno al pianobar di Fidenza con il babbo Fabrizio?

Il film a questo punto si sdoppia apertamente tra documentario e fiction: da un lato il lavoro sul repertorio, con frammenti di live, backstage e passaggi televisivi che restituiscono per la prima volta il portato di una carriera impressionante, almeno per numeri e premi; dall’altro, il racconto del quotidiano della Pausini, la villa romana, la routine familiare col marito Paolo Carta e la figlia Paola e, infine, quello dell’altra vita, accarezzata ma incompiuta. L’ultima diva della canzone italiana si immagina nei panni di una ceramista di provincia, con un figlio preadolescente incollato allo smartphone, ma sempre rapita dalla musica, attività che porta avanti facendo pianobar nel ristorante di alcune amiche, che il calo di presenze da pandemia ha messo a rischio chiusura.
Allora sarà proprio Laura a immaginare un concerto-evento (a tema anni 90, sarà un caso?) per saldare i debiti e salvare l’attività: il gancio con il live di sole donne Amiche per l’Abruzzo è evidente e le due esistenze parallele trovano modo di riabbracciarsi.

Le due anime del film dialogano tra loro coi felici tagli e contrappunti di Chiara Dainese e l’inconfondibile tocco di Ilaria Fraioli, una delle montatrici più straordinarie del nostro cinema, capace di rendere fluidi i passaggi tra la vita da copertina e quella della provincia romagnola, ma soprattutto di spettinare il racconto agiografico su cui grava la presenza in sceneggiatura della stessa cantante, sempre molto consapevole dell’immagine di sé da comunicare al pubblico.

Del resto, come sempre accade per questo tipo di prodotti, è tra le pieghe della narrazione ufficiale che risiede il vero interesse: al di là dei messaggi edificanti che Pausini – qui senza articolo, al presente – vuol dare, come la difficoltà dell’essere madre tra il senso di colpa per un lavoro fagocitante e la responsabilità di non costituire un modello ingombrante per la figlia, insegnandole anche l’importanza del fallimento (questa la morale della mancata vittoria agli Oscar), Piacere di conoscerti ricalca il modello di Gaga Five Foot Two. Anche qui, come accadeva nel ritratto di Lady Gaga-Stefani Germanotta, si sancisce l’impossibilità di un’emozione non ricostruita. Non c’è differenza tra gli home-movie da famiglia normale e la finzione della Laura ceramista e cantante di piano bar. La verità, semmai, è affidata alla forza sempre più centrale, del found footage. Come fossimo in un episodio di Archive 81, la persona dietro al personaggio appare per pochi attimi, nelle interviste ancora incerte dei primi Novanta, cosparse di “ciò”, o sul palco da madeleine generazionale del Festivalbar, che ci proiettano in un mondo pre-digitale dal punto di vista ancora univoco.

 

Regia: Ivan Cotroneo
Interprete: Laura Pausini
Distribuzione: Prme Video
Durata: 90′
Origine: Italia, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
3.2 (5 voti)
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