"L'avvocato De Gregorio", di Pasquale Squitieri

Il percorso dell'opera di Squitieri non avviene mai da un vero set all’altro, ma sempre in preda ad una sorta di facile sonnambulismo, scandito dai rintocchi automatici di uno sguardo che non riesce mai a liberarsi da nessun schema preconcetto.

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Stiamo ri-precipitando nelle acque melmose del cinema di denuncia. Quando una serie di indizi sconfortanti si sommano in modo preciso e inequivocabile, c’è poco da fare. I conti tornano in modo sistematico, lucido, sconfortante. Trent’anni fa il nostro cinema pullulava dei film contro (?) di Rosi/ Vancini/ Petri/ Squitieri, dunque nessuna sorpresa. Semmai un po’ di rammarico, quello concedetecelo, per un certo cinema che sta tornando in auge, con la benedizione di parecchi addetti ai lavori e non. Ed ecco allora il redidivo Squitieri, il suo cinema a tesi, la sua prosopopea aggressiva e qualunquista. Quella con cui racconta la vicenda dell’avvocato del titolo, caduto in disgrazia in seguito a problemi avuti con la giustizia (per aiutare il figlio malato, ha truffato un uomo) e poi pronto a risorgere dalla sue ceneri, grazie alla possibilità di redenzione che gli offe il caso di una donna il cui marito è morto in seguito ad uno strano incidente sul lavoro. Squitieri segue il suo protagonista prima nell’inferno della periferia degradata (quella di Napoli), poi nei palazzi in cui si fa e disfà la giustizia, ma è un percorso il suo che non avviene mai da un vero set all’altro, ma sempre in preda ad una sorta di facile sonnambulismo, scandito dai rintocchi automatici di uno sguardo che non riesce mai a liberarsi da nessun schema preconcetto. C’è un dolore nascosto, segreto, nella vita del protagonista, un’urgenza al movimento quasi necessaria, ma Squitieri ce ne restituisce soltanto i cascami più superficiali, epidermici (come la presenza evanescente e soltanto ricattatoria della moglie del protagonista che campeggia in una sudicia foto appesa ad una parete), avvolgendo tutti i corpi messi in scena (da quello della donna che chiede aiuto al protagonista, a quello presente/assente del marito) con fasulli drappi pseudorealistici che bloccano il racconto in un cul de sac claustrofobico e funereo. Non c’è mai respiro, mai un’idea di visione che si affranchi anche solo per un attimo dalla volontà di seguire un iter corretto e preciso, ma soprattutto manca ogni forma di rispetto (che poniamo qui ed ora come condizione di primaria importanza per un cinema che si definisca tale) per le forme di umanità messe in campo. Il regista napoletano sembra preoccuparsi soltanto di creare paraventi spazio/temporali (la colpa del protagonista materializzata in forma di presente tragico, la successiva volontà di espiazione visionata come saliescendi assolutamente fasullo nei luoghi deputati del suo passato), facendoli poi abitare da entità distratte e fugaci, e mettendo così in moto un odioso dispositivo centripeto dominato dalla presenza mattatoriale di Albertazzi (molto più adatto al teatro che non al cinema) che monopolizza ogni spazio, soffocando ogni forma di partecipazione altra. Ma d’altronde non dobbiamo meravigliarci: ci troviamo in un artificio finzionale cinico e brutale, in cui il realismo a tutti i costi si è ormai trasformato in vero e proprio ricatto morale a cui non ci inchineremo né adesso, nè mai.

Regia: Pasquale Squitieri
Sceneggiatura: Pasquale Squitieri
Fotografia: Giuseppe Tinelli
Montaggio: Gianluca Quartu
Scenografia: Andrea Crisanti
Costumi: Francesco Panni
Interpreti: Giorgio Albertazzi (Avvocato De Gregorio), Ciro Capano (PM Foloni), Anna Toglietti (Nunziatina), Ernesto Mahieux (Vincenzino il gelataio), Peppe De Rosa (Salvatore), Massimo De Matteo (Gennaro Tamantini), Gabriele Ferzetti (Alfonso), Filippo Cangiano (Brigadiere Cialoni), Marisa Carluccio (Assunta), Giacomo Matteo Furia (Don Arturo), Rino Gioielli (Domenico Ferrara), Gennaro Morrone (Maresciallo CC), Enzo Romano (Don Luigi), Aldo Spina (Presidente Tribunale)
Produzione: Elide Melli per Cosmopoli Corporation
Distribuzione: 01 Distributione
Durata: 96'
Origine: Italia, 2003

 

 

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