Le Giornate del Cinema Muto 2025. Intervista a Eric Faden sui film giapponesi su carta
Il professore della Bucknell University ha spiegato il processo di restauro di queste opere su carta, esponendo quanto delicati e preziosi siano, e raccontandoci il futuro del progetto
Alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, in corso fino all’11 ottobre, è stato scoperto un tesoro nascosto: i film giapponesi su carta, riportati alla luce da Eric Faden e dal suo team. Storie per intrattenere le famiglie giapponesi, racconti legati al folklore, brevi narrazioni comiche, storie di samurai o con protagonisti animali antropomorfi: questi cortometraggi rappresentano un patrimonio unico e già svelano molti dei caratteri del cinema giapponese, una serie di spunti e premonizioni che — come ci ha spiegato il professore — rischiava di non essere più visto da nessuno.
In primis, ci puoi spiegare cosa sono i film giapponesi su carta?
Questo tipo di film è veramente molto raro, perché sono stati realizzati da alcune case di produzione solo per sei anni, dal 1932 al 1938, e solo in Giappone. Sono cortometraggi fatti su carta invece che su celluloide. Questo tipo di film aveva bisogno di proiettori specifici per essere proiettati in ambiente domestico.
Adesso questi film sono estremamente fragili: solo a toccarli si rischia di romperli in maniera irrimediabile. Non c’era modo di proiettarli, non esistono più le macchine con cui si vedevano, quindi, se si volevano recuperare, andavano restaurati.
Vista la delicatezza di queste opere, qual è stato il processo di restauro?
I singoli frammenti sono stati digitalizzati. Abbiamo dovuto costruire una macchina specifica per scannerizzare fotogramma per fotogramma, perché con le macchine esistenti si rischiava di rompere i fogli quando si fermavano. La nuova macchina non si fermava, così siamo riusciti a finire il lavoro senza rompere i fogli. Questa macchina fotografava i fotogrammi in movimento, che poi venivano inseriti in un software che li analizzava e li univa assieme. Così abbiamo rianimato e ricostituito i vari film.
Il processo è stato veloce per la scannerizzazione dei fotogrammi: 8-10 minuti e due giorni in totale per ricostruire un film. Ne abbiamo restaurati 122. La parte più lunga è stata quella che necessitava di un apporto umano: la colorazione dei cortometraggi. La presenza del colore è un aspetto che riguarda solo questi cortometraggi, perché al cinema i film si vedevano in bianco e nero, ma questi corti erano colorati.
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Come siete venuti a sapere dei film di carta giapponesi? Come è nato questo progetto di restauro?
È una storia divertente: ero in Giappone e stavo lavorando al mio progetto, quando sono andato al The Toy Film Museum di Kyoto. Ho spiegato al direttore il mio progetto e lui, in modo gentile come solo i giapponesi sanno fare, mi ha detto che era terribile! Mi ha portato a vedere i fotogrammi dei film di carta, mi ha spiegato che nessuno conosceva questo tipo di film e che non si potevano neanche vedere. Bisognava inventare qualcosa di nuovo per farlo, mi sono appassionato alla sfida, anche perché ero stupito che avessero conservato i film senza vederli. Così il progetto è iniziato: abbiamo subito cominciato a fare delle ricerche sui film, su come restaurarli e abbiamo creato un team per farlo.
Ci sono anche delle collezioni private di questi film?
Sì, c’erano privati che non vedevano l’ora di rivederli o vederli per la prima volta. Uno, in particolare, quando ha saputo del progetto, si è molto emozionato e mi ha detto: “Ti ho aspettato per 40 anni”. Sono veramente felice che attraverso questo progetto abbiamo salvato questi film. Un vero e proprio tesoro nascosto.
Per quanto riguarda la musica originale di queste opere, è stata ritrovata?
Questi film erano accompagnati da una musica custodita in particolari dischi. Venivano quindi guardati a casa con un giradischi. Quando abbiamo iniziato a lavorare su questi fotogrammi, abbiamo visto che avevano dei codici numerici che non riuscivamo a capire cosa fossero. Così abbiamo iniziato a collaborare con dei ricercatori giapponesi che collezionavano dischi e incisioni, e scoprimmo che erano i numeri del disco della colonna sonora dei film. Ne abbiamo trovati 93 e li abbiamo abbinati. Per rimasterizzare il suono la squadra ha lavorato con un team di musicisti.
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Che fine faranno questi cortometraggi? Torneranno nei musei, ai privati o potranno essere visti in altri festival?
Ogni volta che li digitalizzavamo, poi queste opere tornavano ai legittimi proprietari nella nuova versione. Allo stesso tempo, tuttavia, abbiamo ricevuto proposte da tutto il mondo per mostrarli, il che per me è stato un vero e proprio shock: scoprire che avevano degli spettatori! Pensavo che interessassero, al massimo, a cinque persone. In realtà abbiamo riscontrato molto interesse, perché sono affascinanti e divertenti.
Adesso abbiamo diverse proiezioni negli Stati Uniti, un tour in Giappone composto in sei città in estate e successivamente andremo in Australia a Novembre. Sarà molto emozionante per il pubblico giapponese vedere queste opere. Ma anche nel resto del mondo sono stati apprezzati: anche se alcuni di questi corti parlano di folklore giapponese e possono sembrare strani o incomprensibili per la cultura occidentale, sono veramente piacevoli e unici.






















