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Saranno pure le Giornate del Muto, ma bisogna parlarne, anche per sfatare il mito di un Festival di cinema legato al passato e museale. Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, partendo da tanto cinema diverso che ha come unico comune denominatore il muto, permettono di riflettere sull’odierno e sul mondo. È un festival internazionale, vivo, sorprendente e, in mezzo a tante rassegne senza identità, emerge forte nella sua specificità.

Il Festival dà ampio spazio a opere monumentali restaurate come i film di Buster Keaton con The Cameraman e The Hospitality, il Cirano di Bergerac completamente restaurato di Augusto Genina, con alcune scene di Mario Camerini e l’immortale Destino di Fritz Lang, a testimoniare come quel cinema, così moderno, risulti ancora pulsante, vivo, ben costruito. La limitatezza tecnica veniva compensata con l’ingegno di questi grandi registi e con grandi storie epiche, divertenti, ironiche e ricche di dilemmi morali.
L’unicità del momento sta anche nella presenza di un’orchestra che esegue dal vivo colonne sonore composte per i film, tributando l’emblema del cinema e della musica, e rendendo l’esperienza davvero emozionante.

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Quest’edizione è sembrata muoversi su due assi: la scoperta-riscoperta e mondo-presente.
Abbiamo riscoperto l’incredibile animazione di Max Fleischer, grazie alla missione della nipote, Jane Fleischer Reid, di recuperare e restaurare i film del nonno, e il pubblico si è appassionato, stupito ed ha amato KoKo il Clown.
Riscoperto, ma in realtà mai dimenticato, anche il mondo di Charlie Chaplin: non solo filmati inediti, ma anche ciò che lo ha ispirato, ciò che ha ispirato e interviste, un vero e proprio scanner dell’artista e un’analisi su ciò che ha lasciato.
Riscoprire e riportare alla luce anche singoli frammenti di film diventa una missione per le Giornate del Muto: tutto merita di essere visto e apprezzato, anche se non si sa da dove proviene o se è rovinato. Restaurarli e mostrarli nella sezione Sine Nomine è parte integrante della filosofia del festival.

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Ma il grande protagonista di questa edizione è stato il mondo: la sezione Il mondo che c’era, il mondo che verrà si propone di parlare dei cambiamenti nel mondo e di dove stiamo andando. Cina, Corea, Brasile, Norvegia, Palestina e Nuova Zelanda: come vedevano gli europei questi nuovi mondi all’epoca? Ovviamente si colgono anche gli aspetti coloniali. Ma il mondo è veramente cambiato?
Ce lo chiediamo davanti alle immagini di guerra proiettate nel documentario The German Retreat and Battle of Arras e nei cinegiornali sulla Palestina: Palestine – A Revised Narrative, che sembrano così attuali e vicini.

La scoperta del mondo è fatta anche dell’arte del cinema giapponese su carta, che grazie alla digitalizzazione ritorna alla luce dopo 90 anni, ma che rischiava di non essere più vista. Mostrandoci un mondo inedito, unico, capace di far ridere e stupire.

Ad ottobre Pordenone si tinge di colori seppiati, di abiti charleston, di vecchie dive del muto e di magia, non semplicemente per tributare un cinema che non esiste più, ma per riflettere su quanto sia attuale quel cinema, quanto l’uomo moderno sia ancora parte di quel cinema, quanta parte di mondo abbia raccontato quel cinema — e lo faccia ancora.

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