Le mura di Bergamo, di Stefano Savona

Davvero toccante e straziante, il doc è capace di far emergere tutta la complessità di un viaggio negli inferi durante la pandemia Covid 19 nel marzo 2020.

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Nel marzo 2020, nel momento più drammatico e devastante della pandemia Covid 19, il regista e suoi ex studenti del corso Documentario del Centro Sperimentale di Palermo, decidono di raccontare l’evento dalla città tra le più colpite per contagi e morti, Bergamo. Infatti solo nella sua provincia si conteranno circa 6000 morti dal 20 febbraio al 31 marzo 2020. Non solo si raccontano i fatti in questo lavoro, ma si opera anche nella ricerca dell’elaborazione del lutto. Davvero toccante e straziante, in certi frangenti, il doc è capace di far emergere tutta la complessità di un viaggio negli inferi: la voce del centralino che non smette mai di rispondere ai richiami di aiuto, le sirene delle ambulanze che scandiscono il passare dei giorni, il personale medico in prima linea allo stremo delle forze, i camion militare carichi di bare che attraversano le strade deserte della città, a simboleggiare uno stato di guerra contro un nemico invisibile e imbattibile.

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Un lavoro collettivo che è durato circa un anno di riprese, partendo dal momento più critico e lasciando parlare i testimoni diretti. Ecco, la difficoltà maggiore sarà stata sicuramente quella di far partecipare proprio i protagonisti principali della tragedia, di lasciare che il dolore e l’inevitabile senso di impotenza potessero manifestarsi per mezzo delle immagini, con il rischio di eccedere troppo nell’esposizione e “spettacolarizzazione” del dramma. Quei volti dei malati però sembrano essere i ritratti astratti di un’esperienza assoluta e incancellabile della storia dell’umanità. Come in una sorta di loop senza tempo e senza spazio, attraverso immagini di repertorio in bianco e nero provenienti dall’archivio di Cinescatti, che conserva e valorizza materiale amatoriale, si mescolano ricordi dell’infanzia e immagini del presente, del vissuto disumano, a rendere più accessibile la dimensione della coscienza collettiva, la parabola del disastro umanitario.

Il corpo della città è il protagonista su tutti, frammentato, martoriato, fatto a pezzi e poi faticosamente rimontato, lasciando aperte ancora tante ferite assolutamente insanabili, anche di ordine psicologico. L’opera non è la prima testimonianza filmata della pandemia in Italia. Basta ricordare del 2022 Io resto di Michele Aiello, girata nell’ospedale di Brescia, sempre nel marzo 2020, anche quest’ultima capace di raccontare il dolore e nel contempo l’amore scaturito dalle relazioni umane dentro le mura della battaglia per la sopravvivenza.

 

Regia: Stefano Savona
Distribuzione: Fandango
Durata: 137′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
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