Le notti della luna piena, di Éric Rohmer
Un concerto rock, un quadro, un pedinamento post-Nouvelle Vague. Sublime Rohmer nel quarto film del ciclo “Commedie e Proverbi” con la prova magica di Pascale Ogier. Coppa Volpi a Venezia.
“Chi ha due donne perde l’anima. Chi ha due case perde la ragione”
Da novembre a febbraio. Le notti della una piena è una ronde sentimentale che nasconde dietro la sua grazia l’anima di un film rock. Anche Max Ophuls o Jonathan Demme, con una storia del genere, ne avrebbero probabilmente fatto un film bellissimo. Quello di Rohmer è però unico. È, insieme, un concerto, un quadro, un pedinamento post-Nouvelle Vague, un atto d’amore nei confronti della sua protagonista, Pascale Ogier, premiata al Festival di Venezia con la Coppa Volpi per la miglior attrice e morta poco più di un mese dopo alla vigilia del suo 26° compleanno. A posteriori, è già filmata da Rohmer come un’icona, prima che il cantautore Renaud le dedicasse il brano P’tite conne e Jim Jarmusch Daunbailò. Non solo. Oltre ad essere la protagonista l’attrice è stata anche scenografa. In Le notti della luna piena ha interpretato il ruolo di un’arredatrice d’interni, Louise. E qui c’è la strana magia. La Ogier ridisegna lo spazio ogni volta che lo attraversa, ne deforma le prospettive, lo riempie dei suoi colori che corrispondono al suo stato d’animo e, inconsciamente, suggerisce gli schizzi di colore alla fotografia di Renato Berta.
Louise convive con Rémy (Tchéky Karyo) a Marne-la-Vallée, in periferia, ma sente più spesso la necessità di spostarsi nel suo studio di Parigi perchè ha voglia di svagarsi e di vivere la vita notturna dells città. Questo suo bisogno d’indipendenza provoca frequenti litigi con il suo compagno. In città la ragazza frequenta spesso Octave (Fabrice Luchini), uno scrittore sposato e con una figlia, che è però segretamente innamorato di lei. All’inizio sfrutta in pieno questa libertà. Poi però scopre anche la solitudine e si trova a dover affrontare un’imprevista delusione d’amore.
Il quarto film del ciclo “Commedie e proverbi” è un inno gioioso e tragico sulle molteplici traiettorie dei sentimenti e del caso. Negli occhi grandi della Ogier non c’è mai tragicità ma un gioco infinito, uno scarto tra la maschera e il volto. Ancora più di Anne di La moglie dell’aviatore, Sabine di Il bel matrimonio o Pauline e Marion di Pauline alla spiaggia, Louise incarna in pieno lo spirito di “Commedie e proverbi” in cui è calata in pieno in una quotidianità svagata dove l’apparente libertà è proprio nell’illusione della mancanza di vincoli sentimentali. La Ogier ha una camminata chapliniana. Potrebbe essere uscita da una commedia degli anni ’30 di Sacha Guitry. Al tempo stesso rappresenta una delle figure femminili più inquiete di questo ciclo, lo scarto tra il desiderio di vivere totalmente libera e l’insoddisfazione dopo aver ottenuto questa libertà. Una scena è rivelatrice: Louise è andata a vivere nello studio parigino e cerca qualcuno con cui uscire ma né Octave né le altre persoe che ha chiamato sono libere quella sera. Oppure c’è anche quella malinconia all’alba dopo aver passato la notte con un musicista rock e al café parla con un uomo del tavolino vicino, un illustratore di libri per l’infanzia che “disegna mentre i bambini dormono”.
Dietro la sua estrema semplicità narrativa, le traiettorie sentimentali di Le notti della luna piena sono complessissime. Sullo sfondo c’è il contrasto tra centro e periferia e un lavoro sullo spazio in cui c’è quella magica commistione tra critico e cineasta. Il quadro di Mondrian a casa di Rémy, la lampada gialla, la sciarpa di Louise evidenzia tutte le linee in cui i colori accesi spiccano su sfondi neri e grigi. Teoricamente richiama il saggio L’organizzazione dello spazio nel Faust di Murnau scritto dallo stesso Rohmer. All’atto pratico è invece la sintesi ideale tra un cinema concettuale, vagamente filosofico (anche se meno evidente del ciclo “Racconti morali”) e la vitalità di una messinscena dove la strada è un infinito palcoscenico mobile. Per questo è uscito il film più musicale del cineasta e non solo perché la scena della discoteca è tra quelle centrali con la danza sul brano Les tarots di Elli et Jacno. Ma perché c’è tutta la ricerca della gioia di vivere il momento e il tempo che passa. E non si gode mai l’istante che si sta vivendo perché si pensa che quello successivo sarà migliore. Il finale è di una bellezza sconvolgente. Come tutto il film. Rivisto oggi, la nostalgia per gli anni ’80 e quel cinema cresce e oggi, mentre si sta scrivendo questo articolo, è un po’ più contagiosa. E Pascale Ogier per Rohmer ci appare come La Gioconda per Leonardo.
Titolo originale: Les nuits de la pleine lune
Regia: Eric Rohmer
Interpreti: Pascale Ogier, Tchéky Karyo, Fabrice Luchini, Virginie Thévenet, Christian Vadim, László Szabó, Anne-Séverine Liotard
Distribuzione: Academy Two
Durata: 102′
Origine: Francia, 1984