Le proprietà dei metalli, di Antonio Bigini
A partire da una storia vera, Bigini costruisce un’opera dall’aspetto fiabesco che utilizza il pretesto paranormale per entrare in contatto col complesso universo preadolescenziale.
Anni ’70, appennino romagnolo. In un paesino di montagna, Pietro, un bambino cresciuto col fratellino da un padre (padrone) duro e asfissiato dai debiti, sembra manifestare alcune doti misteriose: riesce a piegare i metalli con le mani. Per questa ragione un professore americano incuriosito inizia a far visita regolarmente a Pietro. Gli esperimenti sono una gradita distrazione per il bambino, perché nonostante le giornate sembrino scorrere tranquille tra passeggiate nel bosco e giochi con gli amici, l’esistenza famigliare è dura: debiti non saldati aleggiano nell’aria, insieme a ferite ancora aperte nella storia della famiglia. Il dono del ragazzo diventa così speranza in un futuro migliore, per sé stesso e per tutta la famiglia, con le conseguenti responsabilità del caso.
Le proprietà dei metalli è la prima prova da regista di lungometraggio di finzione per il documentarista Antonio Bigini. Il film è liberamente ispirato alla vicenda dei cosiddetti minigeller, cioè quei bambini che alla fine degli anni ’70, dopo aver assistito all’esibizione televisiva dell’illusionista Uri Geller, apparentemente in grado di piegare chiavi e cucchiai al solo tocco, hanno cominciato a manifestare fenomeni simili. A partire da questa storia, Bigini costruisce un’opera dall’aspetto fiabesco che utilizza la materia scientifica e paranormale per entrare in contatto con il mondo invisibile, quello che muove sotto la superficie insieme ai sentimenti più profondi.
“Nel mondo ci sono molte forze invisibili, ma la gente ha smesso di crederci. Il nostro lavoro serve a mostrarle a tutti“. Così il professore tenta di spiegare al giovane Pietro la natura dei suoi studi, ma non è facile per un ragazzo cresciuto in campagna comprendere a pieno cosa possa significare. Il ragazzo viene catapultato in una realtà molto diversa dalla sua, dove gli uomini, al contrario di suo padre, indossano giacca e cravatta e parlano in maniera forbita. In questo nuovo mondo Pietro dovrà riuscire a “dimostrare” le proprie capacità sotto osservazione e in una fase sperimentale. Ma può essere realmente possibile osservare e registrare un effetto paranormale? Non è esso stesso un controsenso? Ciò che emerge davvero da Le proprietà dei metalli è l’inquietudine adolescenziale che cova nell’animo del protagonista dodicenne. Un desiderio di ribellione che si percepisce nei lunghi silenzi e negli sguardi intensi del ragazzo, e che solo in alcune occasioni sembra iniziare a fuoriuscire, come negli scontri col padre e con gli amici. Il film di Bigini è a tutti gli effetti un racconto adolescenziale che utilizza il pretesto scientifico per toccare il tema della crescita in relazione alle difficoltà e ai contrasti della vita. Come il professore ripete al ragazzo in un momento di crisi; “nella tua vita capiteranno cose che non ti potrai mai spiegare, Pietro”.
Le proprietà dei metalli è un dramma familiare dalle atmosfere fiabesche che fa della semplicità della messa in scena la sua caratteristica principale. Il regista, alla sua prima prova nel territorio fiction, mostra buone capacità di scrittura e regia mentre si avvertono alcuni limiti nella direzione degli attori.
Regia: Antonio Bigini
Interpreti: Martino Zaccara, David Pasquesi, Antonio Buil Pueyo, Edoardo Marcucci, Enzo Vetrano, Cristiana Raggi, Marco Cavalcoli
Distribuzione: Kiné. In collaborazione con Lo Scrittoio
Durata: 93′
Origine: Italia, 2023