"Le seduttrici", di Mike Barker

L'adattamento dell'opera di Wilde per il grande schermo non si può però dire riuscito; è come se l'operazione di trasposizione da un mezzo all'altro fosse rimasto a metà, lasciando ritmo e mordente incollati alle pagine.

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I tempi cambiano, ma ci sono cose che rimangono, ostinatamente impermeabili ai mutamenti, a ricordare alla razza umana quanto sia ridicola e irrimediabilmente limitata.   Tra queste i pettegolezzi ricoprono senza dubbio un posto di rilievo, costituendo da sempre un ingiusto schermo attraverso il quale guardare, ma soprattutto giudicare, quanti hanno la sfortuna di rappresentare una novità nella schiera delle conoscenze di turno. Il passo successivo è il pregiudizio, fatto di impressioni ormai trasformatesi in convinzioni, alle quali fare riferimento per inquadrare gli ultimi arrivati. Gli si ricama addosso un'identità differente da quella reale e il gioco è fatto: gli agnelli diventano bestie e gli innocenti colpevoli.

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Il film di Mike Barker, Le seduttrici, prova a descrivere le conseguenze di questo infausto fenomeno in un'epoca distante (ma non troppo) da quella presente, servendosi di personaggi e dialoghi creati dalla fantasia drammaturgica di Oscar Wilde, reinventati per essere liberi di muoversi ed agire in modo credibile sullo sfondo della costiera amalfitana anni '30. Costumi e movenze rispecchiano i gusti dell'alta borghesIa del tempo per acconciature sovrabbondanti di ricci e salotti di classe dall'aspetto pomposo, a cui affidare vacue, ma pericolose chiacchiere su questo o quel malcapitato. Le panoramiche, che si offrono come immagini di raccordo tra un capitolo e l'altro della vicenda basata sugli equivoci, si riempiono di  scogliere e caratteristici angoli partenopei, contribuendo alla contestualizzazione del racconto, ma talvolta sconfinando nella rappresentazione bozzettistica di una realtà come quella campana, di poco precedente al secondo conflitto mondiale.


I dialoghi, che costituiscono la parte più godibile del film di Barker, mantengono la loro essenza fortemente letteraria, nutrendosi di giochi di parole e massime caustiche, soprattutto quando si tratta di far parlare personaggi minori, così assurti al ruolo di saggi commentatori. E sono soprattutto loro quelli per i quali meglio si realizza la corrispondenza tra personaggio e interprete. Unica eccezione la contessa a cui presta voce e carica espressiva Milena Vukotic, troppo simile al personaggio televisivo interpretato dall'attrice nella fiction RAI Un medico in famiglia. L'adattamento dell'opera di Wilde per il grande schermo non si può però dire riuscito; è come se l'operazione di trasposizione da un mezzo all'altro fosse rimasto a metà, lasciando ritmo e mordente incollati alle pagine.


Titolo originale: A Good Woman


Regia: Mike Barker


Interpreti: Scarlett Johansson, Mark Umbers, Helen Hunt, Tom Wilkinson, Milena Vukotic


Distribuzione: 01 Distribution


Durata: 93'


Origine: Spagna/Italia/Gran Bretagna/Stati Uniti d'America/Lussemburgo, 2004


 


 


 

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