Le stagioni di Louise, di Jean-François Laguionie
Un film che annulla completamente il rumore, sia nell’immagine che nel suono, per riscoprire il silenzio e il significato profondo della solitudine
Le pagine del calendario scorrono lente come le onde del mare mentre Louise, adagiata sulla spiaggia, guarda l’orizzonte aspettando l’arrivo di qualcuno, forse di chi l’ha già dimenticata. L’estate è appena finita e l’ultimo treno della stagione è partito dalla località balneare di Biligen, lasciando dietro di sé l’anziana Louise. In men che non si dica il tempo inizia a peggiorare, seguito dai moti stagionali delle maree. La casa di Louise fluttua nell’acqua come in un sogno, ma lei non si arrende alla burrasca, lascia ogni cosa e si costruisce una capanna sul mare, in attesa che il sole torni a splendere. Come una novella Robinson Crusoe scopre a sessantacinque anni il piacere della libertà, si crogiola nella solitudine come se fosse un dono invece che un castigo, e aspetta, aspetta che qualcuno torni a prenderla. Le stagioni si accavallano, così come i ricordi, mentre i volti di chi ha amato si sovrappongono, si confondono. Pian piano Louise torna indietro nel tempo a quando era una bambina e trascorreva le vacanze a Biligen con sua nonna, poi è un’adolescente alle prese con i primi batticuori, e poi torna ad essere un’anziana signora. Ma perché l’hanno lasciata sola? La ricerca disperata di risposte conduce Louise in luoghi dell’immaginazione eppure familiari ai suoi occhi, che si ricostruiscono nella sua mente come nel tratto morbido dell’acquerello, contornato dalla matita come nelle animazioni classiche. Tutta la pellicola sembra disegnata a mano, ma con un tratto delicato, intimo, lo stesso che Jean-François Laguionie usa per disegnare i sentimenti di Louise e il suo amore per la libertà.
Titolo originale: Louise en hiver
Regia: Jean-François Laguionie
Distribuzione: I Wonder
Durata: 75′
Origine: Francia/Canada 2016