L’eterno abbraccio

La metamorfosi passa per la negazione dello sguardo ricostruzione del sigillo della stanza nel buio che conserva il segreto degli amanti. Creare un abbraccio e perdercisi dentro, arresi nel buio, abbandonati nella luce.

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Trovo – in questo momento o forse in ogni sempre – quanto mai simili gli stati dell’Estasi e della Nostalgia.
Li trovo legati da un destino che li costringe nei nostri corpi più di qualsiasi altro sentimento.
Un destino che li rende materia senziente, da provare sulla pelle, dentro la carne come atto d’amore: uguali e contrari nello spasmo di allontanarsi – di “stare fuori” – e nel dolore dell’assenza – di “stare lontano”, nel desiderio del ritorno e nella vertigine dell’assenza…
Forse per questo – ora, oggi – non riesco a descrivere l’emozione di questi stati, non riesco a legarla…
Forse per questo – soprattutto – non posso che consegnarla all’amore – sempre lui!, sempre dentro/fuori la vita, emozione – non stato – che appartiene alla più intima presenza e alla più estranea assenza.
La Nostalgia e l’Estasi si abbracciano come due amanti che si trovano nel momento in cui si perdono e si perdono nel gesto di trovarsi:

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Leonard Cohen
YOU HAVE THE LOVERS

You have the lovers,
they are nameless, their histories only for each other,
and you have the room, the bed and the windows.
Pretend it is a ritual.
Unfurl the bed, bury the lovers, blacken the windows,
let them live in that house for a generation or two.
No one dares disturb them.
Visitors in the corridor tiptoe past the long closed door,
they listen for sounds, for a moan, for a song:
nothing is heard, not even breathing.
You know they are not dead,
you can feel the presence of their intense love.
Your children grow up, they leave you,
they have become soldiers and riders.
Your mate dies after a live of service.
Who knows you? Who remembers you?
But in your house a ritual is in progress:
it is not finished: it needs more people.
One day the door is opened to the lover’s chambers.
The room has become a dense garden,
full of colours, smells, sounds you have never known.
The bed is smooth as a wafer of sunlight,
in the mist of the garden it stands alone.
In the bed the lovers, slowly and deliberately and silently,
perform the act of love.
Their eyes are closed,
as tightly as if heavy coins of flesh lay on them.
Their lips are bruised with new and old bruises.
Her hair and his beard are hopelessly tangled.
When he puts his mouth against her shoulder
she is uncertain whether her shoulder
has given or received the kiss.
All her flash is like a mouth.
He carries his fingers along her waist
and feels his own waist caressed.
She holds him closer and his own arms tighten around her.
She kisses the hand beside her mouth.
It is his hand or her hand, it hardly matters,
there are so many more kisses.
You stay beside the bed, weeping with happiness,
you carefully peel away the sheets
from the slow-moving bodies.
Your eyes are filled with tears, you barely make out the lovers.
As you undress you sing out, and your voice is magnificent
because now you believe it is the first human voice
heard in that room.
The garments you let fall grow into vines.
You climb into the bed and recover the flesh.
You close your eyes and allow them to be sewn shut.
You create an embrace and fall into it.
There is only one moment of pain or doubt
as you wonder how many multitudes are lying beside your body,
but a mouth kisses and a hand soothes the moment away.

(da “Stranger Music”, Baldini & Castoldi, Milano 1997, pp. 44-47)

Leonard Cohen
TU HAI GLI AMANTI

Tu hai gli amanti,
sono senza nome, si raccontano solo l’un l’altro
e tu hai la stanza, il letto e le finestre.
Fingi che sia un rito.
Prepara il letto, seppellisci gli amanti, oscura le finestre,
lasciali abitare in quella casa per una generazione o due.
Nessuno ha il coraggio di disturbarli.
Gli ospiti passano in punta di piedi accanto alla lunga porta chiusa del corridoio,
tendono le orecchie per cogliere un gemito, una canzone:
non si sente nulla, neppure un respiro.
Sai che non sono morti,
riesci a percepire la presenza del loro intenso amore.
I tuoi figli crescono, se ne vanno,
sono diventati soldati e cavalieri.
La tua metà muore dopo una vita di servizio.
Chi ti conosce? Chi si ricorda di te?
Ma nella tua casa è in corso un rito:
non si è concluso, richiede altre persone.
Un giorno si apre la porta dell’appartamento degli amanti.
La stanza è divenuta un fitto giardino,
pieno di colori, odori e suoni che non hai mai sentito.
Il letto è piano come un’ostia di luce solare,
nel mezzo del giardino se ne sta solo.
Nel letto gli amanti, lenti e decisi e silenziosi,
si dedicano all’atto d’amore.
Hanno gli occhi serrati,
come se pesanti monete di carne vi fossero posate sopra.
Hanno le labbra peste, con lividi vecchi e nuovi.
I capelli di lei e la barba di lui sono un unico groviglio inestricabile.
Quando lui le posa la bocca sulla spalla
lei non sa se la propria spalla
ha dato o ricevuto un bacio.
Tutta la pelle di lei è come una bocca.
Lui le passa le dita lungo la vita
e sente carezzare la propria vita.
Lei lo tira a sé e sono le braccia di lui a stringersi attorno a lei.
Lei bacia la mano che le sfiora la bocca.
Che sia la propria mano o quella di lui, poco importa:
ci sono così tanti altri baci.
Tu stai accanto al letto, piangendo dalla felicità,
scosti delicatamente le lenzuola
dai corpi che si muovono lenti.
Hai gli occhi pieni di lacrime, a mala pena vedi gli amanti.
Mentre ti spogli canti e la tua voce è magnifica
perché adesso sei convinta che sia la prima voce umana
che si sente in quella stanza.
Gli indumenti che lasci cadere si trasformano in rampicanti.
Sali sul letto e sei di nuovo in carne.
Chiudi gli occhi e te li lasci cucire.
Crei un abbraccio e ci caschi dentro.
C’è solo un momento di dolore e di dubbio
quando ti chiedi quante moltitudini giacciano accanto al tuo corpo
ma una bocca bacia e una mano fa passare quell’attimo.

(Traduzione: Alessandro Achilli)
La reciprocità dell’amore e della vita, ma anche la necessaria fuga degli amanti dal tempo degli uomini, la loro reclusione in un giardino in cui l’arroganza del rumore del vivere si trasforma nella trasparenza del silenzio della morte, invisibile fluire di eventi non più registrabili nello spazio umano ma affidati al regno oscuro/luminoso degli dei. Un’elegia in cui i sentimenti di vita raccontano l’epica di una metamorfosi in atto su corpi d’amore, groviglio di eventi minimi, tra abbracci e labbra che si confondono in gesti rampicanti, epopea ad un tempo fondativa e terminale di una Vita che cede se stessa alla stretta di un Amore tenuto in disparte da sempre e per sempre.
Preservare gli amanti, affidarli all’involucro di una stanza che ne mantenga gli attimi in un infinito presente da lasciar sedimentare, strato su strato, in un accumulo di emozioni che occupano lo spazio, respirano ogni sospiro, si stringono a ogni abbraccio, lambiscono ogni carezza, bevono ogni bacio, in un giardino incantato che riluce nel buio e s’oscura nel sole della penombra.
Fuori il tempo cammina, le generazioni si succedono tra soldati e cavalieri, la solitudine afferra alle braccia e spinge nell’oblio. Ma il rito degli amanti, sigillati nel loro eterno abbraccio, non ha tregua nel giardino, in un prolifico germogliare di attimi d’amore che si schiudono d’improvviso agli occhi di custode della Donna, sequenza del fiore di carne candidamente orgiastica con corpi che si confondono e si concedono come esanimi allo sguardo esausto di chi li osserva e desidera unirsi a loro, infine dimentico della necessaria vita.
La metamorfosi passa per la negazione dello sguardo ( “Chiudi gli occhi e te li lasci cucire” ), ricostruzione del sigillo della stanza nel buio che conserva il segreto degli amanti. Creare un abbraccio e perdercisi dentro, arresi nel buio, abbandonati nella luce. Il dolore di un momento passa per il dubbio delle moltitudini che condividono quell’abbraccio nella stanza, ma una bocca lo divora in un bacio e una mano lo cancella nella polvere dell’attimo che passa…

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