Lette e…riviste – Un film tatuato. David Cronenberg su "Eastern Promises"

Il 20 settembre, David Cronenberg aprirà il San Sebastian International Film Festival con Eastern Promises. In attesa di vedere sugli schermi italiani l’ultimo lavoro del regista canadese, entriamo con Amy Taubin di ‘Film Comment’ nell’underworld londinese della mafia russa. Protagonisti: Viggo Mortensen, Vincent Cassel, i tatuaggi e la liaison violenza-corpo-sessualità-identità
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Girato a Londra, nell’underworld della mafia russa, Eastern Promises non potrebbe essere più lontano dall’America di A history of Violence. Eppure le due pellicole sono legate sia dall’enigmatica presenza di Viggo Mortensen – di nuovo un personaggio dal passato misterioso – che dalla violenza erotizzata, cifra delle relazioni tra i protagonisti del film.
Tutto parte da una ragazzina russa: avviata alla prostituzione a Londra, la quattordicenne muore in ospedale mentre partorisce il suo bambino. Un’infermiera (Naomi Watts) trova il diario della ragazza, ed entra nel suo mondo. Sebbene il personaggio della Watts ne resti ai margini, in prospettiva da outsider, Cronenberg cala lo spettatore nella profondità di una subcultura, avvicinandolo pericolosamente alla barbarie random della quotidianità di ladri e assassini…
 
FILM COMMENT: Com’è nato questo progetto?
DAVID CRONENBERG: La sceneggiatura fu sviluppata alla BBC da Steve Knight (Piccoli affari sporchi), sotto la direzione di David Thompson. E’ ovvio che Steve ha talento rispetto alla descrizione delle subculture chiuse – che è un tema che mi affascina. Quei piccoli mondi blindati dove le regole vengono inventate e diventano come leggi di natura. Ero intrigato dal clima incandescente…
 
FC: E’ il tuo primo film girato interamente fuori del Canada. Com’è stato lavorare a Londra?
DC: Molto bello, perché la troupe era ottima e i produttori mi hanno supportato. Ho potuto lavorare con molti dei miei abituali collaboratori. E poi, quando inizio a girare, qualsiasi posto in cui mi trovi diventa per me un enorme set […]
 
FC: Come altri tuoi film, anche questo è centrato sul tema dell’identità. Il personaggio interpretato da Mortensen, Nikolai, ce l’ha addirittura scritta sul corpo – i tatuaggi che si è fatto in una prigione russa…
DC: Viggo ha fatto un lavoro incredibile di ricerca per conto suo. Mi mandò un libro in due volumi, ‘Russian criminal tattoos’; un suo amico, Alix Lambert, ha realizzato un documentario sullo stesso argomento, The mark of Cain. I tatuaggi divennero allora il focus del nostro lavoro di riscrittura. Steve Knight aveva fatto dei riferimenti in proposito, ma noi li abbiamo esasperati, facendo dei tatuaggi il centro metaforico, visivo, della storia […]
 
FC: Il fatto che la storia di Nikolai sia codificata sulla sua pelle è uno dei fattori che rendono straordinaria la scena nella sauna. Come era descritta nella sceneggiatura originale?
DC: Lo script diceva: “Due uomini entrano armati di coltelli e c’è un combattimento”. Nessun riferimento alla questione della nudità di Viggo. Nessun dettaglio sulla coreografia. C’è un lavoro di mesi dietro quella scena, con gli attori, Carol Spier (production designer), il coordinatore degli stunt. Se avessi avuto un attore che non voleva recitare nudo, avrei dovuto riprenderlo avvolto in un asciugamano – il che sarebbe stato bizzarro; oppure avrei avuto delle serie restrizioni sulla modalità di ripresa. Ma Viggo non si è proprio posto il problema. “Devo farla nudo”, ha detto. Questo mi ha reso libero di realizzare la scena nel modo in cui doveva essere realizzata. Tre giorni di riprese. Viggo era pieno di graffi. Lui non me lo diceva; lo seppi dai truccatori che dovevano coprire le escoriazioni […]
 
FC: E’ un film erotico, omo-erotico. Il punto focale è la relazione tra il personaggio interpretato da
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Vincent Cassel, Kirill – il vero figlio del boss mafioso – e Nikolai, il figlio ‘adottato’. Kirill lo vede come una minaccia, e allo stesso tempo ne è innamorato ed è incapace di ammetterlo…
DC: Ho discusso molto con Vincent, e lui era preparato. Aveva già interpretato personaggi gay. All’inizio, pensava di dover concepire il rapporto con Nikolai come se lui fosse una figura paterna – e infatti lo è, almeno parzialmente. Ma poi tutto si è spostato sul piano di un amore di natura diversa. E si vede come il personaggio di Nikolai manipola senza pietà Kirill, usando la sessualità per manovrarlo. Questo era chiaro già nella sceneggiatura […] E comunque, Nikolai è talmente misterioso che non riesci a capire se abbia comunque compassione nei confronti di Kirill, o se anche questo faccia parte di una totale manipolazione dell’altro.
 
FC: Ci sono solo quattro scene violente e sanguinose, ma l’impressione generale è di un film estremo, davvero scritto sul corpo…
DC: Quando lessi la sceneggiatura la prima volta, il titolo mi suonò come il nome di un profumo da quattro soldi. ‘Eastern’ in NordAmerica non evoca ‘Russia’, al contrario di quanto avviene a Londra…Ma la prima scena cambiò completamente la mia impressione. Non è esattamente per la violenza. Ma perché c’è una componente intima, e questo rende tutto estremamente più intenso. La distribuzione di quelle scene lungo la pellicola è altrettanto cruciale: dobbiamo sapere in ogni momento che si tratta di criminali, e pericolosi. Cosa ho ottenuto in risposta? Che il film è incredibilmente violento! Continuo a dire: “Avete visto The departed? Il cervello sulle pareti? Eppure molte persone giudicano più violento Eastern Promises. Allora, di che parliamo? The departed ha moltissime scene violente, e noi solo quattro. E’ una questione di intensità, di intimità.
 
FC: In più, un coltello è ben diverso da una pistola. E dato che le inquadrature sono così ravvicinate, la violenza risulta sessualizzata.
DC: Non ci sono pistole nella sceneggiatura e non ce ne sono nel film […] E’ come se i coltelli venissero usati per ri-tatuare Nikolai e cambiare la sua identità cambiando i segni sulla sua pelle […]
E pensavo anche a tutte quelle simpatiche decapitazioni che si vedono sul web. Pensavo a questo mentre giravo Eastern Promises. Attualmente, il più grande fornitore di pornografia snuff è il movimento estremista musulmano. Ricordate quando Al Goldstein, da ‘Screw Magazine’, offriva 50,000 dollari a chi gli avesse portato un vero snuff movie? Nessuno ci riuscì. Ora sono ovunque, e la maggior parte hanno a che fare con decapitazioni, tagli di gole, e ancora una volta – come in Eastern Promises – è molto sessuale, molto intimo. E – inutile dirlo – molto disturbante.
 
“Foreign Affairs”, di Amy Taubin – da Film Comment, settembre-ottobre 2007
 
Traduzione di Annarita Guidi
 
Film Comment è la rivista della Film Society of Lincoln Center, fondata nel 1969 per supportare il cinema americano e internazionale e dare visibilità ai nuovi cineasti, con l’obiettivo di incrementare la consapevolezza e la conoscenza del pubblico nei confronti dell’arte cinematografica attraverso diverse attività, tra cui la gestione di due importanti festival – il New York FF e il New Directors/New Films. Film Comment è tra le riviste di cinema più prestigiose degli Stati Uniti, attenta tanto ai grandi nomi quanto alle produzioni indipendenti. Sul sito della rivista, dall’estetica molto curata, sono presenti l’archivio delle varie issue e diversi contributi scaricabili gratuitamente. On line è possibile sia acquistare copie che abbonarsi alla rivista.
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