Lettere di uno sconosciuto, di Zhang Yimou
Zhang Yimou ha perso (ormai del tutto?) quella insinuante carnalità e potenza espressiva che lo animava negli anni ’90. Questo è un film che ha diversi pregi, ma che perde pian piano il miracolo dei piccoli gesti, degli sguardi, delle esitazioni, diventati una stanca coloritura per un incedere narrativo pressoché perfetto e alla lunga innocuo
Ora: l’intento di ridiscutere i traumi della Rivoluzione Culturale e di fare i conti con il complesso passato della Repubblica Popolare è sin troppo manifesto. E in fondo questa è una propensione tipica dei cineasti della Quinta Generazione (pensiamo a Chen Kaige), l’ammantare di seducente spettacolo gli spettri lontani e vicini di un Paese. Ed è anche lodevole il fatto che il grande cineasta cinese sia tornato a concepire film più semplici e intimi, scevri da quel fortissimo apparato formale e formalista che aveva animato e un po’ castrato il suo ultimo decennio. Le prime sequenze, di indubbia efficacia, configurano solo una silenziosa ricerca di complicità per sentimenti diventati clandestini, con il silenzio infranto all’improvviso dalla denuncia della figlia che spezza i legami familiari e crea un trauma irreversibile nella madre. Il resto del film sarà il lentissimo tentativo dell’ormai “redento” marito, uscito di prigione dopo tre anni, di farsi ri-conoscere e amare, con il dramma sociale e il trauma collettivo totalmente scomparsi dall’orizzonte e relegati (come sempre) a celata metafora.
È sinceramente difficile non notare come il cinema di Yimou abbia perso (ormai del tutto?) quella insinuante carnalità e potenza espressiva che lo animava negli anni ’90. Questo film perde pian piano il miracolo dei piccoli gesti, degli sguardi, delle esitazioni (ricordate Lanterne Rosse?) che diventano una stanca coloritura per un incedere narrativo pressoché perfetto. Ecco allora: anche quest’ultimo film appare sin troppo studiato per poter veramente emozionare, poco ambizioso nel suo ostinato rimanere dentro i canoni e mai abbastanza visionario per poterci fornire squarci di riflessione sulla Storia latente. Un cinema diventato improvvisamente innocuo.
Titolo originale: Gui Lai (Coming Home)
Regia: Zhang Yimou
Interpreti: Gong Li, Chen Daoming
Origine: Cina, 2014
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 111'