Libre, di Mélanie Laurent
Oltre il crimine, i corpi e i volti di chi vive sospeso tra adrenalina e tranquillità. Su questi si sofferma lo sguardo della regista, erotico e seducente, poi spietato e reale. RoFF19. Grand Public.
Quanto si può essere schiavi di una dipendenza, che si parli d’amore oppure di rapine? Non c’è una risposta e Mélanie Laurent, giunta all’ottavo lungometraggio da regista, non tenta di rispondere al quesito. Libre racconta un segmento di vita di Bruno Sulak (Lucas Bravo ci ricorda un Gerard Butler degli inizi), leggendario e carismatico fuorilegge che dalla fine degli anni ’70, ai primi degli ’80, raggiunge la fama di ladro gentiluomo, capace di sedurre e conquistare perfino nel momento di massima tensione e violenza. Colui che all’amore, ha preferito le rapine, restando però fedele all’unica donna della sua vita, Annie (Léa Luce Busato), nonostante il carcere, nonostante gli abbandoni e forse perfino la morte.
Libre si inserisce a pieno titolo nel filone degli heist movie, preferendo di gran lunga alla strategia Soderbergh (The Ocean’s Saga), quella ben più dolce e sentimentale tipica di titoli quali Baby Driver – Il genio della fuga di Edgar Wright e L’innocente di Louis Garrel. Per questo, ciò che principalmente interessa a Mélanie Laurent, non coincide mai con la dinamica action della rapina e degli inseguimenti d’auto, seppur l’adrenalina risulti in più di un momento, funzionale e necessaria, piuttosto lo scontro ideologico e morale che anima e sconvolge l’esistenza dello stesso protagonista, Bruno Sulak, insicuro rispetto all’amore, insicuro rispetto al crimine. Eppure da entrambi dipendente.
Passando per un citazionismo cinematografico appassionato e a più riprese dichiarato, che si muove tra C’era una volta in America di Sergio Leone (la sequenza sulle spiagge di Cannes, torna alla pausa di Noodles e Max in quelle della Florida), Heat – La sfida di Michael Mann (la brillante e sagace scrittura di Laurent, crea un immediato incontro/scontro tra ciò che lega Bruno al tenace commissario George Moréas e ciò che invece lega Neil McCauley, al tenente Vincent Hanna) e Nemico Pubblico – Public Enemies, ancora una volta diretto da Michael Mann, Laurent ritrova sé stessa. Ne emerge un’impronta autoriale mai così vivida, mai così precisa.
Libre, al pari dei corpi e volti protagonisti, è un film estremamente seducente e riuscito, che non si accontenta mai della dimensione criminale, così come di quella sentimentale, restando costantemente in sospeso tra ciò che la vita potrebbe essere, e che in definitiva, per scelta dello stesso Sulak non è.