LIBRI DI CINEMA – “American Horror Story”, di Federico Boni
Partendo dall’immaginario televisivo, Boni, arriva fino alle radici del “gotico americano” nutrito dai sensi di colpa di una nazione che sembra perennemente inseguita dai fantasmi del proprio passato
Federico Boni
AMERICAN HORROR STORY
UNA CARTOGRAFIA POSTMODERNA DEL GOTICO AMERICANO
Edizioni Mimesis
pp 125
euro 12
La serie tv American Horror Story, ormai arrivata alla sesta stagione (Forest) in programma per ottobre 2016, ha diviso drammaticamente critica e pubblico nei giudizi: da una parte le accuse sugli eccessi del materiale rappresentato in riferimento al sesso e alla violenza, dall’altra l’analisi sociopsicologica che inquadra l’operazione nei territori della post modernità. Il libro di Federico Boni edito da Mimesis edizioni, rende giustizia alla serie ideata da Ryan Murphy e Brad Falchuk, imbastendo un discorso critico che dall’immaginario televisivo e spettacolare arriva fino alle radici del “gotico americano” nutrito dai sensi di colpa e dalle contraddizioni di una nazione (USA) che sembra perennemente inseguita dai fantasmi del proprio passato. Come afferma l’autore: “Le retoriche discorsive del gotico rappresentano il cono d’ombra dei valori della razionalità occidentale; costituiscono gli anfratti bui e misteriosi che l’Illuminismo non è riuscito a rischiarare con la sua cieca fede nella ragione e nel progresso; giocano continuamente con la fascinazione nei confronti di tutto ciò che ci riporta all’irrazionale, all’immor(t)ale e al fantastico. L’estetica dell’eccesso si lega a una pratica discorsiva dell’ambivalenza e dell’incertezza, che dipana le sue logiche narrative e stilistiche sulla natura del potere, della legge, della famiglia, della sessualità, su ciò che viene comunemente considerato giusto o sbagliato, vero o falso”.
Tutte le stagioni di American Horror Story intrecciano continuamente gli orrori del passato con quelli del presente in un equilibrio instabile pronto a deflagrare tra una immagine e l’altra, con effetto perturbante. Soprattutto nelle prime due stagioni Muder House e Asylum e in virtù delle superbe interpretazioni degli attori (Jessica Lange una spanna sopra gli altri seguita a ruota dalla seconda stagione da Kathy Bates), funziona molto bene il contrasto tra realtà e allucinazione, fra ciò che crediamo di ricordare e l’evento come si è effettivamente svolto. L’irruzione improvvisa del sangue e della violenza non sono altro che i prodotti finali di un eterno conflitto tra cosciente e subcosciente. Il razzismo, il disagio adolescenziale, l’omosessualità, le perversioni, i diversi fantasmi consapevoli e non, le diversità dei freaks, i mad doctors, gli omicidi seriali tendono ad autoalimentarsi in luoghi chiusi (la casa infestata, il manicomio, il college per streghe, il circo degli orrori, l’hotel) fino ad arrivare alla drammatica implosione. L’estetica utilizzata da Murphy e Falchuk è insieme raffinata e splatter, barocca e pop, tesa a teatralizzare l’esperienza e a enfatizzare in modo grottesco i tratti e le situazioni. Un’estetica definita “Camp”, tanto odiata dai detrattori che ne contestano il manierismo, quanto amata da parte della critica che ne riconosce le citazioni letterarie e cinematografiche (oltre i classici Frankenstein, Nosferatu e Il Gabinetto del Dr Caligari, si va da Psycho a Il Sesto senso passando per L’Esorcista, Halloween, Venerdi 13, Shining, La Casa e gli Zombie di Romero) e ne apprezza le invenzioni visive e le originali soluzioni di messa in scena. In realtà American Horror Story è una serie antologica che, al di là delle deformazioni grottesche e freak, deve essere presa molto sul serio proprio in virtù del suo potere eversivo e sovversivo di fronte agli squilibri e agli orrori della società contemporanea. La festa di grandangoli, inquadrature ribaltate, piani sequenza tortuosi, filtri, stacchi bruschi di montaggio, rimandano a questo viaggio nel cuore nero del continente americano. I mostri non sono gli altri, ma siamo noi stessi, ombra delle nostre ombre. Il libro di Federico Boni è un prezioso manuale di navigazione per affrontare consapevolmente una serie televisiva che in realtà mette in discussione lo statuto stesso della società delle immagini e la pericolosità pervasiva e vampiresca del mezzo televisivo. Questa riflessione meta-televisiva e in parte meta-cinematografica pone American Horror Story tra i più riusciti prodotti della postmodernità. Se siete dei fan delle serie thriller-horror non potrete fare a meno di apprezzare i colti rimandi a Twin Peaks, The Kingdom, Carnivale e tutti i riferimenti alla produzione televisiva degli anni 50 e 60, da The Twilight Zone e Thriller, fino ad Alfred Hitchcock presenta. Queste citazioni non sono mai fini a sé stesse ma portano l’operazione di Murphy e Falchuk a ridisegnare una nuova cartografia dei territori del gotico americano, dalla preistoria alla storia attuale. In definitiva, al netto di analisi e dibattiti, come dice l’autore nel capitolo conclusivo in un calembour efficace , “questa serie è una cosa seria”.
INDICE
INTRODUZIONE AMERICAN HORROR (HI)STORY
I. AMERICAN HORROR TELEVISION
1. Television Horror Story 19
2. L’orrore della televisione 21
3. L’orrore nella televisione 23
4. American Horror Story 32
II. GLI SPAZI DEL GOTICO AMERICANO
1. Una mappatura degli spazi del gotico americano 49
2. Murder House: la casa stregata 51
3. Asylum: l’istituto psichiatrico 57
4. Coven: streghe a New Orleans 64
5. Freak Show: lo zoo umano 71
6. Hotel: dove albergano i traumi della nazione 78
III. CARTOGRAFARE GLI ORRORI DELL’AMERICA
1. Hic Sunt Dracones 81
2. Mostri americani 83
3. Media Gothic 92
4. Gli orrori del genere e della sessualità 96
5. Gli orrori del razzismo 100
6. Teen Gothic 102
7. Orrori di frontiera 105
CONCLUSIONI. AMERICAN HORROR SHOW
SCHEDA TECNICA
BIBLIOGRAFIA