LIBRI DI CINEMA – "I tre volti della paura"


La forza di questo libro forse sta proprio nel ripercorrere le vicende della prima fase dell’horror italiano, indagandone i rapporti con il contesto economico-produttivo relativo al periodo considerato, evidenziandone i legami intertestuali con la produzione internazionale e prendendo in esame le strategie di marketing utilizzate dalle compagnie distributrici. Edizione UnifePress

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i tre volti della pauraI tre volti della paura – Il cinema horror italiano (1957-1965)
Francesco Di Chiara
Editore: UnifePress
Uscita: luglio 2009
pp. 268 – 25 euro

L’horror italiano viene in genere presentato dalla storiografia come un fenomeno sorto dal nulla e sostanzialmente alieno alla cultura italiana ad esso contemporaneo: la forza di questo libro sta proprio nel ripercorrere le vicende della sua prima fase (1957-1965), indagandone i rapporti con il contesto economico-produttivo relativo al periodo considerato, evidenziandone i legami intertestuali con la produzione internazionale e prendendo in esame le strategie di marketing utilizzate dalle compagnie distributrici per individuare un proprio pubblico. Quella che emerge è l’immagine di un genere profondamente legato alle problematiche e alle trasformazioni che la società italiana ha attraversato negli anni del boom economico, attento al tempo stesso a inserirsi nel contesto di fenomeni nazionali dell’epoca quali il crescente successo del romanzo giallo e del fumetto nero, ma anche a lanciarsi nell’avventura dell’internazionalizzazione del mercato cinematografico italiano, allora al proprio apice. Francesco Di Chiara, Dottorando di ricerca presso l’Università di Ferrara, compie un ottimo lavoro, proponendo uno studio che dovrebbe interessare sia i neofiti del genere horror che gli appassionati, perché risponde ad alcune richieste che troppo spesso restano insolute, come la voglia di comprendere quanto appunto l’horror sia invischiato nelle dinamiche sociali e quanto viceversa le stesse siano state “toccate” da un certo cinema. Di Chiara, rivisitando le opere di Mario Bava, Giorgio Ferroni, Riccardo Freda e altri, trova il modo di farci comprendere la natura profondamente internazionale e intertestuale del genere horror italiano. Forse però l’aspetto maggiormente innovativo del libro di Di Chiara consiste nell'applicazione della nuova ipotesi presentata nelle conclusioni del libro di Rick Altman, del 1999, Film/Genre. Come Altman, anche Di Chiara suggerisce che l’analisi semantico/sintattica è incompleta senza l’aggiunta di un’analisi pragmatica, finalizzata a rendere conto della funzione sociale dei generi e dei film in questione. Spostare la propria attenzione dagli stessi film a una molteplicità di materiali paracinematografici, rappresenta il punto di forza del libro. Per esempio, l’analisi dei poster, nonché dei fumetti o dei fotoromanzi dell’epoca, legati al genere, costituisce un importante contributo alla nostra comprensione dei vari metodi attraverso i quali l’horror si posiziona all’interno della cultura italiana.  

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