LIBRI DI CINEMA – La Nouvelle Vague

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Rivette Godard, Chabrol Truffaut indossano alternativamente e vicendevolmente i panni dei registi e dei critici. Nei loro scritti, però, non si trova la teorizzazione della Nouvelle Vague in presa diretta, ma l’originalità e la luminosità del loro sguardo applicata al “frutto del loro seno”.

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Nouvelle VagueLa Nouvelle Vague – Il cinema secondo Chabrol, Godard, Resnais, Rivette, Rohmer, Truffaut
di Chabrol, Godard, Resnais, Rohmer, Truffaut (Trad. Lorenza Pieri)
Minimum Fax
Finito di stampare nel mese di maggio 2009
p. 289 – Euro 16,00
 

La collaborazione fra i Cahiers du cinéma e Minimum fax, iniziata con la pubblicazione di due volumi dedicati alla politica degli autori (il primo con le interviste ad Antonioni, Bresson, Buñuel, Rossellini, Welles e Hitchcock e il secondo nel quale viene ripercorsa l’intera storia del cinema europeo e americano), prosegue con questo importante volume nel quale Rivette Godard, Chabrol Truffaut indossano alternativamente e vicendevolmente i panni dei registi e quelli dei critici. Così è Rivette a “recensire” I quattrocento colpi oppure Gordard è uno dei principali animatori della tavola rotonda su Hiroshima mon amour. In pratica i Chaiers rivolgono finalmente (lo fanno solo nel 1962 in un numero monografico che rappresenta la prima parte di questo volume) uno sguardo attento al “frutto del loro seno”. Questo, però, non è un testo pedagogico. Sbaglia, dunque, chi pensa di trovare in questo volume la teorizzazione della Nouvelle Vague in presa diretta. Alla domanda specifica posta a Labarthe nella prefazione: “Perché la Nouvelle Vague non è stata teorizzata prima in diretta?” egli risponde così: “Non solo i cineasti della Nouvelle Vague non hanno teorizzato il loro cinema, ma avevano anche una sorta di pudore a questo riguardo. Temevano molto l’idea che i Caheirs fossero visti come una specie di mafia che difendeva la sua rete di amicizie e il loro cinema”. I Giovani Turchi (come vennero soprannominati dallo stesso Bazin) cambiano il modo di fare critica proprio in funzione del loro animo di registi, è ancora Labarthe a dire: “Ai Chaiers ho subito capito che si parlava di cinema come se tutti avessero fatto dei film. Si parlava di “carrellata”, “piano sequenza”, “profondità di campo”, mentre nella critica tradizionale non se ne parlava mai. Si parlava solamente dell’impressione prodotta sullo schermo e non dal modo in cui si realizzava. …La lettura della critica faceva cambiare la posizione del lettore: non era più soltanto uno spettatore esterno al cinema. Il lettore poteva penetrare nel segreto della realizzazione dei film e … a partire dal quel momento si era a un passo dal fare dei film.” Ancora più chiarificatrici sono le parole Rhomer “Facevamo una critica interessata. Noi non siamo dei critici che sono passati al cinema, ma dei cineasti che hanno fatto un po’ di critica per cominciare.” o quelle di Godard “Scrivere era già fare cinema, perché tra scrivere e girare c’è una differenza quantitativa, non qualitativa”. Entrambe queste dichiarazioni sono prese dalle imperdibili interviste che compongono la seconda parte di questo volume. Sta, dunque, in questo capacità di vedere ed in questo modo di mostrare il valore di questo volume. Gioire di semplici e luminose verità, Rivette a proposito dei Quattrocento colpi: “La forza di FT … è ricostruire umilmente, a partire da un’esperienza personale, una realtà ugualmente oggettiva, che filma in seguito con il rispetto più assoluto. … E la prova della verità di questo metodo, e della verità e basta del film, è l’ammirevole scena della psicologa … in cui la più totale improvvisazione conferma la ricostruzione più rigorosa, in cui la confessione verifica l’invenzione.” Appassionarsi alla profonda (e impegnativa) analisi comparata (svolta tra gli altri da Rohmer e Gogard) di Hiroshima mon amour con la pittura (cubista), la musica (Stravinskij) e la letteratura (Prust, Joyce). O, infine, godersi la “consacrazione” ad autore di Godard, in concomitanza dell’uscita di Fino all’ultimo respiro, nel saggio di Moullet nel quale si trova, meravigliosamente espressa, una delle idee chiave della Nouvelle Vague, nonchè uno dei motivi per i quali essa è ancora in grado di rappresentare un punto di riferimento e dispiegare la sua influenza sul cinema contemporaneo: ”Un film non si scrive né si gira durante quei sei mesi nei quali ci si dedica ad esso, ma durante i trenta o quarant’anni che hanno preceduto la sua progettazione. Nel momento in cui batte la prima lettera della sua sceneggiatura alla macchina da scrivere, il cineasta non deve far altro che lasciarsi andare completamente, farsi assorbire da un lavoro passivo”.

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Indice:
Come si fa ed essere moderni. Intervista con André S. Labarthe di A. de Baecque e C. Tesson
Le Coup du berger di Jacques Rivette di C. de Givray
Le Beau Serge di Claude Chabrol di J. Douchet
I quattrocento colpi di François Truffaut di J. Rivette
Tavola rotonda su Hiroshima mon amour di Alain Resnais
Jean-Luc Godard di L. Moullet
Donne facili di Claude Chabrol di A. Labarthe
L’anno scorso a Marienbad di Alain Resnais di A. Labarthe
La donna è donna di Jean-Luc Godard di A. Labarthe
Il segno del leone di Eric Rohmer di C. Beylie
Questa è la mia vita di Jean-Luc Godard di J. Douchet
Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy di P. Vecchiali
Intervista con Claude Chabrol
Intervista con François Truffaut
Intervista con Jean-Luc Godard
Intervista con Eric Rohmer. Il vecchio e il vuovo
Intervista con Jacques Rivette. Il tempo va oltre
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