LIBRI DI CINEMA – Le novità di giugno
David Lynch – Inland Empire, Il cinema di Pedro Almodovar, Lanterna Magica e film dipinto, Mauro Bolognini, Fare scene. Una storia di cinema, Naziskino, ebrei ed altri erranti, La vera storia di Audrey Hepburn, Cronache di poveri amanti, Le amanti del vulcano
In quasi trent’anni di attività artistica il regista è riuscito a portare all’attenzione del pubblico internazionale il proprio personalissimo universo creativo.
Tanto da imporre l’“Almodóvar’s touch” come cifra stilistica ormai riconosciuta a livello globale. La storia di successo di un autore partito da condizioni di assoluta marginalità diventa tuttavia tanto più interessante quanto meno il regista spagnolo viene ingessato nelle vesti di un preteso “classico” del cinema. Molto più stimolante è guardare alla sua produzione artistica come a un magmatico flusso di visioni e di pulsioni che incrocia il grande mutamento intervenuto a cavallo fra i due secoli nel nostro mondo morale e sentimentale. Un fiume dal percorso spesso oscuro, ma misteriosamente collegato alle vicende della contemporaneità. È a tale collegamento che è interessato in primo luogo questo libro.
Vetri da proiezione, film dipinti a mano, apparecchiature originali utilizzate per gli spettacoli di un’arte popolare in costante evoluzione: racconti mitologici o educativi, squarci di vita quotidiana, ma anche melodrammi, sogni orientaleggianti o macabri, scene erotiche, effetti speciali che sorprendono tuttora per la loro audacia e freschezza d’ispirazione.
Il libro – pubblicato in occasione della grande mostra organizzata alla Cinémathèque française di Parigi (fino allo scorso 28 marzo) e alla Venaria Reale di Torino (dal prossimo 22 luglio al 7 novembre 2010) – raccoglie per la prima volta le immagini delle più grandi collezioni del mondo, quelle del Museo Nazionale del Cinema di Torino e della Cinémathèque française di Parigi. Con oltre 500 immagini a colori, questo libro è una guida alla scoperta di un universo visivo di straordinario fascino per gli spettatori dell’età digitale.
L’introduzione è di Francis Ford Coppola, appassionato cultore di lanterne magiche e antichi giocattoli ottici.
Bolognini è un regista dai molti meriti, elegante nello stile quanto corrosivo nella sua visione della società. Il suo cinema è caratterizzato da una conoscenza tecnica e figurativa straordinaria e da un gusto personale della messinscena. Emerso insieme a molti altri validi colleghi in un momento storico difficilmente ripetibile, è una figura che viene finalmente riscoperta da questo Castoro.
Nella prima parte del libro, un bambino cresciuto nella Napoli proletaria dell'immediato dopoguerra scopre il mondo e compie la sua educazione sentimentale circondato dall'atmosfera irripetibile delle sale cinematografiche di allora: luoghi magici, fumosi, dove si entrava anche a metà dello spettacolo e non era raro che tra un James Stewart vestito da cowboy e i turbamenti suscitati da Deborah Kerr dei perfetti sconosciuti scambiassero due chiacchiere e stringessero amicizia. Sullo sfondo, una famiglia che cerca di lasciarsi alle spalle la miseria e un intero popolo in procinto di cavalcare l'inaspettata onda del benessere.
Nella seconda parte del libro, quel bambino, diventato un adulto di inizio xxi secolo, non si limita a guardare i film, li fa. È diventato uno scrittore di sceneggiature. Ma il cinema di oggi non è più quello di Rossellini, Totò, Fellini, Anna Magnani. E così mentre assistiamo alla trasformazione di un ambizioso progetto cinematografico in un prodotto dolciastro e scontato ci rendiamo conto che non è solo il protagonista ad aver perso lo sguardo incantato, ma tutto un paese sempre più desolante.
Frutto di lunghe e appassionate ricerche e rimasto sinora inedito, questo libro è anzitutto un viaggio della memoria nelle pagine più oscure, dimenticate o rimosse della storia del cinema (del cinema e della storia) nel corso della prima metà del secolo scorso. È di scena il cinema tedesco, dall’Espressionismo degli anni ’20 alla straordinaria irruzione di Karl Valentin sino alla figura catartica di Slatan Dudow (quello di Kuhle Wampe). Al centro, naturalmente, la produzione nazista, con i suoi incubi e le sue aberrazioni, con i suoi «trionfi della volontà» nati dalle sinfonie degli orrori e a essi ritornati, che però si intreccia, quasi a contrappasso, con le vicende dei cineasti mitteleuropei costretti all’esilio o all’emigrazione verso Hollywood, e con le vicissitudini del cinema yiddish sia nell’Est europeo sia in terra americana. Conclude il quadro dedicato ai totalitarismi un’appendice sul cinema stalinista.
Uno sguardo da cerbiatta, una silhouette slanciata e un’eleganza naturale hanno fatto di Audrey Hepburn un’icona di stile del XX secolo. La frangetta, i foulard, i tailleur firmati da Hubert de Givenchy sono diventati un modello per le donne di mezzo mondo. Ma dietro questa immagine «patinata» e di maniera si nasconde in realtà una personalità complessa e affascinante, un carattere forte, determinato e generoso.
Vincitrice di un Oscar con il suo primo film da protagonista, Vacanze romane, nel corso di una folgorante carriera la Hepburn ha recitato accanto ai più grandi attori dell’epoca (Gregory Peck, Humphrey Bogart, Henry Fonda, Fred Astaire, Gary Cooper, Cary Grant, Sean Connery) e ha contribuito a fare di molte pellicole dei classici senza tempo (Sabrina, Sciarada, Colazione da Tiffany).
Tuttavia ha abbandonato Hollywood molto presto per consacrarsi ai figli e alla vita familiare. Memore di un’infanzia segnata dalle privazioni e dall’orrore della seconda guerra mondiale, ha infatti sempre dato la precedenza alle persone, agli affetti e all’amicizia. Dopo i figli, il suo grande amore sono stati i tanti bambini incontrati nel corso delle missioni come ambasciatrice dell’UNICEF, nei luoghi dove vivere è una lotta quotidiana contro la fame, le malattie e la guerra. Fu proprio durante un viaggio che cominciò ad avvertire i primi sintomi del cancro.
Completamente concentrata sulle cose da fare e sui bisogni gravi e urgenti da soddisfare, rimandò accertamenti e cure, compromettendo forse l’esito della sua ultima battaglia.
È proprio questa vita esemplare, fatta di bellezza e talento, di sensibilità e altruismo, che ci racconta Bertrand Meyer-Stabley, restituendo alla star che tutti ammiriamo una ricchezza interiore e una profondità autenticamente umane.
Cronache di poveri amanti”. Pagine di Celluloide non vuol essere una storia del film stesso, ma vuol proporne una lettura comprensibile da un pubblico senza confine; si basa sulla sceneggiatura originale di Cronache di poveri amanti del 1953 rispettata fedelmente dal curatore, che ne dà una struttura letterariamente unitaria senza intaccare l’immediatezza del parlato
Nella pellicola di Carlo Lizzani si trova l’inizio dell’affermazione mussoliniana, drammaticamente rimarcata con i fatti fiorentini dell’ottobre 1925.
Allo scopo di agevolare il miglior apprezzamento dell’intera narrazione, alcuni scritti di qualificati studiosi accompagnano tale sceneggiatura (i professori Roberto Bianchi, Marino Biondi, Eligio Imarisio, Francesco Paolo Memmo); onde attribuire la giusta credibilità alla narrazione medesima, compaiono il testo autorevole di Carlo Lizzani ed il ricordo importante di Giuliano Montaldo. Una sezione, toponomastica, presenta a mo’ di confronto le strade fiorentine dell’epoca a cui si riferisce il romanzo pratoliniano e di quella che batte la troupe di “Cronache”.
L’ultima sezione è a carattere iconografico: mostra ventiquattro fotogrammi del film; e altrettante fotografie, inerenti ai luoghi del film, scattate un cinquantennio dopo.
Siccome la sceneggiatura originale nel 1953 non serve in primis alla pubblicazione, l’intervento del curatore rispetta fedelmente il testo, a cui dà una struttura letterariamente unitaria senza intaccare l’immediatezza del parlato.
Il nuovo libro di Sorgi racconta una storia dell'età felice in cui il cinema italiano sfornava capolavori e celebrità come Hollywood. Nel 1948, Anna Magnani e Roberto Rossellini, uniti da una relazione non solo artistica, vengono scritturati per girare un film nelle isole Eolie, a Vulcano. Ancor prima del ciak d'inizio, però, Rossellini sparisce. Solo mesi dopo si scoprirà che il regista è fuggito in America per conoscere una celebre ammiratrice che presto diventerà la sua compagna, Ingrid Bergman. Con lei tornerà proprio nelle Eolie, a Stromboli, per girare un film pressoché identico a quello nel quale, nel frattempo, la Magnani ha cominciato a recitare. L'arcipelago siciliano diventa così un crocevia di star e fra le piccole isole scoppia una vera e propria guerra a suon di scandali da rotocalco