LIBRI DI CINEMA – Le novità di maggio
Wong Kar-Wai, It's all true. Intervista sull'arte del cinema, Un mondo perfetto. I comandamenti dei fratelli Coen, Tim Burton. Il paese gotico delle meraviglie, Il cinema dopo il cinema. Dieci idee sul cinema americano 2001-2010, Il cinema dopo il cinema. Dieci idee sul cinema italiano 2001-2010, Guerra in cento film, Pasolini, Alice attraverso lo schermo, Storia e discorso. La struttura narrativa nel romanzo e nel film, Solaris

Nato a Shanghai e trasferitosi a Hong Kong con la madre, Wong Kar-wai debutta nel 1988 con un gangster movie che gli vale nove nomination agli Hong Kong Film Award: As Tears Go By. La fama a livello internazionale arriva nel 1994 con Hong Kong Express con il quale consolida il suo stile personalissimo – fatto di ralenti, grandangoli, sequenze in stop-motion, musica onnipresente, colori saturi e luci taglienti – e la sua poetica – l’ossessione/neces – sità dell’amore, l’alienazione e la solitudine della metropoli, la schiavitù dei ricordi inserita in un contesto urbano vivido e pulsante. Seguono Angeli perduti, il suo capolavoro In the Mood for Love e Happy Together, premio come miglior regia al Festival di Cannes del 1997. Nel 2006 è il primo cinese della storia del Festival di Cannes a presiedere la giuria.



Tim Burton (Burbank, 1958) con i suoi quindici lungometraggi si è ritagliato una posizione unica nel cinema contemporaneo. Il suo immaginario, popolato di creature mostruose e gentili, come Edward mani di forbice e Jack Skellington, ricco di suggestioni horror ed elementi fiabeschi, fatto di rimandi al cinema del passato, alla cultura popolare, al fumetto e alle sottoculture gothic e punk, è tra i più riconoscibili dell’era postmoderna. In quasi trent’anni di carriera, la poetica, la visione del mondo e l’idea di cinema del regista californiano, pur mantenendo questi spiccati elementi di coerenza e ricorrenza, si sono evolute, determinando un percorso che sembra distintamente diviso in due fasi, la prima conclusasi con il controverso Planet of the Apes, la seconda che, iniziata con Big Fish, ha portato fino al recentissimo e discusso Alice in Wonderland.
Il volume, proponendo questa schematizzazione dell’opera burtoniana, dedica approfondimenti dettagliati ai quindici lungometraggi del regista americano, senza trascurare i cortometraggi degli esordi, i primi lavori amatoriali, gli spot pubblicitari, i videoclip, i disegni, i quadri e le fotografie esposte nell’allestimento che il Museum of Modern Arts di New York gli ha dedicato dalla fine del 2009. Cinque saggi, inoltre, analizzano trasversalmente temi specifici dell’immaginario di Tim Burton, come l’intertestualità, il corpo, l’utilizzo dell’attore, lo storytelling, la ricorrenza della figura dell’outsider.

Siamo agli albori del nuovo secolo, eppure gli ultimi anni del Novecento sembrano preistoria. L’11 settembre, le guerre in Medio Oriente, la crisi dell’economia mondiale, il terrore della pandemia, tutto è sembrato congiurare per metterci di fronte, in un breve volgere di tempo, alle nostre peggiori paure e insicurezze. E nel frattempo, il cinema ha cambiato radicalmente volto, emigrando su altre piattaforme e mostrandosi sempre più disperso sui diversi media, e tuttavia mantenendo un forte statuto sociale e culturale. Gli anni Duemila, ovvero il primo scorcio di questo millennio, sembrano dunque contenere grandi contraddizioni e straordinari contenuti.
Il cinema americano, dalla tragedia delle Torri Gemelle all’elezione di Obama, verrà ricordato come un indimenticabile serbatoio di tensioni storiche e mitologie popolari, di ossessioni morali e grovigli sociali. E ogni suo film dal più importante a quello apparentemente più innocuo, sono stati in qualche modo sfiorati, toccati, modellati, persino impregnati del drammatico periodo di riferimento.

Mentre tutto il mondo guardava le Torri Gemelle in fumo, in Italia ci chiedevamo ancora che cosa fosse successo a Genova pochi mesi prima. L’Italia degli anni Duemila è un Paese che vive “in scala ridotta” gli avvenimenti mondiali. Eppure, la partecipazione alle guerre, gli effetti della crisi economica, i riflessi delle paure internazionali non hanno risparmiato la nazione. L’identità che tutti condividiamo si è via via dissolta in una molteplicità di pratiche e comportamenti difficile da analizzare, liquida, priva di connotati ideologici. Il dissidio politico e la polarizzazione delle opinioni sociali si sono trasferite al cinema, il mezzo da sempre più vibratile, il sismografo della nostra civiltà. I film italiani hanno costituito, nel bene e nel male, un effetto collaterale di quanto stava accadendo nel sistema del paese. A volte ne hanno facilitato il declino, altre volte si sono candidati a fornire un pensiero intellettualmente autonomo, più spesso ci hanno raccontato come siamo. O almeno come siamo diventati.

Sin dagli inizi il cinema, prima muto e poi sonoro, predilesse l’argomento della guerra. Non è facile riassumere in 100 titoli l’enorme apporto nel cinema e del cinema sulla volgarizzazione e la retorica dei conflitti. È questo, forse, uno dei temi più difficili in assoluto che i film possano affrontare, dato che alla base stessa della guerra e della sua descrizione risiede la paura. Sentimento quasi impossibile da ricreare artificialmente sui volti dei protagonisti, dei caratteristi e delle comparse. Nonostante questo elemento di fondo, una minoranza di opere riesce, almeno in parte, a restituire la terribile occasione di vita e di morte che fisiologicamente è presente in un conflitto e che, a parte il cinema, anche alcuni grandi romanzi ci hanno offerto. In questo libro si tenta un censimento che l’autore stesso riconosce essere forzatamente incompleto e, per paradosso, implicare semmai l’esigenza di un “sequel”. Ad esempio qui, per ragioni di spazio, sono stati evocati solo i film che prendono occasione dalla prima guerra mondiale. Rinunciando perciò a quell’importante magazzino che va dalle guerre dell’antichità, via via sino a quelle dell’Ottocento, ed alle magnifiche descrizioni della vita militare, in particolare del XIX° Sec., di cui siamo debitori a tanti registi, a cominciare dal grande John Ford. Inoltre, Fava ha scelto di analizzare un solo film per regista, limitandosi a citare altri eventuali titoli, ovviamente dello stesso autore, all’interno del testo consacrato al film considerato "principale" (con l’unica eccezione delle due opere "giapponesi" di Clint Eastwood).

Come il vento del nord, rosso di fulmini, minaccioso e incombente, vitale e disperato, Pasolini arrivò a Roma. Si tratta di un viaggio obbligato, di sola andata, per sfuggire ad uno scandalo. Poi l'imprevedibile rinascita a Roma, con la conoscenza del mondo popolare e della vitalità delle borgate. Il libro contiene le testimonianze dirette di Paolo Volponi, Franco e Sergio Citti, Attilio Bertolucci, Nico Naldini, Giacinto Spagnoletti, Silvana Mauri, Mario Cipriani, Mariella Bauzano, Giancarlo Ferretti, dei ragazzi di vita e degli allievi della scuola di Ciampino dove Pasolini insegnò. L'opera è arricchita da una serie di foto d'epoca.

Il cinema, sin dalle sue origini, ha sempre guardato alla letteratura per trarre ispirazione. Il genera fantasy e la fantascienza, in particolar modo, hanno attinto a piene mani daun certo tipo di racconti e di romanzi che durante oltre un secolo di storia cinematografica, sono stati interpretati e rivisitati secondo il preciso gusto di numerosi cineasti. Attraverso il confronto e l'analisi di testi celebri come Alice nel paese delle meraviglie e recenti bestseller come Lovely Bones di Alice Sebold, questo agile volume compie un viaggio nel cinema fantastico mettendo in risalto, tra gli altri, i film che hanno segnato un'epoca (il mago di Oz, Matrix e il Signore degli anelli), piccole gemme (Donnie Darko e Sleepy Hollow) e gli ultimi capolavori di tre maestri della settima arte, che aprono una breccia nel cinema del futuro (Avatar, Amabili resti e Tim Burton's Alice in Wonderland).

Cogliere la struttura della narrazione, sia essa affidata alla scrittura o alle immagini, significa possedere gli strumenti per interpretare romanzi e film. Storia e discorso è un tentativo, tra i più rigorosi e coerenti, di disegnare la topografia di quella che Henry James, con una brillante metafora, definiva la «casa della narrativa». Rielaborando spunti di Bachtin, Todorov e Barthes, quest’opera, un classico dell’analisi testuale, offre una chiave di lettura originale della narrazione letteraria e filmica, sostenuta dal piacere intellettuale per la teoria. E soprattutto dal ritorno continuo ai testi, dalla possibilità di rileggere Joyce, Dostoevskij o Conrad in una prospettiva inedita.