LIBRI DI CINEMA – "Liliana Cavani – Ogni possibile viaggio"
La monografia, dedicata ad una delle registe italiane più anticonformiste, offre un'attenta ed approfondita analisi del linguaggio filmico di Liliana Cavani. Il libro di Francesca Brignoli, edito da Le mani, è la storia parallela di due lunghe storie di fedeltà, quella di Liliana Cavani verso sé stessa e quella dell'autrice verso la regista ed il suo cinema. Un viaggio che vale la pena di intraprendere e che rapirà il cuore del lettore meno sprovveduto
di Francesca Brignoli
Edizioni Le Mani collana Cinema. Registi Ottobre 2011
pp. 322 – Euro 20.00
Francesca Brignoli realizza una preziosa monografia sul cinema di Liliana Cavani, offrendo “ogni possibile viaggio” al lettore attraverso i lavori della regista carpigiana. Si tratta di un testo piacevolmente magmatico, che prende il via dall'incompiuto, il film più urgente da fare, un progetto arenato di cui è stata pubblicata la sola sceneggiatura, ricordato nello scritto di Liliana Cavani e Italo Moscati “Lettere dall'interno. Racconto per un film su Simone Weil”. Da un incompiuto, e dunque da una tensione perpetua verso l'infinito, inizia l'itinere attraverso il linguaggio filmico ontologico del cinema della Cavani, centrato sull'analisi di anime inquiete, di “animali sociali che amano e soffrono senza mai sottrarsi ad alcuna prova”. Muovendosi tra le pieghe della sua cinematografia, l’Autrice approfondisce la storia e gli interessi personali della regista, soffermandosi su una moltitudine di argomenti e prospettive, sempre esposti con uno stile curato e di agile lettura.
È un’opera epidermica, da cui trapela una forte ed autentica passione, frutto di una lunga gestazione, partita dalla tesi di laurea della Brignoli, dedicata alla comparazione tra il primo “Francesco” (esordio alla regia della Cavani, nel 1966) e quello più recente, interpretato da Rourke. Il fil rouge di questo “Ogni possibile viaggio” è la disamina cronologica dell’attività artistica della regista, un'indagine accurata da cui emerge la personalità di una donna appassionata, scandagliata nelle varie sezioni del testo. Brignoli individua i germi dell’opera della Cavani nel suo ambiente famigliare, raccontando dell’amore per l'arte trasmesso dal padre, architetto ed uomo di grande cultura, dell'intenso rapporto con la zia, del laicismo imperante in famiglia e dell'amore per il cinema sbocciato da bambina, grazie anche ad una madre cinefila. Dopo la laurea in Lettere classiche a Bologna, frequenta, insieme a Marco Bellocchio e Silvano Agosti, il corso di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, come unica donna e migliore allievo. La Cavani si dedica alla scrittura, prima della regia, iniziando nel 1960 un'attività di pubblicista saggista su temi di cultura, ed attualità che continua ancora oggi, e molti dei suoi film sono tratti da romanzi, come “Il gioco di Ripley”, basato sull'omonimo testo di Patricia Highsmith, o “La Pelle”, ispirato al libro di Curzio Malaparte, in cui si affronta il tema della guerra e delle sue tragedie umane. La Brignoli riconduce il linguaggio cinematografico della Cavani all'interno di un gruppo, non esclusivamente generazionale, di cui fanno parte anche Marco Bellocchio e Bernardo Bertolucci; il loro è un cinema che ha assimilato definitivamente la lezione neorealista e che inventa nuove forme di lettura del reale, ricorrendo a punti di vista intensamente soggettivi e ad una costante operazione di (s)mascheramento, sofferta e libera, del mondo e della storia. La Cavani elegge a mitologia la storia di esseri umani comuni ed insieme archetipici, e descrive al contempo l’umanità di figure storiche sublimi, muovendosi dentro e fuori le mura della storia e del tempo, percorrendo pensieri, sentimenti, accadimenti storici e psichici assoluti, che il suo cinema traduce in immagine esplorativa e territori emotivi. Le sue opere hanno spesso generato scandalo, amplificato dal fatto di essere donna, ma “Liliana Cavani è il puer aeternus che affronta con <