LIBRI DI CINEMA-L’immagine e il nulla: l’ultimo Godard, di Alberto Scandola
Alberto Scandola si concentra sulla produzione più recente del cineasta francese. Fotogramma per fotogramma, ne scompone le opere indagando la sua ricerca sul senso più profondo dell’immagine
L’immagine e il nulla: l’ultimo Godard
edizioni Kaplan
pp. 2012
Euro 20.00
Alberto Scandola è l’autore di L’immagine e il nulla:l’ultimo Godard, un libro che analizza la poetica espressa nelle opere del cineasta francese e, in particolar modo, gli ultimi trentacinque anni, periodo definito da critici come Jean-Louis Leutrat come la sesta delle sue stagioni creative. L’autore riflette su come Godard ci spinga a chiederci che cosa sia l’immagine. Godard lavora per sottrazione, togliendo all’immagine la sua narratività.
Il regista si è sempre interrogato sulle forme di ricezione del testo filmico, portando il cinema ad andare ovunque. Godard mette in crisi il concetto di “immagine” come mimesis, intendendo più che altro definire quello di poiesis e cioè composizione, la messa in quadro delle immagini piuttosto che la loro raffigurazione.
Fotogramma per fotogramma, Scandola scompone le opere del cineasta della Nouvelle Vague restituendone il significato più profondo e portando alla luce le sue peculiarità.
Le sue riflessioni ruotano attorno a quattro vie fondamentali: il mstero della creazione artistica; la scomposizione dell’immagine nei suoi materiali; il ripiegamento verso la Storia e il tempo perduto e, infine, il racconto di una storia nei luoghi della Storia.
Importante è, per l’autore, il lavoro che Godard svolge con Si salvi chi può…la vita dove il cineasta si confronta con i modelli della Storia e dove lo stesso incipit, un esterno giorno che esplora il cielo, racchiude dentro di sé il concetto di infinito ma anche traccia del reale e falsificazione dello stesso. L’immagine racchiude la sua apparenza.
Film come Si salvi chi può…la vita e Due o tre cose che so di lei svelerebbero anche un altro concetto di attore che è svincolato dagli effetti del reale ma dimostra solo il suo “esserci” che, secondo il pensiero di Walter Benjamin, cristallizza la nozione di Storia come eterno presente. Gli attori, mostrano tutti i limiti del dispositivo e ostacolo il processo di identificazione spettatoriale. In Passion viene anche meno il concetto deleuziano di “voltità”. Il primo piano non è mai sul set ma fuori. Dietro un finestrino, dietro una finestra. Quello di Godard è un volto resistente al senso, un volto moderno. Fermare l’immagine non serve perché sarà sempre di secondo grado. Passion esprime il concetto di conflitto di tutti i suoi elementi. La luce non potrà mai essere paragonata a quella naturale. Passion mostra l’inazione, l’impossibilità di agire.
Nel secondo capitolo Scandola si concentra su Prénom Carmen e Je vuos salue, Marie. Il primo è una storia di un film da fare, un film sul lavoro, sulla vita che riflette la Vita. Un film sulla musica che evoca fluidità e memoria biologica senza alterare lo spazio dove la memoria non è più quella cinematografica ma la “sua” incarnata dal paesaggio del mare, i cui suoni si intersecano con quelli del paesaggio urbano circostante. In questa opera emergerebbe anche l’importanza del colore che Godard costringe a simboleggiare o raccontare qualcosa e si collega anche all’amore i cui gesti sono paragonabili al lavoro. Carmen indica anche il rapporto eros/thanatos e proprio la musica suggerisce questa messa a morte. Il corpo è sempre centrale e viene scosso dalle onde musicali. Je vous salue, Marie parte dal racconto del tempo e indaga sul mistero della vita e dell’origine incarnato nella figura della Vergine che ora però è scandalosa e contemporanea dai tratti adolescenziali. Godard usa il Vangelo per illustrare la storia di un presente in continua ricerca della sue redenzione.
In Je vous salue Marie, gli anni ’60 sono trascorsi e la disposizione di luci e volti all’interno del decoupage obbediscono alla “legge di valore” di Lyotard la cui forza dell’immagine si trova nei vacillamenti. In Je vous salue, Marie la parole è intesa come voie e voix cioè volto e voce che ripropone la dicotomia forza e forma. Riguardo al montaggio, Godard nel film fa ricorso all’intervallo che altri non è che unione tra volto e corpo contorto che sembra riproporre un quadro di Schiele.
Nel terzo capitolo Il Tempo del ritorno, Scandola si concentra sulla ricerca di Godard sul tempo “che c’è stato” ma anche inteso come ritmo e spazio tra le inquadrature, in un misto tra autobiografia, racconto e saggio. Nei film vanno inseriti i documenti che parlano e che vanno lasciati parlare come oggetti trovati nella memoria. Le storie del cinema sono infinite ma anche indefinite, confuse tra documento e finzione. Nelle sue Histories Godard vuole dire come tutto sfugga perché tutto è riproducibile. Il cinema contemporaneo non vuole vedere il mondo ma dominarlo ed evidenzia il nulla da cui è minacciato che si identifica col buio della sala a cui solo la star del film può porre rimedio. Film come Allemagne 90 neuf zero mostrano come il cinema e quello che si presenta come viaggio nella Storia è un’interrogazione sulla storia dell’occhio “interminabile” nella definizione di Jacques Aumont. Scandola si concentra su Nouvelle Vague, definito il film più bressoniano di Godard che si gioca su un contrasto di colori caldi e di colori freddi trasformando il cinema dell’autore in un vero evento visivo secondo le parole di Marie-Françoise Grange.
Nel quarto e ultimo capitolo, dal titolo Viaggi in utopia, Scandola si concentra sulle riflessioni espresse da Godard all’alba del nuovo millennio quando il cineasta si rende conto che il cinema ha smesso di raccontare la Storia, ha perso il suo ruolo di finestra sul mondo per raccontare solo delle storie e ciò viene espresso in Liberté et Patrie, dove la realtà non è rifiutata ma reinventata. L’immagine cinematografica non è entità astratta ma prodotto di una lacerazione e di una ferita secondo il pensiero di Merleau-Ponty.
Scandola analizza anche Eloge de l’amour, dove l’antico e il moderno si fondono insieme. Il vecchio, infatti, è ripreso con modalità completamente diverse. I due protagonisti che sono seduti sulla panchina guardano il nulla, che è l’elemento cardine di cui parla l’immagine. Secondo Blanchot, infatti, attraverso di essa l’uomo si sente padrone dell’assenza divenuta forma. Ovviamente, anche in questo film non può mancare la citazione della pittura anche se ciò che ci viene mostrato è un paesaggio povero. Un’opera intrisa di storia è sicuramente Film Socialisme che racconta la “nascita” del Mediterraneo tramite l’immagine della spuma bianca ma anche il “fatto” e cioè l’operazione di trasferimento di 500 tonnellate d’oro dalla Spagna all’Unione Sovietica. Il pretesto è sicuramente quello di esplorare le origini della cultura occidentale. Godard restituisce sensazioni anche tramite l’utilizzo del suono del vento e la stessa parola, come emerge in Adieu au langage, è qualcosa che non può esistere senza l’immagine.
Indice
Introduzione
Capitolo 1 L’infanzia dell’immagine (Si salvi chi può…la vita; Passion)
Capitolo 2 Le parole e le cose (Prénom Carmen; Je vous salue, Marie)
Capitolo 3 Il tempo del ritorno ( Historie[s] du cinema; Allemagne 90 neuf zero, Nouvelle Vague De l’origine du XXIème siecle)
Capitolo 4 Viaggi in utopia (Liberté et Patrie; Eloge de l’amour; Film socialisme, Adieu au langage)