LIBRI DI CINEMA – "Malcolm McDowell" di Marco Spagnoli

Un libro intervista all'indimenticabile protagonista di "Arancia Meccanica". Un percorso al tempo stesso serio e ironico, irriverente e appassionato, lungo la carriera di un attore sempre controtendenza. Da Aliberti editore

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MALCOLM MCDOWELL

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di Marco Spagnoli


Traduzione di Silvia Ferrari


Aliberti editore


Finito di stampare nell'ottobre 2006


224 pp – 13,50 euro


 


Sulla copertina di questo libro-intervista a Malcolm McDowell campeggia, inquietante, l'immagine di Alex de Large, il Drugo. Non  poteva essere altrimenti, visto che il personaggio di Arancia Meccanica, con la sua carica devastante e malata, è quello che più è rimasto impresso nella memoria collettiva, tra i tanti interpretati dall'attore inglese. Al punto da creare intorno alla figura di McDowell un'aura da "maledetto", naturalmente incline al ruolo di cattivo. Eppure quest'idea non riflette a pieno la realtà umana dell'attore, come si evince dalla lunga intervista e come ribadisce nella sua appassionata introduzione David Grieco, il critico-regista che ha diretto McDowell in Evilenko (2004), nei panni di un altro personaggio abnorme e mostruoso. "Malcolm McDowell è radicalmente diverso da tutte le altre star del cinema che sono diventate icone….La sua ironia lo ha tenuto sempre con i piedi per terra e incollato alla vita. Malcolm detesta prendersi troppo sul serio e detesta chi si prende troppo sul serio. Ho visto registi famosi sgonfiarsi come palloncini e produttori potenti rimanere inebetiti…Un'icona in genere non si comporta così. Un'icona può prendere a cazzotti un regista o un produttore. Ma si guarderebbe bene dal prenderli per i fondelli". E ironia, irriverenza, spirito e acume sono proprio i tratti distintivi che emergono dalle conversazioni tra l'attore e Spagnoli, registrate tra il giugno 2005 e il marzo 2006.Spagnoli non ha l'atteggiamento del critico. Le sue domande semplici e dirette lasciano trapelare l'ottica curiosa dell'appassionato e del giornalista, ma, nella loro immediatezza, riescono a mettere McDowell in una situazione di agio tale da consentirgli aperture sincere. Strutturata come un viaggio nel tempo e nello spazio (con i vari capitoli Sud, Nord, Ovest, Est) e accompagnata da una postfazione e una filmografia completa, l'intervista ripercorre l'intera carriera dell'attore, a partire dai primi ricordi d'infanzia e giovinezza, il trasferimento da Leeds a Liverpool, città industriale sempre più al centro della scena musicale mondiale, la vita nel college ("e mio padre paga per questo privilegio?") e le prime esperienze teatrali, il lavoro come venditore di caffè (poi rievocato in O Lucky Man!, 1973) e l'arrivo a Londra. Poi gli esordi al cinema con If…(1968), il debito, umano e professionale, nei confronti del regista Lindsay Anderson, uno dei padri della stagione eversiva del Free Cinema inglese, sino agli ultimi lavori, film come Gangster No. 1 (2000), Evilenko e The Company (2003) di Altman. Un conversazione tra il serio e il faceto (assolutamente divertente il capitolo sull'Io, Caligola di Tinto Brass), in cui il giudizio che McDowell dà su registi e colleghi è, per forza di cose, filtrato dall'esperienza umana diretta, ma ha il pregio dell'assoluta mancanza d'ipocrisia. Si apprende così della sua ammirazione sconfinata per James Cagney (Non riesci a scrollargli gli occhi di dosso, il modo in cui si muove…Il suo modo di camminare riempiva lo schermo, i suoi discorsi erano come una mitragliata) e del rispetto per nomi come Helen Mirren, John Gielgud, Peter O'Toole. E allo stesso modo si rimane sorpresi del ritratto a luci e ombre di Stanley Kubrick, non solo dal punto di vista artistico ("Era un genio con la telecamera…Ma non aveva idea di come organizzare una rappresentazione"), ma anche da quello umano. E, tra le pieghe dell'intera intervista, arrivano a farsi strada vere e proprie dichiarazioni di metodo: "Mi piace l'illusione che trasmette un attore, non mi piace chi si nasconde dietro tanto trucco…ecco perché non sono colpito dagli attori che ingrassano trenta chili per recitare una parte…Vorrei vedere l'illusione di ingrassare trenta chili o di dimostrare la corruzione del passare degli anni".

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