LIBRI DI CINEMA – Nero Avati. Visioni dal set

Il libro, edito da Le Mani, scegliendo i sei film in cui la vena surreale e orrorifica di Pupi Avati è più evidente, riporta alla luce un periodo della vita del regista bolognese in cui il suo nome era sinonimo di fantasia, paura e terrore

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neroavatiNero Avati. Visioni dal set
Ruggero Adamotiv Claudio Bartolini Luca Servini
Ed. Le Mani
Febbraio 2011
183 pag. – 20 euro

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Cosa viene in mente, ad un qualsiasi appassionato di cinema, se si parla di Pupi Avati? Sicuramente una grande attenzione verso il lavoro degli interpreti ( con il risultato encomiabile di rendere gente come Ezio Greggio e Massimo Boldi credibili come attori drammatici), storie convenzionali che troppo spesso sfociano nel melodrammatico, ambientazioni retrò nella solita vecchia Bologna dei bei tempi antichi e, in definitiva, una resa cinematografica decisamente televisiva. Eppure un tempo il nome Avati era sinonimo di tutt’altro: avanguardia, azzardo, lavoro ai limiti del possibile, fantasia, esoterismo, paura, terrore. Il libro Nero Avati nasce appunto dal desiderio di ricordare a tutti un periodo lontano e interessante della carriera del regista bolognese. Grazie all’impegno entusiasta di tre autori (Ruggero Adamotiv, Claudio Bartolini, Luca Servini) che prima di essere critici sono dei semplici fan appassionati, quella storia fatta di un ragazzo trentenne dal look alla Guccini che lascia un lavoro sicuro e redditizio per seguire la sua voglia di raccontare storie assurde, viene alla luce. Il libro edito da Le Mani,infatti, analizza i sei film in cui la vena surreale e orrorifica del Polanski della val padana ( definizione sempre odiata da Avati) è più evidente. Mettendo da parte le analisi da “Il Castoro” gli autori danno parola ai protagonisti di quei film mettendo insieme aneddoti, ricordi e sensazioni. Partendo dagli esordi strampalati e fortunati ( con finanziamenti generosissimi di un misterioso mister X) del dilettantistico e strampalato Balsamus, l’uomo di Satana fino al terrificante Zeder ( che riesce anche ad anticipare il maestro Stephen King e il suo Pet Sematary) si ripercorre oltre la carriera anche la vita di un intero gruppo di persone, diventate ormai dei professionisti del cinema. Oltre allo stesso regista prendono la parola i suoi più stretti collaboratori come Steno Tonelli e Cesare Bastelli e i suoi volti tipici come Giulio Pizzirani e Lino Capolicchio. Mancano le testimonianze ( ed è strano non trovarle) di due avatiani della prima ora come il fratello Antonio ( produttore di tutti i suoi film) e dell’attore feticcio Gianni Cavina, dei quali sarebbe stato interessante sentire la versione dei fatti. Il libro per la sua formazione atipica ( nè analisi critica, nè libro-intervista) potrebbe lasciare molti interrogativi sulla poetica di quei film ma raggiunge due importanti obiettivi: restituisce un’atmosfera dove anche dietro la scena più terribile c’era una troupe-famiglia sempre pronta a divertirsi ( ne sono un esempio gli aneddoti sulle riprese del film più terrificante, La casa dalle finestre che ridono)e suscita l’interesse per andare a riscoprire dei film che, a fronte delle ultime opere, si fa onestamente fatica ad attribuire alla stessa mano. Inoltre dalle pagine del libro escono il ricordo sia di grandi attori e della loro umanità ( Ugo Tognazzi che cucinava per tutti fino al mattino, Pizzirani che pur di essere nei film di Avati si destreggiava di corsa tra i teatri di Roma e i set padani), la galleria di attori semi professionisti, dai volti e corpi tipici, che affollavano le pellicole avatiane ( sono troppi da ricordare, uno per tutti quel Bob Tonelli, appassionato cinefilo travestito da attore), e la modestia ( falsa?) di un autore che nel bene e nel male è uno dei più importanti degli ultimi 30 anni di cinema italiano. A completare il volume, oltre al racconto Il nano allo specchio  “dalle atmosfere avatiane” che poteva essere tranquillamente omesso, c’è una raccolta fotografica notevole, con scatti, estratti di sceneggiature e foto prese dai set, per mostrare la vita e la spassionatezza di un gruppo di ragazzi che pensavano solo a divertirsi lavorando.

 

 

Indice:

 

Prefazione: Nero Avati di Pupi Avati

 

Dietro le quinte del gotico padano

Balsamus, l’uomo di Satana: la grande avvantura

La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone: il grande salto

La casa dalle finestre che ridono: la paura

Tutti defunti…tranne i morti: la provocazione

Le strelle nel fosso: la fantasia

Zeder: L’orrore

Il nano allo specchio di Ilaria Floreano

 

Filmografia

Indice dei nomi e dei film

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    3 commenti

    • Alberto Ruggeri

      Io avevo già comprato il gotico padano e mi era piaciuto, adesso ho comprato anche questo secondo volume. Non l'ho ancora letto, ma già solo l'apparato fotografico vale la pena!

    • Ottimo libro e film molto suggestivi… Ma di qui a banalizzare come ha fatto chi ha recensito facendo intendere che "l'altro" Avati, quello della commedia drammatica, sia di serie B, ce ne corre…
      Forse che Regalo di Natale, Ultimo Minuto, Impiegati, Storia di Ragazzi e di Ragazze, Fratelli e Sorelle, Il figlio più Piccolo sono davvero "storie convenzionali che troppo spesso sfociano nel melodrammatico"?
      Non credo proprio. Vi invito ad andarli a vedere…

    • Interessante questa recensione, però consiglio a chi l'ha scritta di leggere Il Gotico Padano, libro precedente che fa il pari con questo Nero Avati, in cui si affronta la poetica di Avati (mentre Nero Avati è incentrato sull'apparato iconografico e sulla factory avatiana), e l'introduzione di Nero Avati, in cui si spiegano le assenze di altri avatiani come Cavina e Antonio Avati. Inoltre, non credo sia giusto dire che Avati odiasse la definizione di Polanski della Val Padana… Insomma, qualche imprecisione di troppo, ma nel complesso buona recensione.