LIBRI DI CINEMA – "Plot, il tempo del raccontare" di Fulvio Carmagnola

In questo libro, dove è sviluppata la riflessione sul tempo avviata in Pulp Times, si entra nel vivo del tradizionale dibattito tra il tempo della rappresentazione e il tempo rappresentato.

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PLOT, IL TEMPO DEL RACCONTARE


Fulvio Carmagnola

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Meltemi


finito di stampare nell'aprile 2004


239 pag. – 19,25 euro


 


 


 


Il cinema, insieme alla musica, è forse l'espressione della cultura umana più strettamente legata all'idea di tempo. Il cinema contiene, secerne, elabora tempo nella grana fine della sua forma o del suo significante. Che sia narrativo o non narrativo, spettacolare o espressivo, di massa o di avanguardia, il cinema si svolge in un segmento definito del tempo, in un flusso temporale. Le sue immagini si devono allineare fatalmente "secondo il prima e il poi". La narrazione può accettare in modo esplicito o implicito questa circostanza o può accentuare gli aspetti critici e riflessivi del significante ma non può prescinderne.


In questo libro, dove è sviluppata la riflessione avviata in Pulp Times, si entra nel vivo del tradizionale dibattito tra il tempo della rappresentazione e il tempo rappresentato. Lo si fa convocando altri testi, altre tradizioni: alcune riflessioni sulla narratologia e sul tempo narrativo, e alcune delle pratiche esemplari nella letteratura. Dunque diversi sono i domini di riferimento: la discussione su "tempo del racconto"; alcuni degli esempi più rilevanti di pratica temporale nella narrazione letteraria (Proust, Borges, Dick, Effinger); le riflessioni sul tempo cinematografico che culminano negli anni Ottanta nel fondamentale lavoro di Gilles Deleuze.


Come si è osservato in "Pulp times" il tempo può uscire dai cardini in vari modi. La sua distanza dalle nostre abitudini sociali, culturali, personali emerge nella narrazione cinematografica contemporanea sia dal punto di vista tematico che nel trattamento narrativo: è di questa seconda circostanza che il libro si occupa.


Questo lavoro riprende dunque il filo di una discussione che il precedente libro aveva lasciato in sospeso. In quel volume gli autori avevano seguito le tracce del tempo come viene rappresentato, raccontato, nella narrazione cinematografica, nelle tre grandi declinazioni coincidenti con le figure del tempo presenti nella cultura socioantropologica, nella riflessione filosofica e nella scienza. "Mondo", "anima" e "cosmo" erano i nomi dati a quelle tre grandi scansioni che la narrazione cinematografica accoglie e riproduce.


In questa seconda tappa, invece, Carmagnola ragiona sul tradizionale dibattito tra tempo della rappresentazione e il tempo rappresentato.


 


Il tempo raccontato e il tempo del raccontare sono sia distinti che embricati  e quest'ultimo, che nella narrazione tradizionale rappresentativa o "diegetica" tende a farsi trasparente, emerge con forza nella cultura contemporanea e nelle sue manifestazioni narrative. E' la stoffa, la trama o la tessitura stessa del tempo che emerge alla superficie, si sottrae alla trasparenza, imponendo la necessità di una riflessione parallela e intersecata alla precedente.


 


Si è concentrata l'attenzione sul cinema degli ultimi vent'anni circa, privilegiando implicitamente il cinema spettacolare o almeno indebolendo sistematicamente la distinzione tradizionale tra cinema d'autore e cinema commerciale.


Questa scelta del terreno di analisi deriva dalla constatazione che nella cultura mediale del presente la distinzione tra arti "alte" e manifestazioni "commerciali" tende a perdere di significato se si considera la cultura non più come il terreno di esposizione dei grandi valori della civiltà umana ma come il vasto territorio dove s'intersecano le manifestazioni dei significati che animano e innervano la vita sociale. Il fatto che questa cultura oggi sia soprattutto "visuale" e non più prevalentemente "testuale" motiva non solo la scelta del cinema come terreno privilegiato di analisi ma anche il progressivo venir meno di quella classica distinzione che costituiva uno dei baluardi della modernità.

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