LIBRI DI CINEMA – "Shooting from Heaven", AA. VV., a cura di Giulia Fanara

Tra riferimenti a Freud e Baudrillard, Žižek e Jameson, e tanti altri, in un fitto incrociarsi di metodologie e traiettorie storico-critiche, Shooting from Heaven resta un’opera di anime salve, in cui, cioè, la sensibilità dei diversi autori riesce a preservare, accanto all’impeccabile analisi sul filtro hollywoodiano del trauma americano e dei suoi sopravvissuti, l’emozione dell’ecfrasi, del ri-vissuto dell’incubo\sogno attraverso un cinema che appartiene, prima che alla Storia, al nostro sguardo. Ed. Bulzoni

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Shooting from Heaven. Trauma e soggettività nel cinema americano: dalla seconda guerra mondiale al post 11 settembre
AA. VV., a cura di Giulia Fanara
Bulzoni Editore
Finito di stampare a marzo 2012
Pagine 402

 

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Se sono le Immagini malgrado tutto, per citare Didi Huberman, come fa la curatrice Giulia Fanara nell’introduzione, a “sfondare il presente”, imponendosi quali testimonianze a dispetto delle reticenze, potremmo allora raccontare Shooting from Heaven a partire dalla copertina, che ospita un’eloquente immagine del digital-artist Max Papeschi dal titolo Just Married: Topolino e Minnie che si coprono gli occhi, sullo sfondo di un deserto dove si leva la colonna di fumo di una recente esplosione. Shooting from Heaven nasce dalla fruttuosa esperienza di un gruppo di giovani autori, col mirino e la macchina da presa critica puntati sul rapporto tra l’immaginario hollywoodiano e la Storia, ossia su come il cinema americano abbia risposto alle sollecitazioni del (post)moderno, elaborando traumi ed interdetti per via della visione cinematografica.

Affascinante e complesso, per quanto rigoroso nella scansione cronologica ed ordinato nella struttura, Shooting from Heaven analizza il mutevole skyline cinematografico stars and stripes con un’esperienza di scrittura da rollercoaster: nei quattro corposi capitoli, si trapassa da un film all’altro, da un genere all’altro, da una metodologia all’altra, ma con le cinture di sicurezza ben allacciate di una costruzione ripetuta, con un’introduzione a mo’ di ricognizione storica tout court e di storia del cinema, seguita sempre da tre o quattro paragrafi dedicati ad altrettanti film. Questo continuo zoom in, che si ripete all’interno dei saggi con l’esame dettagliatato di alcune scene dopo la presentazione generale del tema e del film, consente di verificare per rinnovata metonimia, per coerente frammentarietà, la capacità delle immagini cinematografiche di condensare lacerti di Ideologie, residui traumatici, pathos di fallimenti, pressioni del Sistema, riformulazioni filmiche della realtà storica.

Così, ad esempio, il «turbine di vissuti fallimentari» (p. 11) degli Stati Uniti culminati nel trauma della Seconda Guerra Mondiale, ed il successivo rilancio della frontiera nello Spazio secondo la politica di Kennedy, viene smontato e rimontato attraverso «tre paradigmi filmici che possono essere indagati (…) anche come un generatore, di risposte, fantasie, possibili riscatti o problematiche sottomissioni nei confronti dei vissuti collettivi dei difficili eventi storici»: This Gun for Hiredi Frank Tuttle, un noir onirico che ridiscute i confini di gender e nazione e con essi i traumi della società patriarcale; I Walked with a Zombie (1943) di Jacques Tourneur, horror in cui «l’inglobamento dell’Imperialismo e del Potere si specchia nelle inquadrature-scure, si affonda in una soglia ingestibile di “disordine” da contrapporre all’Ordine che il potere fonda e garantisce» (p. 79); All That Heaven Allows (1955), mèlo di Douglas Sirk in grado di riflettere il coacervo passionale delle donne in tragico contrasto con le gabbie culturali della società, a ridosso di un decennio di ribellioni.

Questa struttura per salti, ma non nel vuoto, da una postazione filmica all’altra, si sdipana lungo un percorso tematico diacronico, per cui l’analisi di un film come The Shooting (1966) di Monte Hellman è funzionale al racconto del fallimento del mito kennedyano della New Frontier, nello stesso modo in cui Nashville (1975) di Robert Altmana, originalmente riletto con un’ipotesi “ipertestuale”, diventa l’epitome della società della violenza spettacolarizzata; e il trionfo del postmoderno ha modo di affermarsi con la scissione del sé ventilata da Pennies from Heaven (1981) di Herbert Ross, non meno che nelle decostruzioni di genere e di sguardo rispettivamente di Jonathan Demme (Something Wild, 1986) e Michael Mann (The Insider, 1999). Come per un climax critico, tutto sembra però indirizzarsi a schiantarsi nel trauma dei traumi, nell’immagine delle immagini: l’attacco alle Torri Gemelle, acutamente storicizzato nell’orizzonte dei new media, entro una disamina che contempla supereroi traumatizzati (l’Iron Man di Hon Favreau, 2008), perdita di coordinate (cyber)spaziali (Gerry di Gus Van Sant, 2002), ripiegamento nella virtualità (The Social Network di David Fincher, 2010).

Tra riferimenti a Freud e Baudrillard, Žižek e Jameson, e tanti altri, in un fitto incrociarsi di metodologie e traiettorie storico-critiche, Shooting from Heaven resta un’opera di anime salve, in cui, cioè, la sensibilità dei diversi autori riesce a preservare, accanto all’impeccabile analisi sul filtro hollywoodiano del trauma americano e dei suoi sopravvissuti, l’emozione dell’ecfrasi, del ri-vissuto dell’incubo\sogno attraverso un cinema che appartiene, prima che alla Storia, al nostro sguardo. Emblematico, in tal senso, che si leggano pagine d’intensa suggestione, in cui pare di essere calamitati dalla scrittura nelle brume del tempio vodu di Torneur o nell’altmaniano colore sudato del concerto di Nashville; ma che allo stesso tempo si possa contare sull’assoluta efficacia dell’apparato filmografico in appendice. Come a dire: le frontiere, non solo quelle americane, sono mobili.

INDICE
Giulia Fanara, Nota introduttiva   p. 1

I. Dall'eredità del New Deal di Roosevelt al nuovo spazio della frontiera di Kennedy
Introduzione di Alessandra Caputo p. 11
Giulia Fanara, Now You See It, Now You Din't: confini nazionali, performance di gender e giochi di prestigio in This Gun for Hire (1942) di Frank Tuttle   p. 23
Alessandra Caputo, Ho camminato con uno zombi sulle ombre dei confini: il trauma del potere americano (I Walked with a Zombie, Jacques Tourneur, 1943)   p. 57
Mariagiovanna Puglisi, All That Heaven Allows: genere e gender nel melodramma familiare hollywoodiano anni Cinquanta (Douglas Sirk, 1955)   p. 81

II . Dal fallimento del mito kennediano della New Frontier alla società della violenza spettacolarizzata
Introduzione di Vincenzo Tauriello   p. 105
Vincenzo Tauriello, Crisi di Gender\Genre e demitizzazione della Frontiera nel western dell'assurdo. The Shooting (1966) di Monte Hellmann   p. 117
Pietro Masciullo, Lo splendore opaco dello Spettacolo Americano: da una ipotesi di ipertesto alla risoluzione di ogni finalismo (Nashville, Robert Altman, 1975)   p. 141
Giulio Casadei, Dal Vietnam al fronte interno: l'avvento del mostruoso nelle metropoli in Assault on Precinct 13, di John Carpenter (1976)   p. 165

III. Il trionfo del postmoderno: dalla nostalgia reaganiana alla fine del visibile pre 11/09
Introduzione di Eleonora Sammartino   p. 191
Eleonora Sammartino, Una riflessione di genere sul proprio passato: caduta delle illusioni e scissione postmoderna del sè in Pennies from Heaven (Herbert Ross, 1981)   p. 203
Lorenza Rallo, Incroci di genere tra classico e postmoderno: l'influenza dell'era reaganiana nella produzione hollywoodiana. La nostalgia del cinema passato e il mito del ritorno in Something Wild di Jonathan Demme (1986)   p. 227
Tommaso Ceruso, Dal Rinascimento Disney alla Pixar: il trauma tra storia, fiaba e digitale   p. 251
Pietro Masciullo, La crisi dello sguardo nel soggetto americano: dalla lotta per la riconquista di un immaginario allo schermo cinematografico come apparenza dell'Assoluto (The Insider, Michael Mann, 1999)   p. 277

IV. Il cinema americano dal trauma post 11 settembre alle nuove frontiere della "realtà virtuale"
Introduzione di Pietro Masciullo   p. 305
Giulio Casadei e Eva Rossetti, Figure (perse) nel paesaggio. Wilderness e cyberspazio nell'America post 11 settembre di Gerry (Gus Van Sant, 2002)   p. 317
Tommaso Ceruso, un supereroe traumatizzato. Iron Man (2008) di Jon Favreau   p. 337
Eva Rossetti, Finestre reali e finestre virtuali. Resti della vecchia era e avanzare del contemporaneo in The Social Network di David Fincher (2010)   p. 359

Filmografia essenziale
Filmografia completa

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