LICORICE PIZZA – Squilibri vitali

La verità del cinema di PTA sta proprio nelle traiettorie imprevedibili, nelle connessioni inattese, nei grovigli umani. Continua il nostro speciale su Licorice Pizza

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Il cinema di Paul Thomas Anderson è sempre stato un cinema fatto di traiettorie libere e imprevedibili, di corse e rincorse, di strade imbattute che prendono forma a mano a mano che i film si snodano, scoprendosi e lasciandosi scoprire. Sentieri che personaggi e spettatori devono necessariamente percorrere alla cieca, su cui perdersi e ritrovarsi, in un’apparente progressione sfocata e confusa che può talvolta portare ad uno smarrimento di senso. È evidente nell’investigazione caotica di Doc Sportello in Vizio di forma, in cui l’offuscamento lisergico è la manifestazione di un procedere secondo schemi improvvisati e irregolari. E cosa c’è di più anarchico e liberatorio della storia d’amore tra Adam Sandler e Emily Watson in Ubriaco d’amore? Nell’incontro impossibile e frastornante tra Barry e Lena, incessantemente disturbato, improvvisamente interrotto, costantemente accompagnato da una colonna sonora assordante. È proprio su questo filo di imprevedibilità che le storie e i personaggi di PTA si muovono e agiscono in modo libero e disordinato, intrecciandosi e disperdendosi senza soluzione di continuità. Bisogna allora lasciare da parte le narrazioni fluide, l’aderenza ad un copione prestabilito, l’intersecarsi al millimetro delle vicende umane. Il fascino del lavoro di Anderson è proprio nel groviglio tra i protagonisti, nelle convergenze casuali di Sydney, nel ventaglio umano di Magnolia e Boogie Nights, nelle connessioni invisibili e inattese, nelle sovrapposizioni repentine, nelle improvvise inversioni di marcia che dilatano i tempi, come negli esasperati quanto magniloquenti The Master e Il petroliere, che tendono allo stremo il tessuto elastico della narrazione.

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Come un’auto in folle lanciata lungo una discesa collinare della San Fernando Valley, i film di Anderson sono una corsa a perdifiato di cui non si riesce a intravedere il traguardo, in cui i personaggi sembrano investiti di un’energia vitale più forte di qualsiasi istinto di morte, che fa da motore propulsore e li spinge per inerzia anche una volta esaurita la benzina. Non resta altro da fare che lasciarsi trascinare dall’entusiasmo e dalla fiducia irrefrenabile che in Licorice Pizza Gary e Alana mostrano nei confronti della vita che li attende, qualsiasi piega prenda. Frenetica ed esaltante, impossibile da definire, prefigurare, ridurre a un percorso tracciato, a un itinerario programmato. Quasi a voler fare da contraltare ai Woodcock e Alma de Il filo nascosto, in cui nemmeno all’ossessione morbosa è concessa una possibilità di distrazione, di sbavatura, di accidentalità. Eppure anche dentro a una struttura così impeccabile si può intravedere un elemento di disequilibrio: quell’amore fuori programma, che Reynolds tenta di ricondurre al controllo e alla maniacalità a lui familiari, alla fine si rivela inevitabilmente fonte di disturbo e rottura interiore, capace di ridefinire le regole del rapporto di coppia e concedere un respiro, seppur folle, ad un asfissiante rigore esistenziale. Allora, abbandonarsi all’imprevisto, aprendosi ad altre incalcolabili possibilità così come alla perdita di senso, al disorientamento, lasciandosi travolgere dal vortice degli eventi, è quanto di più simile alla vita possa offrire il cinema di Paul Thomas Anderson.

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