Limbo, di Ivan Sen
Un noir nel deserto in bianco e nero che però resta intrappolato nei suoi paesaggi e solo la prova di Simon Baker riesce a creare quel minimo di suspense. Concorso.
Le tracce di una scomparsa: una macchina bruciata, interrogatori registrati su nastri. Da quel momento la piccola cittadina dell’entroterra australiano sembra bloccata da un malefico incantesimo. Il detective Travis Hurley arriva sul posto per indagare sull’omicidio irrisolto di Charlotte Hayes, una ragazza aborigena, avvenuto vent’anni prima. Ma all’inizio nessuno sembra voler collaborare con lui. Con il passare del tempo però riesce a conquistre la fiducia dei familiari.
C’è l’insegna dell’Hotel Limbo che emerge nell’oscurità ed è giù un luogo dove i personaggi sembrano inghiottiti nel buio delle caverne, circondato da una debole luce. Ha dei tempi dilatati questo ‘noir nel deserto’ girato in bianco e nero dal cineasta australiano indigeno Ivan Sen che proprio alla Berlinale, con il suo film d’esordio Beneath Clouds, è stato premiato per la migliore opera prima nel 2002. Del genere recupera la figura di Simon Baker, detective senza passato, che precipita in un luogo caratterizzatè da enormi distese che si presenta come spettrale. L’azione è intenzionalmente dilatata e, in qualche modo, Limbo non cerca la soluzione del caso e lo ritarda fino a quando può soprattutto soffermarsi sui protagonisti inghiottiti dalla polvere della loro memoria. Forse la dimensione contemplativa è anche affascinante ma anche irrisolta. Sen mostra ancora la capacità di inquadrare gli spazi come luoghi familiari e pieni di mistero come aveva già fatto in Goldstone e soprattutto con Mystery Road che ha anche delle similitudini narrative con Limbo dove un poliziotto indigeno indaga sull’omicidio di una ragazza. Rispetto a quel film però stavolta il cineasta resta intrappolato nei suoi paesaggi, disperde in maniera eccessiva i frammenti della storia e solo i silenzi e le espressioni di Simon Baker riescono a creare una minima suspence soprattutto nei momenti in cui è solo nella sua stanza d’albergo e qualcosa potrebe essere sempre sul punto di accadere. In più la traccia documentaristica stavolta è troppo marcata nelle scene della sorella della vittima che cerca pietre preziose nel deserto. E rallentano eccessivamente un film anche affascinante che però aveva bisogno di un’altra spinta.