Cannes 76 – Il sol dell’avvenire. Incontro con Nanni Moretti e il cast

Nanni Moretti, Margherita Buy e Barbora Bobulova insieme ai produttori e alle sceneggiatrici hanno incontrato la stampa oggi a Cannes. Il film è in concorso ufficiale

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Sei, sette anni fa, io e le sceneggiatrici (Marciano, Pontremoli e Santella) abbiamo provato a scrivere un film interamente ambientato nel ’56. Sceneggiatura che poi non è venuta fuori, l’abbiamo abbandonata e ho girato Tre piani. Poi ho richiamato le sceneggiatrici e ho detto: Voglio riprendere lo spunto del ’56 ma voglio raccontare anche il regista che gira quel film, le sue idiosincrasie e le sue speranze e quindi sono nati questi film intrecciati tra di loro. Giovanni, il protagonista, sta girando un film, nel frattempo ne sta scrivendo un altro tratto dal racconto Il nuotatore di Cheever e ne sta anche immaginando un terzo: di raccontare i cinquant’anni della vita di una coppia e di un paese – queste cose sono vere.

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Ha inizio così l’incontro con la stampa, tenutosi oggi nella sala delle conferenze nel palazzo del festival di Cannes, dove Il sol dell’avvenire è in concorso. Presenti in sala, accanto a Moretti, Margherita Buy e Barbora Bobulova, i produttori Domenico Procacci e Paolo Del Brocco, e le sceneggiatrici, Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella. Gli altri interpreti hanno partecipato alla conferenza, seduti in prima fila davanti al maestro romano.

Ogni domanda è segnata da un inciso, “Ci ha fatto tanto ridere il suo film, mette allegria e buon umore.” Nanni Moretti risponde, “Se posso raccontare il mio procedimento comico, è stato così sin dall’inizio, dai primi cortometraggi in Super8 che proprio quest’anno compiono 50 anni… Racconto il mondo che conosco, l’ambiente sociale, generazionale e politico. E lo faccio con ironia. Sicuramente, parlando del mio mondo e del mio ambiente, l’ironia diventa un’autoironia.”

Il regista ha anche condiviso il suo metodo di lavoro, “Quando scriviamo una sceneggiatura, la scriviamo insieme, non ci dividiamo le parti singolarmente. E quando scriviamo recito ad alta voce i dialoghi, non solo i miei ma quelli di tutti i personaggi, per capire se suonano bene o se sono troppo “scritti”, troppo letterari. Comincio a occuparmi della regia e della recitazione durante la scrittura. Lentamente si raggiunge la temperatura, il tono giusto per un dialogo mi piace molto, è una delle fasi del lavoro che vivo con maggiore intensità, quella della recitazione e della direzione degli attori, anche quando ci sono attori che possono andare avanti da soli ma io continuo a dirigerli.”

Per Barbora Bobulova si tratta della prima collaborazione con Moretti, “Non sapevo cosa aspettarmi. Ne avevo sentite di vari colori… Sono rimasta proprio stupita, abbagliata. È molto intenso lavorare con lui, mette l’attore al centro. È stata un’esperienza meravigliosa che mi porterò sempre dentro, ha un’umanità gigantesca che dimostra sia sul set sia fuori.”

Margherita Buy, al suo quinto film con Moretti, ha allora aggiunto, “Sono assolutamente d’accordo. Ha questa voglia di essere coerente e preciso; è una grande sicurezza per noi che facciamo questo lavoro. Come il Giovanni del film che difende sia le parole sia i personaggi che ha scritto.”

La piattaforma Netflix invade anche la conferenza: “Quando penso un film non penso a un ragazzo di tredici anni in Pennsylvania che prende la metro e vede il film sul cellulare. Penso alla sala e continuo a pensare e scrivere film per questa situazione di visione. Scrivendo le mie sceneggiature non seguo mai i manuali di sceneggiatura, lo avrete capito, faccio un po’ come mi pare. Giovanni, il regista che fa un film serio sul ’56 e l’invasione in Ungheria, poi si mette a ballare Aretha Franklin in macchina, sì, faccio un po’ come mi pare… Tanti registi, produttori e sceneggiatori si sono conciliati docilmente alle piattaforme ma bisognerebbe continuare a investire emotivamente e psicologicamente sui film per il cinema. Nel film parlo di Netflix, non mi andava di mettere un nome finto… Starflix. Ma in realtà parlo di tutte le piattaforme, Amazon, Disney…” ha commentato Moretti, continuando poi a parlare del suo ruolo come spettatore e della violenza nel cinema contemporaneo, tasto dolente quanto portatore di riflessioni: “Le mie esperienze di spettatore influenzano il mio lavoro di regista. Io sono anche un produttore, ho un cinema, sono un esercente, però sono anche spettatore. Le cose si tengono insieme, tutte quante. Come spettatore ho notato spesso, come dico nel film, una certa inconsapevolezza da parte di registi e sceneggiatori quando mettono in scena la violenza. Non sanno quello che fanno. Non parlo di tutti i film che mettono in scena la violenza, è chiaro, per esempio, di recente ho visto Holy Spider. Film iraniano che racconta la storia di un serial killer e mi è piaciuto molto, quella non era una violenza estetica.”

Moretti ha poi aggiunto, “Allo sparare in faccia preferisco lo sparare in pancia allo spettatore. Sognare una realtà migliore… in questo senso va letto il finale del film.”

Non mancano discorsi politici, storici quanto attuali. “Il partito comunista francese era stalinista. Come ricorda il personaggio di Ennio al personaggio di Vera nel film, bisogna schierarsi, stare da una parte o dall’altra. Noi la sceneggiatura l’abbiamo scritta prima che avvenisse l’aggressione russa in Ucraina. Quando c’è stato l’attacco russo io stavo girando, questa coincidenza mi ha fatto molta impressione. Quando al montaggio abbiamo montato le immagini di repertorio del ’56, ci ricordavano le immagini dei carri armati russi del 2022. La guerra è tornata nella nostra attualità. Tutto mi immaginavo, fuorché questo. Mi è capitato in passato di precedere l’attualità… Mai una volta che mi preceda, mi segue sempre quest’attualità.” Il regista non specifica il riferimento ma viene subito in mente il suo film Habemus Papam (2010), presentato a Cannes nel 2011.

L’incontro si è chiuso sulle note, un po’ dolenti, del divario generazionale. “Giovanni è molto dentro il suo film e tanto impegnato in qualcosa che i giovani di oggi non sanno neanche che cosa sia. Quando in un momento di sconforto Giovanni aspetta in cucina mentre i produttori coreani leggono la sua sceneggiatura, lui dice “Questo film non interessa a nessuno.” C’è tanto impegno che mette Giovanni in una storia che nessuno conosce e che, forse, a nessuno interessa.”

La sala stampa piena e l’accoglienza che il regista e il cast hanno ricevuto a Cannes, però, contraddicono quest’affermazione.

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