L’incredibile vita di Norman, di Joseph Cedar

Oren Moverman produce un sostanziale controcampo dei quartieri alti, moderatamente brioso per quanto non proprio tagliente o efficace, del primo incontro con Richard Gere, ovvero Time out of mind

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Le note a margine del film sono assolutamente intriganti: Cedar tira fuori la storia di Norman mentre sta lavorando ad un’opera, mai realizzata, su Veit Harlan, il regista dell’infamous Süss l’ebreo, il biopic di propaganda razzista del 1940 ispirato alla figura di Joseph Süß Oppenheimer, banchiere ebreo e consulente finanziario del duca Carlo Alessandro di Württemberg a cavallo tra 600 e 700.
Il film, appunto, non si farà mai, ma Cedar rimane ancorato a scandagliare l’anima della figura letteraria dell’ebreo di corte, spesso un banchiere o un mercante (due esempi precisi sono lo Shylock di Shakespeare e il Fagin di Dickens) nella posizione di conoscere segreti e malefatte di tutti, e di poter pretendere favori e raccomandazioni da chiunque.
Da qui nasce il Norman Oppenheimer di Richard Gere nella New York della politica internazionale e dell’alta finanza dei giorni nostri, e l’esperimento di rispondere con i toni della commedia sofisticata alla domanda cruciale: perché tutti odiano l’ebreo cortigiano?, alla base di una persecuzione millenaria (Giuseppe e il Faraone, nell’Antico Testamento…).

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Cedar imbastisce il suo pamphlet scomodando direttamente le traiettorie della politica estera d’Israele, e spedendo il suo court jew per le strade scintillanti e caotiche di Manhattan a lustrare letteralmente le scarpe al futuro Primo Ministro di Terra Santa (la star israeliana Lior Ashkenazi), fino a quando una macchinazione di troppo potrebbe causargli l’allontanamento definitivo, come vuole il canone tradizionale di questa storia.
Norman si muove trasversalmente tra tutte le rappresentazioni del potere nella Grande Mela, dagli avvocati ai rabbini, da Harris Yulin a Steve Buscemi via Michael Sheen. Dev’essere questo che ha convinto Oren Moverman a garantire il proprio sostegno produttivo al progetto, che è sostanzialmente un controcampo dei quartieri alti, moderatamente brioso per quanto non proprio tagliente né efficacissimo, del primo incontro tra il cineasta di The Dinner e Richard Gere, ovvero l’intrigante Time out of mind. Anche qui ritroviamo la passione per le vetrine, i riflessi e gli specchi per le strade di New York, che in quel caso erano parte integrante dell’intera visione a livello marciapiede del film.
La sensazione è che lo sguardo di Moverman vada progressivamente riconciliandosi con una rappresentazione sempre meno lucida e precisa di questo mondo ai margini dei regolamenti sociali, delle norme non scritte. Anche Richard Gere, ancora una volta depotenziato nelle intenzioni del proprio armamentario di latin lover infallibile, sembra provare ad intabarrarsi e piegarsi in due come un Al Pacino nelle zone del Bardo, per l’appunto, ma poi non vede l’ora di poter flirtare, anche se solo per un paio di sequenze, con Charlotte Gainsbourg in trasferta nei territori mainstream e infatti incontrata a bordo di un aereo, la quale ci mette un attimo a conquistare il vecchio maneggione e farsi svelare le coordinate del piano di questa “moderata ascesa e tragica caduta di un faccendiere di New York”.

Titolo originale: Norman: The Moderate Rise and Tragic Fall of a New York Fixer
Regia: Joseph Cedar
Interpreti: Richard Gere, Michael Sheen, Steve Buscemi, Charlotte Gainsbourg, Josh Charles, Dan Stevens, Lior Ashkenazi, Harris Yulin
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 118′
Origine: USA, 2017

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