L’incredibile vita di Norman. Incontro con Richard Gere

In sala il 28/9, il film dell’israeliano Joseph Cedar rinnova il sodalizio tra Gere e Oren Moverman, qui produttore. Per l’attore un modo per tornare al cinema indipendente degli esordi

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“Se vincessi l’Oscar per Norman avrei la possibilità di fare altri film indipendenti come questo!”, confessa Richard Gere, a Roma per presentare L’incredibile vita di Norman, appunto, diretto dall’israeliano Joseph Cedar e prodotto dal recente sodale di Gere, Oren Moverman (Time out of mind, The dinner). “Io e Oren siamo amici molto intimi, ormai”, racconta l’attore, “e abbiamo intenzione di continuare a lavorare insieme a lungo. Mi sembra di essere tornato agli esordi, quando facevo film come I giorni del cielo di Malick. Non è cambiato molto da quel cinema indipendente lì, solo che all’epoca era interno agli Studios, ora lo facciamo al di fuori dell’industria, con pochi giorni di riprese e budget ristretti.”
Il protagonista del film di Cedar è “il classico faccendiere ebreo dell’upper West Side di New York”, nel costruire una intricata rete di favori, conoscenze e manovre di avvicinamento finisce a svernare all’ombra del Primo Ministro d’Israele, di cui diventa il risolviguai per le strade della Manhattan jewish: “in ogni Paese dove abbiamo presentato il film, mi chiedono sempre com’è possibile che Norman sia così fastidioso, insopportabile”, ride Gere, “ma c’è della generosità autentica in lui. E’ vero che manovra le persone per garantirsi un posto a tavola, ma al contempo non lo fa mai per distruggerle definitivamente. Viviamo in un’epoca dove ogni sentimento è diventato transazione, compromesso, pensate all’operato di Donald Trump, non c’è nulla di morale in lui, la nostra unica fortuna è poterlo analizzare come specchio di noi stessi, per poterci migliorare”.

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D’altronde, tutti conosciamo dei Norman nel nostro campo lavorativo, sia questo la finanza e la politica, come nel film, o il mondo dello spettacolo, nota l’interprete, che ha dovuto subire una trasformazione prima di tutto fisica e di postura, per assumere il volto e le fattezze di questo personaggio archetipico: “di solito sono io a decidere la maniera in cui interpreterò il personaggio”, rivela Gere, “ma lascio sempre a tutti una possibilità di poter contribuire, dai costumisti al make up al regista. In questo caso all’inizio abbiamo provato di tutto per rendermi più grottesco e laido, baffetti, calvizie, ma erano soluzioni troppo macchiettistiche. Alla fine è bastato accentuare le mie orecchie a sventola sotto il cappellino che indosso in ogni scena, e il gioco era fatto.”
Il film pone d’altra parte molta attenzione ai segni messi in scena, per raccontare la storia eterna del rapporto tra i cortigiani e il Potere: “le scarpe del Primo Ministro, ad esempio. Si tratta dell’unica vera scena di confronto diretto tra Norman e il politico”, ricorda l’attore. “E’ stata una mia idea quella che il mio personaggio, nel negozio di scarpe, dovesse inginocchiarsi e infilare lui personalmente la calzatura sul piede dell’uomo. E’ in quell’istante che si setta la relazione che i due porteranno avanti fino alla fine di questa storia”.

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