L’infinita tarda adolescenza. Roan Johnson e il cast presentano Fino a qui tutto bene

Presso il cinema Barberini di Roma presentato alla stampa Fino a qui tutto bene, assieme al regista Roan Johnson e alla sceneggiatrice nonché sua compagna di vita Ottavia Madeddu. Presente anche il cast del film

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Fino a qui tutto beneVincitore del Premio del Pubblico BNL Cinema Italia alla nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma Fino a qui tutto bene racconta l’ultimo weekend di cinque ragazzi che hanno studiato e convissuto assieme nello stesso appartamento, prima di salutarsi e prendere ognuno la propria strada.

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Il film è stato immediatamente accolto  bene sia dal pubblico, basta pensare al premio BNL del Festival di Roma, sia dalla critica che ne ha scritto molto bene. A distanza di mesi cosa si è cambiato, cosa si è evoluto?

Roan Johnson: Il Festival in sé è una sorta di centrifuga, sei sballottato qui e là e non ti rendi conto di cosa stia accadendo. Oggi posso affermare che meglio di così non poteva andare. È stato davvero emozionante. Il film è stato poi presentato al Festival di Tolosa e da poco sono stato a Parigi per una selezione di film italiani. Ciò che è stato detto, ossia l’apprezzamento dell’improvvisazione degli attori, mi ha fatto molto piacere perchè in realtà di improvvisato c’è davvero poco. Ogni scena studiata assieme agli attori doveva comunque restituire naturalezza, genuinità e spontaneità. Gli attori sono stati davvero bravi ed il pubblico lo ha riconosciuto.


Al film è stato riconosciuto il suo piglio assolutamente originale e scevro da qualsiasi cliché. Come ci siete riusciti?

Ottavia Madeddu: Se siamo riusciti ad evitare il cliché è perché la storia del film nasce da fatti reali. Io e Roan eravamo stati chiamati per girare un documentario sull’Università di Pisa, un lavoro davvero immenso, ricco di storie e voci interessanti da cui è poi nata l’idea del film. È stata la fierezza di quei ragazzi con la quale vivono un momento di profonda crisi a colpirci. La risposta che tutti si sono dati di fronte all’incertezza del futuro era quella di andare avanti. Ad ogni costo. I ragazzi di oggi, studenti universitari, sono lasciati soli, abbandonati, alla deriva. Ma la loro voglia di farcela è evidente anche nel film.

 

Cosa può nascere dunque dalla crisi?

Roan Johnson: Un leitmotiv del film è la metafora della piscinetta contrapposta al mare aperto. Oggi si sa che c’è la crisi ma c’è anche la determinazione del non voler puntare in basso e proprio questa forza abbiamo voluto omaggiare. Si legge infatti sul rullo di coda “Dedicato a chi continua a remare”.

 

Fino a qui tutto bene è una commedia fresca, nuova, divertente e senza crismi. Che rapporto avete invece con la classica commedia all’italiana e con quella attuale?

Roan Johnson: Mi sono formato al Centro Sperimentale con maestri quali Bruni, Contarello, Virzì, il cui maestro è stato proprio Scarpelli. Siamo tutti nipotini di Scarpelli. Amo molto la commedia alta e fondamentalmente lo scarto più grande con la nostra commedia risiede nel fatto che è priva di cinismo, assente tra i personaggi abbracciati totalmente nella loro umanità. E proprio quel cinismo, quello sguardo dall’alto è venuto meno perché al suo posto era presente una forte empatia. Si è creata tra di loro e tra di noi una nuova famiglia, esattamente la stessa che vivono gli studenti fuori sede in coabitazione. C’è stata davvero una trasposizione tra film e realtà anche perché gli attori hanno davvero vissuto in quella casa per più di un mese.

Ottavia Madeddu: I personaggi del film traggono spunto anche da storie raccontate da nostri amici, assieme ci siamo davvero divertiti mescolando insieme presente e passato.

Silvia D’Amico: Ciò che abbiamo riportato è una comicità vera, realistica. Non è stato necessario ragionarci su, ognuno si è perfettamente calato nel ruolo 24 ore su 24, i nostri rapporti si sono modulati e sistemati anche a seconda di quello che doveva essere messo in scena.

Alessio Vassallo: Si parla sempre molto del futuro ma il nostro film è ricco di presente. I ragazzi di oggi pensano al presente, all’oggi dato che il futuro è così incerto. E l’ingrediente giusto è proprio il cohousing che è un’esperienza formativa quasi quanto quella del militare. Inoltre avevo finito da poco di girare Il Giovane Montalbano, venivo da una comicità completamente diversa, quella di Camilleri che sembra quasi uno spartito musicale e mi sono ritrovato a rivivere il tempo dell’università, con una comicità del tutto differente.

Guglielmo Favilla: Abbiamo realmente vissuto il film e i suoi tempi serratissimi dove la comicità della vita reale si è inserita nel tempo della commedia.

Paolo Cioni: Io guardo dolo film di supereroi. L’unica commedia che mi piace è solo questa, quella che ho fatto io.

Melissa Anna Bartolini: Io non ho nessun tipo di pregiudizio nei confronti della commedia all’italiana ma ciò che mi ha spinta a lavorare con Roan è stata tutta la mia ammirazione per il suo film I primi della lista che trovo una vera rarità del nostro cinema di oggi.

 

Tra gli aneddoti e le storie rocambolesche che vi hanno raccontato gli studenti dell’università di Pisa quali sono entrate realmente nel film?

Roan Johnson: Ci terrei a precisare che la storia del cocomero è vera… Quella però che ricorreva di più era il fatto che tutti gli studenti sapevano che sarebbero dovuti andare all’estero. Nel film il personaggio di Guglielmo Favilla è ispirato ad una nostra amica vulcanologa, tutt’ora in Islanda, e seguita dal compagno che realmente non so cosa faccia lì. La storia dei parà anche è vera, quella della gravidanza è stata accentuata e sentita anche dal fatto che in quel periodo io e Ottavia aspettavamo nostro figlio e tutto era diluito da quella spensieratezza tipica della tarda adolescenza che in Italia appare infinita.

 

Il lavoro dell’attore risente di questa crisi? In che modo?

Paolo Cioni: La maggior parte delle volte scegli per quello che ti viene offerto. Roan è un bravissimo ragazzo, anche carino e lavorare con lui è venuto da sé. Però sì c’è crisi. C’è grossa crisi. Un presente drammatico.

Guglielmo Favilla: Essere parte integrante di un cinema realmente indipendente è stato il più grande regalo che Roan ci ha fatto, un approccio garibaldino al cinema che è stata una vera opportunità. Un’opportunità che così com’è stata non ci sarà più. Io credo ancora molto nell’autoproduzione anche se stiamo assistendo ad una spersonalizzazione del cinema, non c’è più politica degli autori nel cinema italiano.

Silvia D’Amico: Ognuno di noi sente la crisi ma questo film mi ha aperto un barlume sempre più grande. Noi attori siamo le prime vittime dei meccanismi produttivi ma grazie a Roan e alla sua volontà di fare questo film a tutti i costi abbiamo sovvertito queste meccaniche. Gli attori sono stati scelti non per amicizia o per popolarità ma per ciò che realmente serviva e questa purezza luminosa si vede.

Roan Johnson: La crisi porta anche a delle scelte difficili come lo è stato fare un film a basso budget come questo, un rischio enorme, ho dovuto aprire una ditta individuale che all’epoca non sapevo neanche cosa volesse dire ma ci siamo riusciti e senza compromessi, senza passere per la trafila del ministero. Abbiamo fatto questo film tutti insieme ed è venuto fuori un piccolo miracolo. Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi che vogliono fare gli attori è di puntare molto sull’istruzione, sulla formazione del Centro Sperimentale, della Silvio D’Amico, ecc. e partecipare a tanti progetti. Poi arriva il tempo della verifica e se per cinque anni di fila non riesci ad entrare, piuttosto che pedinare un regista al bar, fatti qualche domanda…

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Roan Johnson: A settembre girerò il mio primo film ambientato a Roma con due protagonisti di 15 e 20 anni e il titolo è Piuma. Il mio dubbio però è questo: quando hai il primo figlio lo ami immensamente, talmente tanto che ti domandi come farai ad amare il secondo. Ecco è esattamente ciò che mi succede con Fino a qui tutto bene!

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